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Brevi note sui “publicani” 345 DALLE FRUMENTATIONES ALLE DISTRIBUZIONI DI PANE. RIFLESSIONI SU UNA RIFORMA DI AURELIANO Il privilegio di essere cittadini dell’Urbe Nel 123 a.C. il tribuno della plebe Gaio Sempronio Gracco fece votare una legge, la lex Sempronia frumentaria, con la quale lo Stato si assumeva, tra l’altro, l’onere di vendere mensilmente a tutti i cittadini romani il frumento al prezzo costante di 6 assi e un terzo per moggio: ebbero inizio le frumentationes, così chiamate a partire dall’epoca di Augusto1. Il provvedimento risultò molto gradito alla plebe, ma non altrettanto ai senatori, un illustre portavoce dei quali, Cicerone, riteneva che tale magna largitio mirasse ad ottenere l’appoggio dei ceti più poveri, per i quali rappresentaPer un elenco ragionato delle fonti in merito, cfr. G. Cardinali, s.v. frumentatio, in Dizionario epigrafico di antichità romane, a cura di E. De Ruggiero (d’ora in poi abbreviato in DE), vol. III, Roma 1922, 229-230; F. De Martino, Storia della costituzione romana, vol. II, Napoli 19732, 507-509. La parola frumentatio, nel significato di distribuzione di frumento pubblico alla plebe urbana, è usata per la prima volta nel Mon. Ancyr. 3.15.1: cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 225 e TTL, vol. VI, col. 1408, s.v. frumentatio. Prima di allora per frumentatio si intendeva invece solo il rifornimento di grano destinato ai soldati: cfr. Caes. Gall. 6.39.1, 7.16.3, 7.64.2; Hirt. Gall. 8.7.8; Liv. 31.36.5-6, 32.13.14. 1 346 Cristina Soraci va un incentivo all’inattività, e che comportasse una spesa eccessiva per lo stato: Frumentariam legem C. Gracchus ferebat. Iucunda res plebi; victus enim suppeditabatur large sine labore. Repugnabant boni, quod et ab industria plebem ad desidiam avocari putabant, et aerarium exauriri videbatur2. Cfr. Cic. Sest. 48.103; Id. de off. 2.21: C. Gracchi frumentaria magna largitio, exhauriebat igitur aerarium; Id. Tusc. 3.20.48: et quidem C. Gracchus, cum largitiones maximas fecisset et effudisset aerarium, verbis tamen defendebat aerarium. Si veda anche quanto osserva Diod. 34/35.25 (kai;to;koino;n tamieiòn eij~ aijscra;~ kai;ajkaivrou~ dapavna~ kai; cavrita~ ajnalivskwn); App. b.c. 1.21.88-90 (kai; perifanevstata aiJreqei;~ eujqu;~ ejpebouvleue th/̀ boulhÛ̀, sithrevsion e[mmhnon oJrivsa~ eJkavstw/ twǹ dhmotwǹ ajpo; twǹ koinwǹ crhmavtwn, ouj provteron eijwqo;~ diadivdosqai. kai; oJ me;n ojxevw~ ou{tw~ eJni;politeuvmati to;n dhm̀on uJphgavgeto) e 2.120.506, in cui l’autore parla di sithrevs ion toi`~ pevnhsi corhgouvmenon che avrebbe condotto a Roma to;n ajrgo;n kai;ptwceuvonta kai;tacuergo;n th`~ ∆Italiva~ lew;n; Liv. perioch. 60: C. Gracchus, Tiberi frater, trib. plebis, eloquentior quam frater, perniciosas aliquod leges tulit, inter quas frumentariam, ut senis et triente frumentum plebi daretur. Cfr. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, vol. VII1, 1910, col. 173; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 230; L. Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma nell’antichità, Roma 1934, 80; H. Bolkestein, Wohltätigkeit und Armenpflege im vorchristlichen Altertum. Ein Beitrag zum Problem “Moral und Gesellschaft”, Utrecht 1939, 372-375; A.R. Hands, Charities and social aid in Greece and Rome, London 1968, 101-102; C. Nicolet, Il mestiere di cittadino nell’antica Roma, Roma 1982 (ed. orig. Paris 1976), 245; F. De Martino, Storia economica di Roma antica, vol. I, Firenze 1979, 178; C. Nicolet, Varron et la politique de Caius Gracchus, in Historia, 28, 1979, in partic. 295-300; F. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae» da Gaio Gracco a Publio Clodio, in Sodalitas. Scritti in onore di Antonio Guarino, vol. 2, Napoli 1984, 535 n. 16 e 542 e n. 50. Il prezzo di vendita del grano non pare, tuttavia, aver gravato in maniera eccessiva sui bilanci dello stato: cfr. D. Van Berchem, Les distributions de blé et d’argent à la plèbe romaine sous l’empire, Genève 1939, 18; Reduzzi 2 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 347 Contrariamente a quanto affermava Cicerone, questa legge deve essere invece considerata un tentativo dello Stato di regolarizzare il mercato e di limitare le speculazioni sul grano che, specie in periodi di carestia, si verificavano con una certa frequenza, facendo scarseggiare il prodotto sul mercato e aumentandone i prezzi3. Merola, «Leges frumentariae», cit., 542; F. Meijer, The financial aspects of the leges frumentariae of 123-58 BC, in MBAH, 9, 1990, H. 2, 14-23; J. v. Ungern-Sternberg, Die politische und soziale Bedeutung der spätrepublikanischen ‘leges frumentariae’, in Nourrir la plèbe. Actes du colloque tenu à Genève les 28 et 29.IX.1989, en hommage à D. Van Berchem, Basel-Kassel 1991, 31-35; F. Meijer, Cicero and the costs of the republican grain laws, in De agricultura. In memoriam Pieter Willem De Neeve, Amsterdam 1993, 153-163. 3 Già Van Berchem, Les distributions, cit., 17-18 metteva in guardia dal considerare la lex Sempronia e le altre successive leges frumentariae provvedimenti di carattere demagogico, volte a demoralizzare il popolo e a rovinare lo Stato. Questa la teoria tradizionale, che a parte qualche eccezione (si vedano a riguardo le osservazioni che già agli inizi del secolo faceva R. Macherione Raineri, Sulla lex frumentaria di Caio Gracco. Osservazioni al Callegari, in Annuario dell’Istituto di Storia del Diritto Romano, 8, 1901-1902, 202-204), ha sempre incontrato molto favore, anche di recente: cfr., ad es., P. Garnsey - D. Rathbone, The background to the grain law of Gaius Gracchus, in JRS, 75, 1985, 20-25; C. Virlouvet, Famines et émeutes à Rome des origines de la République à la mort de Néron, Rome 1985, 102-117; C.W. Weber, Panem et circenses. La politica dei divertimenti di massa nell’antica Roma, trad. it. (ed. orig. Düsseldorf-Wien 1983), Milano 1986, 245-248; G. Pucci, I consumi alimentari, in Storia di Roma, vol. IV: Caratteri e morfologie, Torino 1989, 376-377; Ungern-Sternberg, Die politische und soziale Bedeutung, cit., 19-31 e 36-41; P. Garnsey, Carestia nel mondo antico, trad. it., Firenze 1997, 275, 300 e passim; P. Erdkamp, Feeding Rome, or feeding Mars? A long-term approach to C. Gracchus’ lex frumentaria, in AncSoc, 30, 2000, 53-70. Sugli accaparratori di derrate e, in generale, sui commercianti che tentavano di ricavare il maggior profitto possibile dalla vendita in periodi di carestia, si vd., per l’età repubblicana, Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, 348 Cristina Soraci In tal senso, la proposta di legge di Gaio Gracco si iscriveva all’interno di una serie di misure prese nel corso dell’intera età repubblicana (e analoghe a quelle di molte città greche, in primis Atene) allo scopo di venire incontro ai bisogni degli abitanti di Roma nei periodi in cui più difficile appariva il reperimento del grano. Simili misure, che consistevano da un lato nella nomina di funzionari straordinari incaricati di acquistare il frumento dalle regioni produttrici, dall’altro nella distribuzione gratuita o a prezzo ridotto dello stesso, erano però sporadiche ed eccezionali e miravano a risolvere solo temporaneamente il problema della carenza del prodotto sul mercato4. Il merito di Gaio cit., coll. 141-142 e Garnsey, Carestia, cit., 243-244, 287-288. Circa la repressione dei crimini annonari, condannati da Augusto con lex Iulia de annona del 18 a.C. (cfr. D. 48.12), e le speculazioni dei cosiddetti dardanarii, cfr. A. Pollera, “Annonam adtemptare et vexare vel maxime dardanarii solent”. D. 47.11.6: note sulla repressione dei crimini annonari, in Index, 19, 1991, 405-431; E. Höbenreich, Annona. Juristische Aspekte der Stadtrömischen Lebensmittelversorgung im Prinzipat, Graz 1997, 205-284. 4 Non ci soffermeremo qui sull’analisi delle fonti che mostrano gli interventi di età repubblicana, ad opera dello stato o di privati, in questo campo; basti il rimando a J. Marquardt, De l’organisation financière chez les Romains, trad. franç., Paris 1888, 138-141; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 225-229; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 369371; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 239-244; G. Rickman, The corn supply of ancient Rome, Oxford 1980, 28-36; L. Cracco Ruggini, L’annona di Roma nell’età imperiale, in Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal suburbio, Roma 1985, 225-226; A.M. Liberati Silverio, Le «frumentationes», in Le vie mercantili tra Mediterraneo e Oriente nel mondo antico, Roma 1986, 83-84; E. Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, in Civiltà dei Romani, I, La città, il territorio, l’impero, a c. di S. Settis, Milano 1990, 231; Garnsey, Carestia, cit., 231-251 e 268-275. In particolare sul grano che giungeva a Roma dalla Sicilia, specie in occasione di penurie alimentari, cfr., da ultimo, Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 349 Gracco fu indubbiamente quello di avere pensato ad una soluzione a lungo termine. Le distribuzioni frumentarie a prezzo ridotto vennero poi effettuate regolarmente, eccettuati alcuni anni di interruzione durante la dittatura di Silla, e con poche modifiche rispetto al progetto di legge originario, fino al 58 a.C., quando il tribuno della plebe Clodio le rese gratuite; a detta delle fonti in nostro possesso, di spiccata tendenza filosenatoria, la manovra sarebbe stata dettata esclusivamente dal desiderio di attirare a sé il favore della plebe, ma appare più obiettiva e condivisibile l’opinione della Reduzzi Merola, secondo cui la politica intrapresa da Clodio in qualità di tribuno “esulò da ogni schema prevedibile e sfociò in una serie di provvedimenti che, malgrado il loro evidente carattere demagogico, andavano in parte incontro a reali esigenze della plebe”5. C. Soraci, ‘Sicilia frumentaria’. Contributi allo studio della Sicilia in epoca repubblicana, in QC, n.s. 3, 2003, 293-308, ove bibliografia. Sui provvedimenti presi dalle città greche cfr. le interessanti pagine di C. Ampolo, Il pane quotidiano delle città antiche fra economia e antropologia, in Opus, 5, 1986, 143-151 e L. Migeotte, Le pain quotidien dans les cités hellénistiques. À propos des fonds permanents pour l’approvisionnement en grain, in Cahiers du centre G. Glotz, 2, 1991, 19-21. 5 Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 554-557. Cfr. Dio 38.13.1-2: oJ ou\n Klwvdio~ ejlpivsa~ aujto;n dia; taut̀a, a]n thvn te boulh;n kai;tou;~ iJppeva~ tovn te o{milon proparaskeuavshtai, tacu; katergavsesqai, tovn te sit̀on proik̀a au\qi~ dievneime (to; ga;r metreis̀qai toi`~ ajpovroi~, tou` te Gabinivou h[dh kai; tou` Pivswno~ uJpateuovntwn, ejshghvsato); Cic. Sest. 25.55; Id. dom. 10.25; Ascon. Pis. p. 15 (ed. Stangl). Vd. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., col. 174-175; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 233-234; Van Berchem, Les distributions, cit., 16-17; Rickman, Corn supply, cit., 350 Cristina Soraci Del resto, l’intento di accattivarsi il favore della plebe sfruttando le distribuzioni frumentarie non era estraneo alla mente di altri uomini illustri del tempo: nel 62 a.C. lo stesso Catone l’Uticense, allora tribuno della plebe, avrebbe eliminato le limitazioni al numero degli aventi diritto introdotte, a quanto pare, nel 73 a.C. dalla lex Terentia et Cassia6, allo scopo di accattivarsi il favore degli indigenti (twǹ ajpovrwn) che, come scrive Plutarco, «erano i sobillatori di tutta la plebe e avevano riposto le loro speranze in Cesare»7. Peraltro, secondo una teoria formulata in tempi non troppo lontani, le frumentazioni potrebbero essere state alla fin fine accettate dalla classe dirigente in considerazione del fatto che molti di coloro che ne usufruivano erano anche affittuari di immobili posseduti dagli stessi optimates: garantendo alla plebs frumentaria una parte del nutri6 Sulle limitazioni imposte al numero dei beneficiari dalla lex Terentia et Cassia cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 231-233; Rickman, Corn supply, cit., 166-169; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 551-553; C. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’. Les procédures de la distribution du blé public à Rome à la fin de la république et au début de l’empire, Rome 1995, 177-178 e passim. 7 Plut. Cat.Mi. 26.1: oJ Kavtwn fobhqei;~ e[peise th;n boulh;n ajnalabeiǹ to;n a[poron kai; ajnevmhton o[clon eij~ to; sithrevs ion ajnalwvmato~ me;n o[nto~ ejniausivou cilivwn kai;diakosivwn kai;penthvkonta talavntwn, perifanw`~ de; th/̀ filanqrwpiva/ tauvth/ kai; cavriti th`~ ajpeilh`~ ejkeivnh~ dialuqeivsh~; Caes. 8.6-7: Dio; kai; Kavtwn fobhqei;~ mavlista to;n ejk twǹ ajpovrwn newterismovn, oi}tou` panto;~ uJpevkkauma plhvqou~ h\san ejn tw/̀ Kaivsari ta;~ ejlpivda~ e[conte~, e[peise th;n suvgklhton ajponeim̀ai sithrevs ion aujtoi`~ e[mmhnon. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 233; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 248; Rickman, Corn supply, cit., 169-171; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 553-554; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 178-180; M. Tarpin, L’utilisation d’archives annexes pour les distributions de blé, in La memoire perdue. Recherches sur l’administration romaine, Paris-Roma 1998, 389 n. 8. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 351 mento quotidiano, gli optimates si assicuravano (o, quanto meno, contribuivano ad assicurarsi) il regolare pagamento dei canoni d’affitto8. Le limitazioni al numero dei beneficiari, tuttavia, vennero in seguito reintrodotte per porre un freno all’aumento incondizionato di cittadini romani speranzosi di essere nutriti dallo Stato: da un lato, infatti, accorrevano a Roma contadini e piccoli proprietari terrieri d’Italia, che alla vita nei campi, spesso resa impossibile dalle pressioni e dalla concorrenza dei grandi latifondisti, preferivano i divertimenti ed i privilegi della città; dall’altro, molti padroni, per liberarsi dalle spese di mantenimento, manomettevano i loro schiavi che andavano così ad ingrossare le file di quanti reclamavano il frumento gratuito9. R. Drexhage, ‘Tabulae novae’, ‘frumentationes’ und die stadtrömische plebs, in Migratio et commutatio. Studien zur alten Geschichte und deren nachleben. Thomas Pekáry zum 60. Geburtstag am 13. September 1989, hrsg von H.-J. Drexhage-J. Sünskes, Sankt. Katharinen 1989, 119-135. 9 Dion. Halic. 4.24.5: oiJ d∆ i{na to;n dhmosiva/ didovmenon sit̀on lambavnonte~ kata; mhǹa kai; ei[ ti~ a[llh para; twǹ hJgoumevnwn givgnoito toi`~ ajpovroi~ twǹ politwǹ filanqrwpiva fevrwsi toi`~ dedwkovs i th;n ejleuqerivan. Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 19; L. Homo, Le istituzioni politiche romane. Dalla Città allo Stato, Milano 1975, 82-90; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 249-250; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 556; P. Veyne, Il pane e il circo. Sociologia storica e pluralismo politico, Bologna 1984, 394; Virlouvet, Famines, cit., 112 e 114; Pucci, I consumi alimentari, cit., 378; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 247; Garnsey, Carestia, cit., 298; B. Hemmerdinger, Jules César dans la lutte des classes, in Index, 20, 1992, 473-476. Sulla correlazione tra status libertatis e status civitatis, e sull’inferiore posizione giuridica ricoperta dai liberti rispetto agli ingenui, si vd. E. Volterra, Manomissione e cittadinanza, in Studi in onore di U.E. Paoli, Firenze 1955, 695-716 (ora in Id., Scritti giuridici, vol. II, Napoli 1991, 395-416. 8 352 Cristina Soraci Pompeo10, Cesare11, poi Augusto12 procedettero, quindi, Di una lista fatta redigere da Pompeo nel 56 a.C. ci parla Dio 39.24.1 in termini tuttavia non troppo chiari; si discute se lo storico alluda qui ad un elenco comprendente i nomi di tutti gli aventi diritto (è questa, ad es., l’ipotesi di Van Berchem, Les distributions, cit., 20-21 e di Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 172-175) o solo degli schiavi manomessi (cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 234-235; C. Nicolet, Le temple des Nymphes et les distributions frumentaires à Rome d’après les découvertes récentes, in CRAI, 1976, 46; Rickman, Corn supply, cit., 174-175). Sull’esistenza di una lista dei beneficiari anteriore a quella pompeiana si vedano Rickman, Corn supply, cit., 175; C. Virlouvet, Les lois frumentaires d’époque républicaine, in Le ravitaillement en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la république jusqu’au haut empire, Actes du colloque international organisé par le Centre Jean Bérard et l’URA 994 du CNRS (Naples, 14-16 Février 1991), Naples-Rome 1994, 18-23; Ead., ‘Tessera frumentaria’, cit., 174-175. 11 Sul recensus di Cesare (46 a.C.), che avrebbe portato il numero dei beneficiari da 320000 a 150000, cfr. Suet. Iul. 41.5 e Dio 43.21.4 (conferme implicite di questi dati si hanno da Liv. perioch. 115; Plut. Caes. 55.5-6; App. 2.102.425; Zonar. 10.10, i quali però ritengono che i numeri sopra riportati indicassero il totale dei cittadini censiti prima e dopo la guerra civile e non i beneficiari delle frumentazioni); si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 235-236; Van Berchem, Les distributions, cit., 21-23; Rickman, Corn supply, cit., 175-179; Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 227; Liberati Silverio, Le «frumentationes», cit., 84 e 86; Hemmerdinger, Jules César, cit., 474-476; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 184-185; E. Lo Cascio, Le procedure di recensus dalla tarda repubblica al tardo antico e il calcolo della popolazione di Roma, in La Rome impériale. Démographie et logistique, Actes de la table ronde (Rome, 25 mars 1994), École française de Rome, Rome 1997, 3-23; Id., Registri dei beneficiari e modalità delle distribuzioni nella Roma tardoantica, in La memoire perdue, cit., 367-368; S. Panciera - C. Virlouvet, Les archives de l’administration du blé public à Rome à travers le témoignage des inscriptions, ibid., 253; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 394-395. 12 In merito al recensus di Augusto, che nel 2 a.C. avrebbe limitato a 200000 i beneficiari delle frumentazioni, il cui numero era nel frattempo di nuovo aumentato, si vd. Dio 55.10.1 (cfr. R. Gest. div. Aug . 10 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 353 alla stesura di liste per limitare il numero degli aventi diritto; a Cesare si attribuisce, inoltre, l’introduzione della pratica di subsortitio. Anche se Svetonio, che la menziona, non precisa l’esatto funzionamento del sistema, alcuni papiri riguardanti le distribuzioni alimentari della città di Ossirinco nel III secolo d.C. ne illustrano per esteso la procedura: ogni qual volta si fosse reso libero, mortis causa, il posto di un beneficiario, coloro che, iscritti in un elenco, fossero dotati dei requisiti necessari per poter accedere alle distribuzioni, partecipavano ad un sorteggio e il titolare del nominativo estratto entrava da quel momento a far parte della plebs frumentaria13. Significativa, a tal riguardo, la definizione di Van Berchem, secondo cui, a partire dall’epoca di Cesare, i cittadini di Roma sarebbero stati divisi in due categorie, quel- 3.15.4 ed. E. Malcovati; Suet. Aug. 40.3); Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 236-237; Van Berchem, Les distributions, cit., 27-31 ritiene che il numero degli aventi diritto fosse stato non stabilito a priori ma ridotto grazie ad una limitazione delle condizioni di accesso; contra, cfr. Rickman, Corn supply, cit., 179-185 e Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 196-205. Ancora Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 186196 suppone, sulla scia di Cardinali, l’esistenza di due recensus ordinati da Augusto. Nicolet, Le temple des Nymphes, cit., 42-44 ritiene che a partire dal 50 a.C. il termine recensus designasse una sorta particolare di censimento, quello volto a delimitare il numero dei beneficiari delle distribuzioni; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 390-397 pensa che il termine recensus si riferisca a normali operazioni di censimento della popolazione, sulla base delle quali sarebbero state redatte le liste dei beneficiari delle frumentazioni. 13 Si vd. Suet. Iul. 41.5; cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 23-24; Rickman, Corn supply, cit., 177; C. Virlouvet, La plèbe frumentaire à l’époque d’Auguste, in Nourrir la plèbe, cit., 43-62; Ead., ‘Tessera frumentaria’, cit., 243-269. In merito alle distribuzioni frumentarie nella città di Ossirinco, cfr. infra, n. 77. 354 Cristina Soraci li della civitas cum frumento e quelli della civitas sine frumento14. Le ‘frumentationes’: una politica di Armenversorgung? Le condizioni per accedere alle frumentazioni erano quindi: cittadinanza, residenza a Roma, maggiore età, oltre che, naturalmente, il sesso, giacché solo gli uomini potevano parteciparvi15. Già a partire dalla seconda metà del I sec. a.C. i nomi degli aventi diritto erano registrati nei registri ufficiali e periodicamente aggiornati in seguito alle procedure di subsortitio16; in epoca imperiale, tuttavia, il diritto alle frumentazioni poteva essere acquisito anche con la donazione della cittadinanza da parte del princeps, con l’affrancamento, perfino con l’acquisto della tessera frumentaria, la tavoletta su cui era inciso il nome del cittadino beneficiario delle distribuzioni gratuite17. Van Berchem, Les distributions, cit., 26. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 253-257; Van Berchem, Les distributions, cit., 32-45, che però vi aggiunge anche l’origo romana (per cui cfr. anche Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 229, Pucci, I consumi alimentari, cit., 378 e Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 248; contra, vd. invece Rickman, Corn supply, cit., 181-185 e Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 196205); J.-M. Carrié, Les distributions alimentaires dans les cités de l’Empire romain tardif, in MEFRA, 87, 1975, 1001-1005; Lo Cascio, Registri, cit., 369-370. Sull’età minima per accedere alle distribuzioni, cfr. ancora Carrié, Les distributions, cit., 1003-1005, il quale ritiene che si divenisse beneficiari dopo i sedici anni. 16 Sulle liste dei beneficiari vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 265-268; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 243-308; Lo Cascio, Registri, cit., 365-385; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 387-409. 17 Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 46-53; Veyne, Il pane e il circo, cit., 397-398; Liberati Silverio, Le «frumentationes», cit., 8588. Carrié, Les distributions, cit., 1014-1021 ritiene, come del resto la 14 15 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 355 Solo una determinata categoria degli abitanti di Roma beneficiava, dunque, delle frumentazioni, che non possono essere considerate un vero e proprio programma di assistenza sociale giacché né i magistrati repubblicani né gli imperatori si rivolsero specificatamente ai più poveri del popolo18. maggior parte degli studiosi, che gli affrancati fossero iscritti automaticamente nella lista dei beneficiari; contra, cfr. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 205-241, secondo cui la tessera sarebbe stata acquistata dai liberti, dai cittadini non residenti e da coloro che, pur iscritti nelle liste, non erano ancora stati sorteggiati e non facevano quindi parte della plebs frumentaria. Sull’introduzione delle tessere frumentarie, risalente forse a Cesare, cfr. C. Nicolet, Tessères frumentaires et tessères de vote, in L’Italie préromaine et la Rome républicaine. Mélanges offerts à Jacques Heurgon, Paris 1976, 695-716; M.K. Thornton, The Roman lead tessera, in ArchN, 5, 1976, 65-70; C. Virlouvet, Plombs romains monétiformes et tessères frumentaires. A propos d’une confusion, in RN, 30, 1988, 120-148; Ead., Une allusion varronienne aux fraudes de Clodius? À propos de Res rusticae III, 5, 18, in MEFRA, 108, 2, 1996, 873-891. 18 Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 16-20; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 372-378; Hands, Charities, cit., 100-108; Veyne, Il pane e il circo, cit., 386-399; R.J. Rowland Jr., The ‘Very Poor’ and the grain dole at Rome and Oxyrhynchus, in ZPE, 21, 1976, 69-72; J. Deininger, Brot und Spiele. Tacitus und die Entpolitisierung der ‘plebs urbana’, in Gymnasium, 86, 1979, 278-303; Rickman, Corn supply, cit., 172; Weber, Panem et circenses, cit., 248-250; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 247; A.J.B. Sirks, The size of the grain distributions in imperial Rome and Costantinople, in Athenaeum, 79, 1991, 217; Höbenreich, Annona, cit., 29 e n. 23. Contra, cfr. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 174-175 e 179, per cui vd. infra, n. 33. Diverso il caso della città di Rodi, i cui abitanti più ricchi, a detta di Strabone (14.2.5 C 652-653), sostenevano le spese dell’alimentazione dei più poveri, affinché la città non venisse privata di uomini utili, da impiegare in particolare per l’equipaggiamento della flotta: cfr. H. Kloft, Das Problem der Getreideversorgung in den antiken Städten: das Beispiel Oxyrhynchos, in Sozialmassnahmen und Fürsorge. Zur Eigenart antiker Sozialpolitik, hrsg. von H. Kloft, GrazHorn 1988, 123-124. 356 Cristina Soraci Benché le distribuzioni a prezzo ridotto previste dalla legge di Gracco siano state introdotte, secondo Cassio Dione, in favore dei cittadini bisognosi (to; ga;r metreis̀qai toi`~ ajpovroi~ … ejshghvsato)19 e Plutarco le ritenesse una misura volta ad abbassare il prezzo del grano sul mercato per i poveri (oJde;sitikov~, ejpeuwnivzwn toi`~ pevnhsi th;n ajgoravn) che potevano in tal modo anche essere strumentalizzati, come poi lo furono da Catone20, sappiamo che alle frumentazioni erano teoricamente ammessi, in quanto cittadini, anche i benestanti che poi, di fatto, non vi partecipavano per motivi di prestigio sociale: unica eccezione a noi nota, L. Calpurnio Pisone Frugi, ex console, il quale, pur essendosi sempre opposto all’approvazione delle leggi frumentarie, venne a reclamare la razione di frumento a prezzo politico col pretesto di voler partecipare alle distribuzioni dei beni pubblici che, in quanto cittadino romano, appartenevano anche a lui21. Le distribuzioni erano, quindi, considerate dagli storici antichi una misura in favore dei poveri, anche quando fossero state strumentalizzate in vario modo a scopi politiDio 38.13.1, citato supra, n. 5. Plut. CG 5; cfr. Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 81; Van Berchem, Les distributions, cit., 17; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 372-373; Nicolet, Varron, cit., 297; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 535. In merito all’operato di Catone, cfr. Plut. Caes. 8.6-7, citato supra, n. 7. 21 Cfr. Cic. Tusc. 3.20.48; le frumentazioni erano, infatti rivolte, come appare chiaramente dal passo di Appiano citato supra, n. 2, a tutti i cittadini: eJkavstw/twǹ dhmotwǹ (App. b.c. 1.21.89). Si vd. Marquardt, De l’organisation financière, cit., 147 e 150; Van Berchem, Les distributions, cit., 16-17; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 372; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 534-535; Pucci, I consumi alimentari, cit., 379; Garnsey, Carestia, cit., 296-297. Secondo Nicolet, Varron, cit., 297 la lex Sempronia prevedeva la distribuzione del frumento “en principe pour tous les citoyens, en pratique seulement pour les pauvres”. 19 20 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 357 ci. Quid tam aequum quam inopem populum vivere ex aerario suo?, si chiedeva Floro22. Ma è esatto dire che il popolo povero viveva del suo erario? È opinione comune che la razione di 5 moggi mensili distribuita secondo i dettami della lex Terentia et Cassia (e già prevista nella proposta di legge avanzata da M. Emilio Lepido nel 78 a.C.), sia essa gratuita o a pagamento, non potesse soddisfare né i bisogni di un’intera famiglia, per i quali costituiva un quantitativo insufficiente, né quelli di un singolo individuo, che avrà integrato la sua dieta con legumi ed altri generi alimentari23. Flor. epit. 2.1, su cui vd. Veyne, Il pane e il circo, cit., 392; Pucci, I consumi alimentari, cit., 377. Cfr. anche De Martino, Storia della costituzione romana, vol. II, cit., 509: “la misura tendeva ad istituire un minimo di giustizia sociale e consentire alla parte più povera della cittadinanza di partecipare, almeno per i beni elementari della vita, alle cospicue ricchezze, che affluivano all’erario”. 23 Cfr. De Martino, Storia economica, vol. I, cit., 180; Carrié, Les distributions, cit., 1032; Veyne, Il pane e il circo, cit., 397; Rickman, Corn supply, cit., 173; L. Foxhall - H.A. Forbes, Sitometreiva: The role of grain as staple food in classical antiquity, in Chiron, 12, 1982, 6465; Weber, Panem et circenses, cit., 252-253; Pucci, I consumi alimentari, cit., 377; H. Galsterer, ‘Plebiculam pascere’- Die Versorgung Roms in der Kaiserzeit, in CS, 27, 1, 1990, 23-24; Sirks, The size of the grain distributions, cit., 217; P. Garnsey, Cities, peasants and food in classical antiquity: essays in social and economic history, Cambridge 1998, 228, 236 e 238; J. Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimentari nel Principato di Augusto: il ruolo dello stato nella dieta di Roma e dell’esercito, in Demografia, sistemi agrari, regimi alimentari nel mondo antico. Atti del Convegno internazionale di Studi (Parma, 17-19 ottobre 1997), Bari 1999, 249. Sulla razione fissata nella lex Terentia et Cassia cfr. Sall. hist. 3.48.19 (su cui vd. infra, n. 27); in merito a quella prevista nella proposta di legge di Lepido vd. Gran. Lic. 34.4, su cui Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 173-174; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 231-232; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 549-551. 22 358 Cristina Soraci Dai 5 moggi mensili di grano siciliano si potevano ricavare, infatti, circa 45,3 kg di pane al mese, ossia approssimativamente 1,51 kg di pane al giorno per famiglia, quantità non esigua solo se destinata ad una famiglia poco numerosa24. Occorre, tuttavia, ricordare che nel mondo antico i quantitativi di cereali venivano espressi in unità di volume e non, come oggi, di peso, e che quindi le stime numeriche in questo campo divergono sostanzialmente a causa di alcune variabili a noi ignote, come il peso specifico dei tipi di grano allora utilizzati per la panificazione (non ricavabile sulla base di quelli moderni per le possibili modifiche genetiche intervenute nel corso dei secoli), il grado di eliminazione della crusca diverso da specie a specie, la percentuale di finezza della farina ottenuta nel corso della macinazione, il quantitativo d’acqua assorbito dal pane durante l’impasto e, infine, l’evaporazione parziale dell’acqua variabile in base alla temperatura e alle modalità di cottura25. Se poi consideriamo che una parte del grano Cfr. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 538-539, che tiene conto, nei suoi calcoli, delle informazioni di Plin. nat. 18.12.66, secondo cui un modio di grano siciliano pesava circa 20,83 libbre, e della possibile preferenza dei Romani per l’utilizzo del grano siciliano che arrivava a Roma a titolo d’imposta; del resto, l’acquisto di quantitativi supplementari di grano siciliano era stato regolato dalla lex Terentia et Cassia frumentaria anche al fine di assicurare il regolare svolgimento delle frumentazioni: cfr. Cic. Verr. 2.3.70.163 e 2.5.21.52. Si vd. anche R. Étienne, Les rations alimentaires des esclaves de la «familia rustica» d’après Caton, in Index, 10, 1981, 66-77. 25 A. Segrè, Note sulla storia dei cereali nell’antichità, in Aegyptus, 30, 1950, 180-183; L.A. Moritz, Grain-mills and flour in classical antiquity, Oxford 1958, spec. 168-215; J.M. Frayn, Homebaking in Roman Italy, in Antiquity, 42, 1978, 31; Foxhall - Forbes, Sitometreiva, cit., 41-90; M.-C. Amouretti, Le pain et l’huile dans la Grèce antique. De l’araire au moulin, Paris 1986, 113-119; F. De Martino, Sull’alimentazione degli schiavi, in PP, 48, 1993, 401-427. 24 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 359 sarà stata consumata sotto forma di puls, risulta difficile valutare con precisione quanto le frumentazioni abbiano contribuito al sostentamento di chi ne beneficiava26. La quantità di 5 modii mensili era certo superiore a quella che Catone consigliava per gli schiavi della familia rustica: le razioni variavano a seconda del tipo di lavoratore e dell’alternanza tra il periodo estivo e quello invernale, ma solo il quantitativo più elevato, le 5 libbre di pane giornaliere equivalenti a 49 kg al mese dati in estate allo schiavo in catene, superava i 45,3 kg di pane ricavabili dai 5 modii. «Con la legge frumentaria la libertà di tutti venne valutata cinque moggi», annotava Sallustio: il discrimine tra schiavi e cittadini a Roma sarebbe quindi stato rappresentato, in campo alimentare, dalla quantità di frumento distribuita mensilmente secondo le prescrizioni della lex Terentia et Cassia27. Già un secolo dopo, tuttavia, una simi- Sul consumo di puls a Roma cfr. infra, 416-417. Cato agr. 56.1; Sall. 3.48.19: nisi forte repentina ista frumentaria lege munia vostra pensantur. Qua teamen quinis modiis libertatem omnium aestumavere, qui profecto non amplius possunt alimentis carceris. Si vd. André, L’alimentation, 73-74; E. Ratti, Ricerche sul luxus alimentare romano tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., in RIL, 100, 1966, 194-195; C. Castello, Nuovi spunti su problemi di storia, economia e diritto desunti dal De agri cultura di Catone, in Studi in memoria di Guido Donatuti, Milano 1973, 251; De Martino, Storia economica, vol. I, cit., 107; Étienne, Les rations alimentaires, cit., 74; H. Gummerus, L’azienda agricola romana e l’economia agraria nell’opera di Catone, in L’agricoltura romana. Guida storica e critica, Roma-Bari 1982, 2425; Foxhall - Forbes, Sitometreiva, cit., 63-64; Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 538-539; V. Neri, L’alimentazione povera nell’Italia romana, in L’alimentazione nell’antichità (Parma, 2-3 maggio 1985), Parma 1985, 243-245; Pucci, I consumi alimentari, cit., 387; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 23; Sirks, The size of the grain distributions, cit., 216; De Martino, Sull’alimentazione degli schiavi, cit., 401-427 (secondo cui Étienne avrebbe ritenuto che la razione pre26 27 360 Cristina Soraci le differenza di trattamento non era altrettanto netta: la razione di cinque moggi, unitamente alla somma di cinque denari, poteva essere data agli schiavi che esercitavano la professione di attore, quindi non necessariamente a coloro che erano impiegati nei lavori agricoli28. Alle somme necessarie per l’acquisto del frumento si aggiungevano poi, secondo alcuni studiosi, i costi della macinatura e della cottura29; secondo altri, invece, almeno la prima di queste operazioni veniva effettuata nelle abitazioni private e non comportava quindi alcuna spesa30. In ogni caso, se le distribuzioni non servirono a coprire del tutto i bisogni alimentari dei singoli e delle famiglie, è vero che esse contribuirono al sostentamento dei cittadini poveri specie quando, con Clodio, divennero gratuite. Non è, tuttavia, del tutto corretto ritenere che il loro obiettivo fosse una divisione tra il popolo dei benefici delle conquiste; come osserva Veyne, la legge di Gaio Gracco “voleva soltanto applicare seriamente il principio secondo cui il vista da Catone fosse in farina e non in chicchi di grano; ma la sua affermazione non trova, a mio avviso, riscontro nel testo dello studioso francese); Garnsey, Cities, cit., 236-237. Non mi è stato, invece, possibile prendere visione dell’articolo di E. Janselme, Quelle était la ration aliméntaire du citoyen, du soldat et de l’esclave romain?, in Bulletin de la Société d’Hygiène alimentaire, 5, 1918. 28 Sen. ep. 9.80.7, su cui vd. André, L’alimentation, cit., 74; Ratti, Ricerche, cit., 196; A. Labisch, Frumentum commeatusque. Die Nahrungsmittelversorgung der Heere Caesars, Meisenheim am Glan 1975, 32-33. 29 Vd. J. Szilágyi, Prices and wages in the western provinces of the Roman empire, in AANtHung, 11, 1963, 380; Rickman, Corn supply, cit., 173; Pucci, I consumi alimentari, cit., 379; Sirks, The size of the grain distributions, cit., 217; Garnsey, Carestia, cit., 299. 30 Cfr. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 541. Vd. anche infra, 421-422. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 361 grano non era una merce come un’altra: era compito dello stato far sì che il mercato non ne fosse mai sprovvisto”31. Pur non escludendo le motivazioni politiche e le aspirazioni elettorali del tribuno32, è verosimile che Gracco abbia nutrito sentimenti idealistici e umanitari; non sappiamo però quanto questi abbiano ispirato i provvedimenti dei suoi successori, Cesare compreso, il quale, secondo Mommsen, avrebbe mutato quello che era un privilegio politico in “un’istituzione di pubblica beneficenza”, in una politica di Armenversorgung33. Mi sembra, in ogni caso, corretta l’osservazione di Galsterer, secondo cui l’interesse degli imperatori per le Veyne, Il pane e il circo, cit., 386 e 391-395 (cfr. anche Meijer, Cicero, cit., 15); non ritengo, tuttavia, del tutto condivisibile l’affermazione dello studioso secondo cui il provvedimento mirava a “rendere tangibile l’idea che tutti hanno diritto alla vita”. 32 Hands, Charities, cit., 102; Weber, Panem et circenses, cit., 245; Erdkamp, Feeding Rome, cit., 68-69. Cfr. già Th. Mommsen, Storia di Roma, (trad. it.), vol. V, Roma 1939, 127-128. 33 Mommsen, Storia di Roma, (trad. it.), vol. VIII, cit., 200-201. Secondo Marquardt, De l’organisation financière, cit., 157, “cette assistence essentielle n’était donnée qu’aux personnes complètement misérables n’ayant pas à se préoccuper d’esclaves”; Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 174-175 riteneva, invece, che già la riforma di Lepido (78 a.C.) avesse introdotto le distribuzioni gratuite, mutando il privilegio politico in una forma di elemosina; Clodio avrebbe solo ripristinato la misura di Lepido (“Clodius hat danach wieder das Prinzip der Almosen eingeführt”) dopo la modifica di Catone. Secondo J.G. Schovánek, The provision of the Lex Octavia frumentaria, in Historia, 26, 1977, 378-381, sarebbe stata la lex Octavia a limitare le distribuzioni ai soli cittadini poveri; M.I. Finley, The ancient economy, Berkeley 1973, 170-171 pensava, al contrario, che il passaggio dalle distribuzioni in quanto privilegio dei soli cittadini ad un vero e proprio sussidio per il romano povero fosse avvenuto in epoca imperiale, ed in particolare sotto i Severi, in virtù dell’estensione della cittadinanza concessa da Caracalla ai sudditi dell’impero. 31 362 Cristina Soraci distribuzioni di grano non sarebbe stato disgiunto dalla preoccupazione di assicurare ai Romani anche i posti di lavoro: la stessa struttura organizzativa preposta al rifornimento granario ed al corretto svolgimento delle distribuzioni presupponeva un’abbondanza di personale alle dipendenze dello stato e quindi pagato direttamente o indirettamente dal princeps; alla creazione di nuovi posti di lavoro contribuiva d’altronde anche il fervore edilizio che aveva animato alcuni imperatori, in primis Vespasiano, il quale, com’è noto, una volta si rifiutò di utilizzare un congegno meccanico con cui avrebbe potuto trasportare enormi pesi a basso costo poiché desiderava plebiculam pascere34. ‘Princeps’ e ‘frumentationes’ Ogni imperatore sapeva che il popolo romano poteva essere governato soprattutto attraverso l’annona e gli spettacoli (nam qui dabat olim imperium, fasces, legiones, omnia, nunc se continet atque duas tantum res anxius optat, panem et circenses), ma l’affermazione può essere valida solo se presa con le dovute cautele, senza lasciarsi irretire entro schemi pregiudiziali secondo i quali la plebe romana sarebbe stata intenta solo a mangiare e a divertirsi35. 34 Suet. Vesp. 18 (ed. H. Ailloud); si vd. Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 37-40; Garnsey, Cities, cit., 239. 35 Iuv. 10.78-81; Fronto princ. hist. 2.18: …principem, ut qui sciret populum Romanum duabus praecipue rebus, annona et spectaculis, teneri; vd. J.P.V.D. Balsdon, ‘Panem et circenses’, in Hommage à M. Renard, II, Bruxelles 1969, 57-60 (che ammonisce a non farsi condizionare troppo dalle affermazioni stereotipate); J. Le Gall, Rome, ville de fainéants?, in REL, 49, 1971, 266-277; Deininger, Brot und Spiele, cit., 278 (secondo cui si dovrebbe parlare di plebs spoliticizzata più che Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 363 Augusto aveva in un primo momento pensato di abolire le frumentazioni, giacché esse ingeneravano nella popolazione dell’Urbe, sicura di ricevere il nutrimento quotidiano, il disinteresse per la coltivazione dei campi; ma successivamente ritenne opportuno non dar seguito a questo proposito, certo che qualcuno in un non lontano futuro le avrebbe potute ripristinare per ambitionem, nell’intento cioè di accattivarsi, come già era accaduto, il favore della plebe36. Decise allora di avvalersene egli stesso per ingenerare rispetto e amore tra il popolo, che finì così per attaccarsi irrazionalmente alla persona del princeps da cui dipendeva il suo sostentamento37. apatica); Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 224-225; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 21; Garnsey, Cities, cit., 239; J.R. Patterson, The emperor and the cities of Italy, in ‘Bread and circuses’. Evergetism and municipal patronage in Roman Italy, ed. by K. Lomas- T. Cornell, London-New York 2003, 89; A. Saggioro, Pane per il popolo. Aspetti sacrali di un alimento di base (da Roma arcaica alle ‘frumentationes’ d’età imperiale), in Connotaciones sacrales de la alimentación en el mundo clásico (‘Ilu, Anejos, 12, 2004), 109-110. 36 Suet. Aug. 42.3: “impetum se cepisse”, scribit, “frumentationes publicas in perpetuum abolendi, quod earum fiducia cultura agrorum cessaret; neque tamen perseverasse, quia certum haberet posse per ambitionem quandoque restitui”. Cfr. Marquardt, De l’organisation financière, cit., 149; Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 87-88; Van Berchem, Les distributions, cit., 30; Weber, Panem et circenses, cit., 244; Rickman, Corn supply, cit., 180-181; Virlouvet, Famines, cit., 70 e n. 89, 115-117; J. Remesal Rodríguez, El sistema annonario como base de la evolución económica del Imperio romano, in Le commerce maritime romain en Méditerranée occidentale. Colloque international tenu à Barcelone du 16 au 18 mai 1988 (PACT, 27, 1990), 356; Id., Politica e regimi alimentari, cit., 248-249; Höbenreich, Annona, cit., 26. 37 Cfr. Veyne, Il pane e il circo, cit., 613-614; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 21; C. Virlouvet, L’approvvigionamento di 364 Cristina Soraci Tale dipendenza sarà infatti spinta a tal punto che, nel 22 a.C., secondo il racconto di Cassio Dione, «i Romani, in gravi difficoltà a causa dell’epidemia e della conseguente carestia… credettero che queste calamità fossero capitate loro unicamente per il fatto che, anche in quella circostanza, non avevano più Augusto come console; perciò vollero eleggerlo dittatore». L’imperatore si limitò però ad accettare solo la cura annonae38. Roma imperiale: una sfida quotidiana, in Roma imperiale. Una metropoli antica, a c. di E. Lo Cascio, Roma 2000, 116. Si vd. anche quanto scrivono, riferendosi però al basso impero, Carrié, Les distributions, cit., 1033-1034 e J. Durliat, De la ville antique à la ville byzantine. Le problème des subsistances, Rome 1990, 66-67. 38 Dio 54.1.1-3: Ponouvmenoi ou\n uJpovte th`~ novsou kai;uJpo;tou` limou`… nomivsante~ oiJÔRwmaiòi oujk a[llw~ sfivs i taut̀a sumbebhkevnai, ajll∆ o{ti mh;kai;tovte uJpateuvonta to;n Au[gouston e[scon. Sulla cura annonae svolta da Augusto cfr. Mon. Ancyr. 5. Si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 241; A. Marongiu, Testimonianze letterarie del ‘ius vitae ac necis’ del ‘princeps’, in Studi in onore di P. De Francisci, IV, Milano 1956, 452; H. Pavis d’Escurac, La préfecture de l’annone, service administratif imperial d’Auguste à Costantin, Rome 1976, 11-14; A. Manodori, L’alimentazione e la sua semiologia nel mondo antico, in L’alimentazione nel mondo antico. I Romani. Età imperiale, Roma 1987, 29; M. Corbier, Trésors et greniers dans la Rome impériale, in Le système palatial en Orient, en Grèce et à Rome. Actes du colloque de Strasbourg 1985, Strasburgo 1987, 412-413; A. Magdelain, ‘Praetor maximus’ et ‘comitiatus maximus’, in ‘Jus’ ‘imperium’ ‘auctoritas’. Études de droit romain, Rome 1990, 323 e n. 49; O.F. Robinson, Ancient Rome. City planning and administration, London - New York 1992, 153; Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 113 e 116. Sulla dipendenza del popolo dal suo princeps, cfr. anche A. Stein, Untersuchungen zur Geschichte und Verwaltung Aegyptens unter roemischer Herrschaft, Stuttgart 1915, 11-12; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 262; Veyne, Il pane e il circo, cit., 613-614; P. Garnsey, in P. Garnsey- C. Humpfress, L’évolution du monde de l’antiquité tardive, trad. franç., Paris 2004, 128-129. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 365 Del resto, la monetazione dello stesso Augusto e degli imperatori successivi, con elementi iconografici “riferibili ad un complesso che si centralizza progressivamente intorno alla persona dell’imperatore ed alla sua famiglia”39, contribuisce a far luce su quella che era diventata una manifestazione della liberalitas imperiale40. Non si dimentichi, tuttavia, che la connessione tra donazione di frumento e potere politico era ritenuta essere una caratteristica già della monarchia, quando Servio Tullio votum fecit ut quotCfr. S. Pennestri, Distribuzioni di denaro e viveri su monete e medaglioni di età imperiale: i protagonisti, gli scenari, in MEFRA, 101, 1989, 299. Sulla personificazione dell’Abundantia, della Liberalitas, dell’Annona nei tipi monetali imperiali cfr. F. Gnecchi, Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali, in RIN, 18, 1905, 349-388 (in partic. 360-361, 363-364, 373-374); Id., Monete romane, Milano 19354, 248-261; H.E. Jacob, I seimila anni del pane. Storia sacra e storia profana, Milano 1971, 117-118; W.C. Phillips, Numismatic typology of Antoninus Pius, in San, 1, 1969-70, 18-19 e 40-41; J. Almirall, Diez sextercios de Nerón, in ANum, 1, 1971, 107114; R. Fontán Barreiro, Significación, naturaleza y vigencia de Abundantia, divinidad del bienestar, in AEA, 49, 1976, 103-118; D. Nony, À propos de l’apparition du revers Abundantia Aug. d’Élagabal, in BSFN, 34, 1979, 481-482; G.G. Belloni, Divinità e culti in Roma. Fonti scritte, monumenti e monete, Milano 1983, 43-50; Corbier, Trésors, cit., 413; W.E. Metcalf, Whose «liberalitas»? Propaganda and audience in the early Roman empire, in RIN, 95, 1993, 337-346. 40 Sul concetto di liberalitas cfr. F. Pringsheim, Liberalitas, in Studi in memoria di Emilio Albertario, vol. I, Milano 1953, 661-683; J.F. Meijer, De liberalitas principis en de problemen van de plebs urbana, in Lampas, 23, 1990, 74-88. Sulle frumentazioni come esempio di manifestazione della liberalitas imperiale vd. H. Kloft, Liberalitas principis. Herkunft und Bedeutung. Studien zur Prinzipatsideologie, Köln-Wien 1970, 74-75 e 95-96; Weber, Panem et circenses, cit., 253255 e 260; M. Heymans, De ‘liberalitas principis’ tijdens de eerste en de tweede eeuw na Christus. Aspecten uit de sociaal-economische geschiedenis van de romeinse keizertijd, in RBN, 131, 1985, 5-27. 39 366 Cristina Soraci quot annos regnasset, tot ostia ad frumentum publicum constitueret41. Il regno di Claudio segna una tappa importante nella storia delle distribuzioni: gli si attribuisce generalmente la paternità della costruzione della Porticus Minucia Frumentaria, il luogo destinato alla distribuzione delle razioni di frumento42, nonché l’ingrandimento del porto di Ostia e i privilegi accordati agli importatori di grano e ai costruttori di navi; tali provvedimenti agevolarono notevolmente l’approvvigionamento di Roma ed ebbero ripercussioni positive sulle frumentazioni43. Chronogr. a. 354 p. 144 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX, 1892); Aur. Vict. vir. ill. 7: ac post plebi distribuit annonam. Si vd. Saggioro, Pane per il popolo, cit., 117-119. 42 Sulla Porticus Minucia Frumentaria vd. infra, 379-380. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 154-156 attribuisce invece ad Augusto, se non proprio la creazione della Porticus, almeno “l’idée de faire servir cet espace à la distributions des frumentationes”. 43 Circa l’ingrandimento del porto di Ostia cfr. Suet. Claud. 20.1 e 5; Dio 60.11, per cui vd. A. Oliva, La politica granaria di Roma antica dal 265 a.C. al 410 d.C. Saggio di agricoltura ed economia rurale, Piacenza 1930, 259; Van Berchem, Les distributions, cit., 82; G.E.F. Chilver, ‘Princeps’ and ‘frumentationes’, in AJP, 20, 1949, 13; J. Le Gall, Le Tibre, fleuve de Rome dans l’antiquité, Paris 1953, 125-134; Garnsey, Carestia, cit., 327-328; E. Lo Cascio, Ancora sugli «Ostia’s services to Rome». Collegi e corporazioni annonarie a Ostia, in MEFRA, 114, 1, 2002, 95. Sui privilegi accordati da Claudio agli importatori di grano e ai costruttori di navi mercantili cfr. Soraci, ‘Sicilia frumentaria’, cit., 375 n. 352, 390-392 e n. 393; alla bibliografia ivi citata si aggiunga: Oliva, Politica granaria, cit., 259-260; Chilver, ‘Princeps’, cit., 13; Remesal Rodríguez, El sistema annonario, cit., 362; L. De Salvo, Economia privata e pubblici servizi nell’impero romano. I ‘corpora naviculariorum’, Messina 1992, 381-383 e n. 52; Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 117-118; Lo Cascio, Collegi, cit., 97. Per altri provvedimenti presi da Claudio in merito alla struttura amministrativa di Ostia deputata alla gestione dell’annona cfr. M. Cébeillac Gervasoni, Les rapports institutionnels et politiques d’Ostie et de Rome de la République au IIIe siècle ap. J.-C., in MEFRA, 114, 1, 2002, in partic. 76-78. 41 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 367 Inoltre, si è propensi a ritenere che Claudio abbia trasferito le spese delle distribuzioni dall’erario, cioè dalla cassa dello stato, al fiscus, alla sua cassa personale, o, meglio, ad una ‘sezione’ di esso, denominata fiscus frumentarius: le imposte in natura delle province senatorie, in primis dell’Africa, venivano ora convogliate in questa cassa speciale, riservata non solo alle spese delle frumentazioni, ma in generale alle operazioni legate all’approvvigionamento frumentario44. Cfr. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., col. 178; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 245-247; Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 93; Van Berchem, Les distributions, cit., 71-74; T. Frank, Rome and Italy of the Empire, ESAR, vol. V, Baltimore 1940, 40-41; C.H.V. Sutherland, ‘Aerarium’ and ‘fiscus’ during the early empire, in AJPh, 66, 1945, 151-170 (in partic. 163 e n. 85); Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 267-270; Remesal Rodríguez, El sistema annonario, cit., 361-362; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 241 e 248; Robinson, Ancient Rome, cit., 157. In merito al fiscus e al rapporto tra questo e l’aerarium si vd. G. Humbert, s.v. fiscus, in Daremberg -Saglio, II, 2, 1896, 1142-1145; H. Last, The ‘fiscus’: a note, in JRS, 34, 1944, 5159; Rostowzew, s.v. fiscus, in RE, VI, 1909, coll. 2385-2405; H. M. Jones, The aerarium and the fiscus, in JRS, 40, 1950, 22-29 (vd. in partic. 26-27, dove si attribuisce all’età flavia la creazione del fiscus frumentarius; cfr. anche Id., Studies in Roman government and law, Oxford 1960, 110); A. Garzetti, ‘Aerarium’ e ‘fiscus’ sotto Augusto: storia di una questione in parte di nomi, in Athenaeum, n.s. 31, 1953, 298-327; F. Vassalli, Studi giuridici, vol. III, t. 1, Milano 1960, 41-42; U. Coli, s.v. fisco, in Novissimo Digesto italiano, vol. VII, Torino 1961, 381-385; F. Millar, The fiscus in the first two centuries, in JRS, 53, 1963, 29-42 (cfr. 29 e n. 4 sulle rendite delle province imperiali assorbite dal fisco); P.A. Brunt, The ‘fiscus’ and its development, in JRS, 56, 1966, 75-91 (in partic. 77); G. Boulvert, Tacite et le fiscus, in RD, 48, 1970, 430-438; Id., Le fiscus dans la littérature latine des deux premiers siècles, in RD, 48, 1970, 687-688; Id., Aerarium dans les constitutions impériales, in Labeo, 22, 1976, 151-177; G. Klingenberg, Der «fiscus» im Dienste privater Rechtsdurchsetzung, in Sodalitas, cit., vol. 4, 1705-1717; T. Yoneta, Imperial procurators as public officials, 44 368 Cristina Soraci Sotto Nerone le distribuzioni frumentarie furono tuttavia interrotte. L’imperatore, che nel 62 d.C. aveva fatto gettare nel Tevere parte del grano destinato alle distribuzioni perché avariato (frumentum plebis vetustate corruptum in Tiberim iecit), pensò di sospendere le frumentationes quando, nel 64, l’incendio divampato a Roma lasciò la città priva di scorte di cereali, ma fece portare le riserve da Ostia e ridusse il prezzo del grano da acquistare sul mercato. In questo modo egli favorì l’insieme della popolazione cittadina e non solo la plebs frumentaria45. Alla sua morte le fru- in JCS, 33, 1985, 88-98; M. Alpers, Das nachrepublikanische Finanzsystem: Fiscus und Fisci in der frühen Kaiserzeit, Berlin 1995. 45 Tac. ann. 15.18.2 (sul frumento gettato nel Tevere); Dio 62.18.5 (kai;twǹ ÔRwmaivwn aujtwǹ to;sithrevs ion parespavsato), Tac. ann. 15.39.2, Suet. Nero 38.3. Si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 237; Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 95; Van Berchem, Les distributions, cit., 74-76; Szilágyi, Prices and wages, cit., 332 e 336; F. Grosso, La lotta politica al tempo di Commodo, Torino 1964, 305 n. 1; W. Held, Die Vertiefung der allgemeinen Krise im Westen des römischen Reiches, Berlin 1974, 58 n. 8; S. Mrozek, Prix et rémunération dans l’Occident romain (31 av. n.è.-250 de n.è.), Gdansk 1975, 10-11, 14, 35; L. Gavazzi, Alcuni aspetti della popularitas di Nerone, in AIV, 134, 1975-76, 421-437; T. Zawadzki, La légation de Ti. Plautius Silvanus Aelianus en Mésie et la politique frumentaire de Néron, in Neronia 1974. Relazioni presentate al primo convegno della Société Internationale des études néroniennes (=PP, 160, 1975), 68 (secondo cui Nerone avrebbe sospeso solo le frumentazioni rivolte ai cittadini optimo iure); De Martino, Storia economica, vol. II, Firenze 1979, 348; Rickman, Corn supply, cit., 187; H.P. Kohns, Hungersnot und Hungerbewältigung in der Antike, in Sozialmassnahmen und Fürsorge. Zur Eigenart antiker Sozialpolitik, hrsg. von H. Kloft, GrazHorn 1988, 120; W. Jacob – Sonnabend, Untersuchungen zum NeroBild der Spätantike, Hildesheim – Zürich – New York, 1990, 112 n. 24; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 32; Garnsey, Carestia, cit., 313314; Lo Cascio, Collegi, cit., 94. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 369 mentazioni avranno verosimilmente ripreso il loro corso46. Dell’epoca di Nerva possediamo un sesterzio con l’effige dell’imperatore e la scritta PLEBEI URBANAE FRUMENTO CONSTITUTO - S.C., oggetto di svariate interpretazioni discordanti tra di loro: secondo Mommsen, Nerva avrebbe inizialmente abolito le distribuzioni frumentarie per poi ripristinarle successivamente, coniando questo tipo monetale per celebrare il provvedimento. Cardinali pensava piuttosto che l’espressione indicasse solo la promulgazione di “serie norme pel funzionamento delle frumentazioni, anziché addirittura un nuovo loro inizio”. Van Berchem riteneva che l’emissione del sesterzio fosse dovuta ai senatori, nelle cui mani ricadeva la coniazione delle monete di bronzo, e che la moneta avesse indicato la restituzione agli stessi del titolo di praefecti frumenti dandi, sottratto loro da Claudio, la cui ricomparsa viene tuttavia normalmente datata, come riconosce lo stesso studioso, al regno di Traiano. Secondo Syme, infine, nel sesterzio Van Berchem, Les distributions, cit., 76; G. Boulvert, Esclaves et affranchis impériaux sous le Haut-Empire romain. Rôle politique et administratif, Napoli 1970, 232; si vd. però anche Deininger, Brot und Spiele, cit., 285 n. 16. Sulle distribuzioni di grano ai pretoriani, che divennero gratuite a partire da Nerone, vd. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 180-181 e Virlouvet, ‘Tesssera frumentaria’, cit., 271272 e Ead., L’approvvigionamento, cit., 124-125 (secondo cui i pretoriani ricevevano il grano gratuito non come appartenenti alla plebs frumentaria ma come soldati in servizio, che prima di Nerone dovevano decurtare il prezzo del cibo dal loro stipendio: cfr. già Van Berchem, Les distributions, cit., 39-40). In merito all’ammissione alle frumentazioni dei vigili, vd. invece: Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 261; S. Capponi – B. Mengozzi, I ‘vigiles’ dei Cesari. L’organizzazione antincendio nell’antica Roma, Roma 1993, 148-151; Virlouvet, ‘Tesssera frumentaria’, cit., 273-282; R. Sablayrolles, Libertinus miles. Les cohortes de vigiles, Rome 1996, 326-333 e passim. 46 370 Cristina Soraci sarebbero apparentemente commemorate distribuzioni extra di frumento. In mancanza di ulteriori dettagli, è preferibile considerare la moneta semplicemente come una testimonianza dell’attenzione rivolta dall’imperatore alla plebe urbana e al problema del suo sostentamento47. Il successore di Nerva, Traiano, fece costruire un secondo porto ad Ostia, consentendo in tal modo l’approdo di navi di grandi dimensioni; secondo un’espressione di Plinio molto discussa (paulo minus… quinque milia ingenuorum fuerunt quae liberalitas principis nostri conquisivit, invenit, adscivit), egli avrebbe avuto, inoltre, il merito di includere tra i beneficiari del frumento gratuito cinquemila fanciulli, ma il passo sopra citato pare piuttosto riferirsi ai destinatari dei congiaria e non alla plebs frumentaria48. Nell’arco di tempo che intercorse tra l’epoca di Th. Mommsen, Die römischen Tribus in administrativer Beziehung, Altona 1844, 193; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 237-238 (seguito da Garnsey, Carestia, cit., 315 n. 17, secondo cui la scritta “sembra indicare una risistemazione dopo un periodo di disorganizzazione”); Van Berchem, Les distributions, cit., 77-78; R. Syme, The imperial finances under Domitian, Nerva and Trajan, in JRS, 20, 1930, 62 (seguito da Chilver, ‘Princeps’, cit., 11). Si vd. anche A. Garzetti, Nerva, Roma 1950, 69, G. Vitucci, ‘PLEBEI URBANAE FRUMENTO CONSTITUTO’, in ArchCl, 10, 1958, 310-314; Rickman, Corn supply, cit., 216. 48 Plin. paneg. 28.4, su cui vd. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, vol. I, 1895, 402; P. Veyne, La table des Ligures Baebiani et l’institution alimentaire de Trajan (II), in MEFR, 70, 1958, 222 intende l’iscrizione dei 5000 bambini riferita al congiario di cui parla Plinio nei capp. 26-28 (ma poi in Id., Les ‘alimenta’ de Trajan, in Les empereurs romains d’Espagne, Madrid-Italica, 31 mars-6 avril 1964, Paris 1965, 167-169 lo studioso pensò si trattasse di ammissione alle frumentationes); E. Lo Cascio, Gli ‘alimenta’, l’agricoltura italica e l’approvvigionamento di Roma, in RAL, 33, 1978, 315; Garnsey, Carestia, cit., 332; Id., Cities, cit., 238-239; L. Wierschowski, Die A l i m e n t a r 47 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 371 Adriano e quella di Settimio Severo sono stati, invece, occasionalmente ammessi alle frumentazioni anche alcuni gruppi di fanciulli. Antonino Pio, infatti, dopo la morte della moglie Faustina Maggiore, puellas alimentarias in honorem Faustinae Faustinianas constituit; questa istituzione alimentaria, rivolta solo alle fanciulle di Roma, valeva forse come compenso per le ragazze che non potevano partecipare alle distribuzioni di grano e di monete tipiche delle festività, cui erano invece ammessi i ragazzi49. Marco Aurelio si ispirò poi al suo predecessore quando, a ricordo del matrimonio della figlia Lucilla con Lucio Vero, e quindi dopo il 164 d.C., diede ordine che pueros et puellas novorum nominum frumentariae perceptioni adscribi e quando, dopo il 176 d.C., novas puellas Faustinianas instituit in honorem uxoris mortuae. Secondo Veyne, l’opera dei successori di Traiano sarebbe stata ispi- institution Nervas und Traians. Ein Programm für die Armen?, in Imperium romanum. Studien zu Geschichte und Rezeption. Festschrift für Karl Christ zum 75. Geburtstag, Stuttgart 1998, 764-766; Panciera - Virlouvet, Les archives, cit., 260. 49 Hist. Aug. Pius 8.1. Cfr. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, cit., 403; H.P. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme in der Historia Augusta, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1964/65, Bonn 1966, 108 n. 40; F.C. Bourne, The Roman alimentary program and Italian agriculture, in TAPhA, 91, 1960, 67; R. Duncan-Jones, The purpose and organisation of the alimenta, in PBSR, 32, 1964, 143 e n. 107; Hands, Charities, cit., 110; Duncan-Jones, The economy of the Roman empire, Cambridge 1974, 319 n. 1 (con segnalazione delle testimonianze numismatiche); H.-G. Pflaum, Les imperatrices de l’époque des Antonins dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-AugustaColloquium, 1979/81, Bonn 1983, 247; S. Mrozek, Les distributions d’argent et de nourriture dans les villes italiennes du Haut-Empire romain, Bruxelles 1987, 62; M. Prell, Armut im antiken Rom, Stuttgart 1997, 291; W. Eck, L’Italia nell’impero romano. Stato e amministrazione in epoca imperiale, Bari 1999, 156 e n. 24. 372 Cristina Soraci rata non tanto dalla ragione di stato ma da sentimenti di carità verso i più deboli; in altre parole, il criterio discriminante non sarebbe stato in questo caso quello della cittadinanza romana ma un’eventuale situazione di indigenza50. Dall’epoca di Commodo appaiono sulle iscrizioni praefecti Miniciae, affiancati ai curatores aquarum et Miniciae, che Pflaum riteneva istituiti da Commodo; secondo lo studioso, sia gli uni che gli altri avrebbero ricevuto la nomina dall’imperatore e non dal senato, alla cui ingerenza sarebbero così state sottratte le frumentazioni: una simile misura non poteva che essere opera di Commodo, di cui è ben noto l’astio nei confronti del senato51. Il problema, tuttavia, è reso più complesso dalle datazioni delle epigrafi, non sempre sicure, e dalla proliferazione di titolature che presentano diverse varianti, cui non sempre è possibile attribuire una funzione specifica e della cui nomina appare difficile individuare con certezza la Hist. Aug. Aur. 7.8 e 26.6; cfr. CIL 6.10222= ILS 6065: stele funeraria per una figlia che visse sei anni incisae frumento publico divae Faustinae iunioris. Veyne, Les ‘alimenta’ de Trajan, cit., 169. Sulle fonti citate cfr. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, cit., 403; O. Hirschfeld, Die kaiserlichen Verwaltungsbeamten bis auf Diocletian, Berlin 19052, 223 e n. 4; R.V. Nind Hopkins, The life of Alexander Severus, Cambridge 1907, 154 e n. 4; Van Berchem, Les distributions, cit., 34 e n. 1; Bourne, The Roman alimentary program, cit., 67; M.E. Pfeffer, Einrichtungen der sozialen Sicherung in der griechischen und römischen Antike, unter besonderer Berücksichtigung der Sicherung bei Krankenheit, Berlin 1969, 122 n. 290; F. Cassola, Note sul ‘praefectus alimentorum’, in Studi in onore di E. Volterra, vol. III, Milano 1971, 500 n. 15; Duncan-Jones, The economy, cit., 319 n. 1; Prell, Armut, cit., 291; Eck, L’Italia, cit., 156. 51 H.-G. Pflaum, Du nouveau sur les ‘agri decumates’ à la lumière d’un fragment de Capoue, CIL X 3872, in Bonner Jahrbücher des rheinischen Landsmuseum in Bonn, 163, 1963, 232-233; secondo Van Berchem, Les distributions, cit., 96-97, invece, le due titolature indicavano una medesima funzione. 50 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 373 responsabilità, se imperiale o senatoria. Del resto, interpretare il passaggio dall’una all’altra carica come conseguenza di una politica di volta in volta filo- o antisenatoria appare riduttivo, considerata l’importanza dei servizi cui si fa riferimento, quello delle acque e le frumentazioni, due settori che sin dall’epoca di Augusto avevano registrato una cooperazione tra le due forze al governo, il senato e l’imperatore52. I primi curatores aquarum et Miniciae sono comunque attestati a partire dall’epoca di Settimio Severo: l’introduzione della nuova carica comportò certamente l’unificazione di due funzioni, il servizio delle acque e le frumentationes, e dunque la semplificazione di problemi dal punto di vista amministrativo53. Come affermano due passi tanto discussi, alla sua morte Settimio lasciò al popolo romano il canone frumentario di sette anni. Cosa l’autore dell’Historia Augusta intenda con l’espressione septem annorum canon non è tuttora chiaro. Generalmente si pensa alla quantità complessiva di frumento che le province avrebbero versato nell’arco di sette anni come tributo e che lo stato avrebbe ammassaRickman, Corn supply, cit., 253-256 (cfr. anche 193-194 e 216); C. Bruun, The Roman Minucia business. Ideological concepts, grain distribution and Severan policy, in Opusc. Inst. Rom. Finlandiae, 4, 1989, 106-121. Contra, cfr. F. Coarelli, La situazione edilizia di Roma sotto Severo Alessandro, in L’URBS. Espace urbain et histoire (Ier siècle avant J.C.- IIIe siècle ap. J.C.), Actes du colloque international organisé par le Centre national de la recherche scientifique et l’École française de Rome (Rome, 8-12 mai 1985), Rome 1987, 445. 53 Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 96; A. Chastagnol, La préfecture urbaine à Rome sous le bas-empire, Paris 1960, 56; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 35 n. 12; Rickman, Corn supply, cit., 256; C. Bruun, Water for the Castra Praetoria. What were the Severan opera min., in Arctos, 21, 1987, 7-18. Si vd., da ultimo, C. Bruun, Il funzionamento degli acquedotti romani, in Roma imperiale, cit., 155. 52 374 Cristina Soraci to negli horrea; Van Berchem ha invece ipotizzato che esso rappresentasse la differenza tra il quantitativo di frumento versato dalle province e quello distribuito al popolo: conservando ogni anno la metà del canone, in quattordici anni l’imperatore avrebbe avuto a disposizione una quantità di grano equivalente al canone di sette anni. Sirks riteneva si trattasse della quantità che si sarebbe potuta distribuire se il canon (ossia l’ammontare complessivo di cereali necessario alle frumentationes) previsto per sette anni fosse stato distribuito in un anno solo. Invece De Romanis ha proposto di emendare parzialmente uno dei passi dell’Historia Augusta e di intendere che alla morte di Settimio Severo l’annuale tributo in grano delle province fosse stato sette volte superiore alla quantità annualmente distribuita nelle frumentazioni54. In ogni caso, la notizia testimonia l’esigenza di creare una riserva di frumento tale da poter Hist. Aug. Sept. Sev. 8.5 e 23.2. Van Berchem, Les distributions, cit., 106-108; G. Raffo, Sulle distribuzioni di viveri a Roma nel III secolo d.C., in Giornale Italiano di Filologia, 4, 1951, 251-252; J. Schwartz, L’empereur Probus et l’Égypte, in CE, 45, 1970, 383-385 (che non ritiene degna di fede la notizia); Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 171-172; F. Paschoud, Le Diacre Philippe, L’Eunuque de la reine Candace et l’auteur de la Vita Aureliani, in Bonner HistoriaAugusta-Colloquium 1975/1976, Bonn 1978, 149; Id., Raisonnements providentialistes dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-AugustaColloquium 1977/1978, Bonn 1980, 169 n. 14; Corbier, Trésors, cit., 411-412 e 417-421; F. De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON. Sul CANON POPVLI ROMANI lasciato da Settimio Severo, in RAL, s. 9, 7, 1996, 133-159. Sirks, The size of the grain distributions, cit., 220-224 e 236. Cfr. anche Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 236237; D. Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’: vecchie e nuove questioni di storia annonaria romana, in «Humana sapit». Études d’antiquité tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini, ed. J.-M. Carrié- R. Lizzi Testa, Turnhout 2002, 342 e n. 7, 351-355. 54 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 375 sopperire ad eventuali situazioni di penuria, evitando così difficili congiunture sul piano economico e politico55. Sappiamo che l’editto di Caracalla (212 d.C.) concesse la cittadinanza romana ai sudditi liberi dell’impero; ci si chiede se un simile provvedimento abbia comportato l’ammissione alle frumentazioni di tutti i residenti a Roma. Ciò appare inverosimile; in realtà, non si conoscono gli effetti della Constitutio Antoniniana a tale riguardo. Certo è che molte differenziazioni giuridiche e fiscali non furono abbandonate e dunque, verosimilmente, le frumentazioni continuarono ad essere privilegio di un numero ben definito di persone56. L’Historia Augusta racconta che Elagabalo concesse l’assegnazione del canon populi Romani di un anno a persone di dubbia moralità, ma la notizia va accolta con cautela, considerata la proverbiale parzialità della fonte, favorevole solo ai principes filosenatori; De Romanis ha proposto di intendere che Elagabalo “abbia ordinato di distribuire ad abitanti di Roma non beneficiari delle frumentazioni una quota dell’annuale contributo granario delle province pari alla populi ratio (9000000 modii), evidentemente secondo le razioni delle frumentazioni”57. Se così fosse, si tratterebbe di un tentativo di ampliare il numero dei beneficiari, in perfetta consonanza con quella “assistenza sociale” nel campo dell’annona civica “che sin dai Severi aveva manifestato tendenza a svolgersi su scala più vasta”58. Lo Cascio, Collegi, cit., 107. Cfr. le interessanti osservazioni di Carrié, Les distributions, cit., 1026-1029; si vd. anche De la ville antique…, cit., 57. 57 Hist. Aug. Heliog. 27.7. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme, cit., 99 e 105; Paschoud, Le diacre Philippe, cit., 149 e Id., Raisonnements, cit., 169 n. 14; De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON, cit., 136 e 152-158. 58 S. Mazzarino, Aspetti sociali del quarto secolo. Ricerche di storia tardo-romana, Roma 1951, 218-219. 55 56 376 Cristina Soraci Sempre l’Historia Augusta narra che Alessandro Severo avrebbe rifornito a proprie spese i granai svuotati dal suo predecessore; non sottovalutando anche in questo caso la tendenziosità della fonte, si potrebbe comunque ipotizzare che dietro la notizia si nascondano le difficoltà cui andarono incontro i successori di Caracalla per mantenere intatto il gettito del canon populi Romani59. Dei trentadue anni che intercorrono tra il regno di Massimino e quello di Aureliano si può dire poco, dato il silenzio delle fonti a riguardo; forse il sistema avrà continuato a funzionare senza regolarità60. L’organizzazione delle distribuzioni: tempi, luoghi e personale incaricato La decisione di rendere perpetue le distribuzioni alimentari comportava ovviamente anche l’esigenza di rivedeHist. Aug. Alex. 21.9; cfr. K. Hönn, Quellenuntersuchungen zu den Viten des Heliogabalus und des Severus Alexander im Corpus der Scriptores Historiae Augustae, Leipzig 1911, 128; Raffo, Distribuzioni, cit., 252; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme, cit., 99-115; H.-G. Pflaum, Les amours des empereurs dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1975/1976, cit., 164; De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON, cit., 157. Di pueros Antoninianos et puellas Antoninianas e di puellas et pueros Mammaeanas et Mammaeanos parlano due passi dell’Historia Augusta (risp. Diad. 2.10 e Alex. Sev. 57.7) cui, tuttavia, non viene dato generalmente molto credito a causa dell’assenza di altre testimonianze documentarie utili ad un riscontro: De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, cit., 403; Bourne, Program, cit., 68; Duncan-Jones, Economy, cit., 319 n. 1; G. Pugliese, Assistenza all’infanzia nel principato e “piae causae” del diritto romano cristiano, in Sodalitas, cit., vol. 7, 3181; Eck, L’Italia, cit., 156 n. 25. 60 Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 35. Raffo, Distribuzioni, cit., 253 ritiene, invece, che in questo periodo le frumentationes siano state interrotte. 59 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 377 re la struttura organizzativa a ciò deputata. Fino ad Augusto, l’incarico dell’approvvigionamento, la cura annonae, e le frumentationes, insieme ad altre molteplici mansioni, erano stati quasi sempre nelle mani degli stessi individui, gli edili61. A partire dal I secolo a.C., tuttavia, quando le distribuzioni divennero permanenti, la loro organizzazione era diventata talmente complessa da richiedere una distinzione di funzioni. Già Cesare aveva nominato due edili con il compito di dedicarsi esclusivamente al rifornimento di Roma: gli aediles ceriales62. Augusto fece di più: nel 22 a.C., quando ricevette dal popolo, a titolo straordinario, la cura annonae, incaricò due antichi pretori (cui, nel 18 a.C., si aggiunsero altri due) di occuparsi unicamente della distribuzione del frumento, mentre la cura annonae rimaneva nelle mani degli edili; creò così i praefecti frumenti dandi. Tra il 6 ed il 14 d.C. sottrasse invece la cura annonae agli edili e l’affidò ad un altro prefetto, il praefectus annonae, che aveva il compito di controllare sul mercato di Roma i prezzi dei prodotti agricoli principali, soprattutto frumento e Cfr. le eccezioni riportate da Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 237; Van Berchem, Les distributions, cit., 67. 62 Dio 43.51.3., su cui vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 237; Van Berchem, Les distributions, cit., 67; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 21-22; Höbenreich, Annona, cit., 34; Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 114. 63 Senza alcuna pretesa di completezza, citiamo sull’argomento: Oehler, s.v. Annona, in RE, vol. I, 1894, col. 2318; Van Berchem, Les distributions, cit., 67-69; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 240241; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 21-26 e 29-39; Rickman, Corn supply, cit., 186 e 193-195; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 240; Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimentari, cit., 249; Höbenreich, Annona, cit., 35-68; Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 114-115. 61 378 Cristina Soraci olio63. Gli aventi diritto potevano ritirare la razione di grano loro destinata esibendo le tessere frumentarie, che venivano consegnate mensilmente. Augusto, tuttavia, pensò di far distribuire tre volte l’anno una tessera valida per quattro mesi, e ciò al fine di non distogliere troppo frequentemente la plebe dagli affari frumentationum causa. Anche in questa circostanza il popolo appare, dunque, maggiormente interessato a ricevere la razione di frumento che gli era dovuta piuttosto che dedicarsi alle abituali attività. L’innovazione, comunque, ebbe vita breve, perché la plebe chiese di ripristinare la distribuzione mensile delle tessere64. Le frumentationes comportavano dei problemi organizzativi non indifferenti, primi fra tutti una cadenza regolare delle distribuzioni e luoghi ad esse destinati. L’opinione generale degli studiosi è che durante la repubblica le distribuzioni fossero effettuate una volta al mese e in differenti punti di Roma65. Secondo Rickman esse avrebbero avuto luogo negli horrea o in porticus Suet. Aug. 40.3: populi recensum uicatim egit, ac ne plebs frumentationum causa frequentius ab negotiis auocaretur, ter in annum quaternum mensuum tesseras dare destinauit; sed desideranti consuetudinem veterem concessit rursus, ut sui cuisque mensis acciperet. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; Nicolet, Tessères frumentaires, cit., 697; Deininger, Brot und Spiele, cit., 284; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 310-324; Lo Cascio, Registri, cit., 376. 65 Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; Van Berchem, Les distributions, cit., 85. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 175-176 riteneva che il giorno, il luogo e il magistrato incaricato non fossero fissati una volta per tutte. Secondo Nicolet, Le temple des Nymphes, cit., 48-51, nella Porticus Minucia Vetus avrebbero avuto luogo le operazioni amministrative concernenti le distribuzioni, in particolare la riduzione del numero dei beneficiari ordinata da Cesare. 64 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 379 adatti allo scopo e sarebbero state effettuate in un giorno prefissato del mese in diversi punti della città contemporaneamente66. Di recente ed a più riprese, la Virlouvet ha formulato un’altra ipotesi: che le distribuzioni, la cui ubicazione può aver subito variazioni tra il periodo della lex Sempronia e la costruzione della Porticus Minucia Frumentaria, si effettuassero lo stesso giorno del mese ed in uno stesso luogo, forse i Saepta o il circus Flaminius o anche nel luogo dove poi sarebbe stata edificata la Porticus67. La studiosa pensa di poter individuare questo luogo nella zona in cui sorgeva la Porticus Minucia Vetus, costruita da M. Minucio Rufo, console nel 110 a.C68. Al regno di Claudio si fa risalire invece la costruzione della famosa Porticus Minucia Frumentaria, un complesso situato nella Regio IX (Circus Flaminius) e comprendente 45 arcate in ciascuna delle quali erano verosimilmente effettuate le distribuzioni: gli aventi diritto sarebbero stati suddivisi in gruppi, comprendenti dalle 150 alle 200 persone, mentre tavole di bronzo affisse sulle arcate avrebbero riportato i loro nomi, l’indicazione del giorno in cui ciascuno doveva recarsi a ritirare la propria razione e quella del numero di arcata69. Secondo altri studiosi, invece, la suddetRickman, Corn supply, cit., 185-186 e 192; vd. anche Pucci, I consumi alimentari, cit., 378. 67 Cfr. C. Virlouvet, La topographie des distributions frumentaries avant la création de la PORTICUS MINUCIA FRUMENTARIA, in L’URBS, cit., 175-189; Ead., ‘Tessera frumentaria’, cit., 27-130. 68 Cfr. Virlouvet, Topographie, cit., 189; Ead., ‘Tessera frumentaria’, cit., 157-160. Su Minucio Rufo, vd. Van Berchem, Les distributions, cit., 89. 69 Si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; B. Wall, Porticus Minucia, in Acta Instituti Regni Sueciae, 1932, 31-54; Van Berchem, Les distributions, cit., 88-92; Nicolet, Le temple, cit., 30; Rickman, Corn supply, cit., 192-193 e 250-252; Galsterer, ‘Plebiculam 66 380 Cristina Soraci ta Porticus avrebbe avuto solo una funzione amministrativa, il riconoscimento del diritto al frumento gratuito e il rilascio delle tesserae frumentariae; la distribuzione sarebbe avvenuta in altri luoghi di Roma, probabilmente nei granai, forse anche presso la porticus Aemilia70. Allo stato attuale della nostra documentazione è difficile formulare argomentazioni decisive in favore dell’una o dell’altra ipotesi. Aureliano e la riconquista dell’Egitto Dopo Augusto, i cittadini di Roma godettero, quindi, del frumento gratuito quasi ininterrottamente per ben tre secoli, fin quando Aureliano (270-275 d.C.) decise la sostituzione delle distribuzioni granarie con quelle di pane. Significativa è, innanzi tutto, la collocazione cronologica della riforma. Le fonti in nostro possesso insistono nel correlare la distribuzione di pane con la conclusione delle due campagne militari in Oriente (la prima durata dall’inizio del 272 all’agosto del 272; la seconda dall’autunno del 272 alla primavera del 273) e la conseguente riconquista dell’Egitto, pascere’, cit., 35-36; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 131-156, secondo cui le arcate sarebbero state 44. Per la localizzazione della stessa, cfr. Rickman, Corn supply, cit., 250-252; F. Zevi, Per l’identificazione della ‘Porticus Minucia frumentaria’, in MEFRA, 105, 1993, 2, 661-708; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 133-145. 70 Sulla tesi che vedeva nella Porticus solo il luogo in cui venivano svolte le fasi amministrative della distribuzione cfr. M. Rostovtzeff, Étude sur les plombes antiques, in RN, 1898, 262 ss.; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 252 n. 44; da ultimo, vd. E. Rodríguez Almeida, Aemiliana, in RPAA, 68, 1995-96, 373-383. Contra, vd. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 81-117. 71 Zos. 1.61.3; Hist. Aug. Aurelian. 35.1: Non praeterendum vide Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 381 che dal 270 era stato inglobato nel regno di Palmira71. Com’è noto, Zenobia e Settimio Vaballato Atenodoro erano diventati sovrani del regno dopo la morte di Odenato, tur quod et populus memoria tenet et fides historica frequentavit, Aurelianum eo tempore quo proficiscebatur ad orientem bilibres coronas populo promississe, si victor rediret, et, cum aureas populus speraret neque Aurelianus aut posset aut vellet, coronas eum fecisse de panibus, qui nunc siliginei vocantur, et singulis quibusque donasse, ita ut siligineum suum cottidie toto aevo suo unusquisque et acciperet et posteris suis dimitteret; Hist. Aug. Aurelian. 47.1-2: Panibus urbis Romae unciam de Aegyptio vectigali auxit. Per una discussione critica sulle fonti citate, e per la bibliografia in merito, cfr. infra, 397-407. Sulle campagne di Aureliano in Oriente e sui rapporti tra Palmira e Roma, vd. L. Homo, Essai sur le règne de l’empereur Aurélien (270275), Paris 1904, 84-115; M. Besnier, L’empire romain de l’avènement des Sévères au Concile de Nicée, Paris 1937, 236-240; I.A. Richmond, Palmyra under the aegis of Rome, in JRS, 53, 1963, 43-54 (sull’edilizia pubblica e privata ispirata in parte ai canoni dell’architettura romana); J. Gagé, La montée des Sassanides et l’heure de Palmyre, Paris 1964, in partic. 140-153; T. Kotula, Aurélien et Zénobie: l’unité ou la division de l’Empire?, Wroclaw 1966; L. Bivona, Per la cronologia di Aureliano, in Epigraphica, 28, 1966, 106-121; W. Held, Die zunehmende Erstarkung der römischen Provinzialaristokratie in der zweiten Hälfte des 3. Jahrhunderts, in AAntHung, 19, 1971, 281-291 (in partic. 286-288); G. Sotgiu, Aureliano (1960-1972), in ANRW, II, 2, Berlin 1975, 1059-1060; J. Schwartz, Palmyre et l’opposition a Rome en Égypte, in Palmyra. Bilan et perspectives. Colloque de Strasbourg (1820 octobre 1973) à la mémoire de Daniel Schlumberger et de Henri Seyrig, Strasbourg 1976, 139-151; J.W. Han Drijvers, Zenobia und die Auseinandersetzung zwischen Palmyra und Rom, in Palmyra. Geschichte, Kunst und Kultur der syrischen Oasenstadt, Linz 1987, 128-131; T. Saunders Randall, A biography of the emperor Aurelian (A.D. 270-275), Univ. of Cincinnati 1991; R. Stonemann, Palmyra and its empire: Zenobia’s revolt against Rome, Ann Arbor (Mich.) 1992, 155-179; B. Nakamura, Palmyra and the Roman East, in GRBS, 34, 1993, 133-150; D.F. Buck, The reign of Aurelian in Eunapius’ Histories, in AHB, 9, 2, 1995, 88-92; R. Krautkrämer, Der syrische Limes: Palmyra im Spannungsfeld zwischen Imperium Romanum und Persischem Reich, in Grenzkultur-Mischkultur?, hrsg. von R. Marti, 382 Cristina Soraci rispettivamente loro marito e padre, il quale l’aveva reso di fatto indipendente da Roma nel 260 d.C., quando l’impero era in preda a grandi rivolgimenti politici, sociali ed economici72. In seguito a due fruttuose campagne militari, Saarbrücken 2000, 147-166; A. Watson, Aurelian and the third century, London-New York 1999, 70-84. Per i riferimenti cronologici di questo periodo ci siamo serviti delle indicazioni fornite da S. Estiot, Ripostiglio della Venèra. Nuovo Catalogo illustrato. Aureliano, vol. II/1, Roma 1995, 94-101 (si v anche Ead. Aureliana, in RN, 150, 1995, 58-63) che, basandosi su un attento spoglio delle fonti numismatiche e papiracee, ha rivisitato le datazioni tradizionalmente seguite (per cui vd. anche J. Schwartz, Chronologie du IIIe s. p. C., in ZPE, 21, 1976, 167-177). 72 Sulla figura di Zenobia, cfr. K. Wegenast, s.v. Zenobia, in RE, X, 1972, coll. 1-8; I. Cazzaniga, Psogos ed épainos di Zenobia. Colori retorici in Vopisco e Pollione (H.A.), in PP, 27, 1972, 156-182; Stonemann, Palmyra, cit., 111-127; E. Equini Schneider, Septimia Zenobia Sebaste, Roma 1993; B. Kytzler, Frauen der Antike: von Aspasia bis Zenobia, Zürich 1994; A. Wieber, Die Augusta aus der Wüste: die palmyrenische Herrscherin Zenobia, in Frauenwelten in der Antike: Geschlechterordnung und weibliche Lebenspraxis, hrsg. von T. Späth-B. Wagner-Hasel, Stuttgart 2000, 281-310; J. Teixidor, Antiquités sémitiques, in ACF, 98, 1997-98, 713-731. In merito al personaggio di Odenato si vd. H. Seyrig, Les fils du roi Odainat, in AArchSyr, 13, 1963, 159-172; J. Schwartz, L’Histoire Auguste et Palmyre, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1964/65, Bonn 1966, 185-195; L. de Blois, Odaenathus and the Roman-Persian war of 252-264 A.D., in Talanta, 6, 1974, 7-23; A. Baldini, Problemi di storia palmirena. Note sulla politica di Odenato, in CCAB, 23, 1976, 21-45; I.S. Šifman, Le système étatique de Palmyre (l’empire d’Odénatos et Zénobie), I, in Problèmes d’histoire et de culture antique. Actes de la XIV conférence internationale Eirene des spécialistes de l’antiquité dans les pays socialistes, éd. Par B.B. Piotrovskij et al., Jerevan 1979, 327-331; E. Gawlikowski, Les princes de Palmyre, in Syria, 62, 1985, 251-261; S. Swain, Greek into Palmyrene: Odaenathus as corrector totius Orientis?, in ZPE, 99, 1993, 157-164; D.S. Potter, Palmyra and Rome: Odaenathus’ titulature and the use of the imperium maius, in ZPE, 113, 1996, 271-285; T. Gnoli, Roma, Edessa e Palmira nel III sec. d.C.: problemi istituzionali. Uno studio sui Papiri dell’Eufrate, Pisa-Roma 2000, 125-153; J.-C. Balty, Odeinat, «rois des rois», in CRAI, 2, 2002, 729741. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 383 Zenobia, che tendeva a presentarsi come novella Cleopatra, e Vaballato, di cui è nota una lettera spedita agli Alessandrini in occasione dell’avanzata nel loro paese, come segno di immutata benevolenza73, erano riusciti a conquistare l’Egitto (fine del 270 d.C.), provincia di vitale importanza per il rifornimento granario di Roma e dell’Italia: tra gli obiettivi della conquista vi era il desiderio di reimpadronirsi di una regione che era stata parte integrante dei territori controllati da Odenato, l’aspirazione al possesso di una provincia ricca e strategica dal punto di vista commerciale, la volontà di sostenere i capitalisti palmireni là residenti e l’intento di mettere in difficoltà l’impero interrompendo gli invii di frumento74. Del resto, la Sull’immagine di Zenobia come novella Cleopatra, cfr. G. Gaggero, Memorie del passato nella propaganda politica di Zenobia, in Un incontro con la storia nel centenario della nascita di Luca de Regibus: 1895-1995. Atti del pomeriggio di studio a Vogogna d’Ossola (1° luglio 1995), Genova 1996, 211-222; S. Bussi, Zenobia/ Cleopatra: immagine e propaganda, in RIN, 104, 2003, 261-268. In merito all’autore della lettera agli Alessandrini, cfr. P.J. Parsons, A proclamation of Vaballathus?, in CE, 42, 1967, 397-401, che riteneva tuttavia suscettibile di verifiche l’attribuzione a Vaballato; Nakamura, Palmyra and the Roman East, cit., 146; J. Schwartz, L’empereur Alexandre Sévère, le SB X 10295 et le P. Fay. 20, in ZPE, 61, 1985, 122-124, ritorna invece all’ipotesi dell’attribuzione ad Alessandro Severo. 74 In merito all’intenzione di ripristinare il dominio di Odenato, di cui l’Egitto doveva costituire parte integrante sin dagli anni 262-263, ossia dopo la vittoria sui Persiani, data l’esistenza di un partito favorevole a Palmira in questa provincia (cfr. U. Hartmann, Das palmyrenische Teilreich, Stuttgart 2001, 160; contra, E. Cizek, L’empereur Aurélien et son temps, Paris 1994, 78) si vd. Watson, Aurelian, cit., 32 e 62. Sulle motivazioni economiche e politiche dell’operato di Zenobia cfr. J. Schwartz, Les Palmyréniens et l’Egypte, in BSAA, 40, 1953, 6381 (che, tuttavia, non ritiene l’intento di mettere in difficoltà Roma attraverso l’interruzione degli invii frumentari una possibile motivazione della conquista); M. Mazza, Lotte sociali e restaurazione autorita73 384 Cristina Soraci stessa Palmira, che non poteva produrre grano ma era costretta ad importarlo, avrebbe tratto non pochi vantaggi dall’annessione75. Una spia della difficile situazione venutasi a creare nel ria nel III secolo d.C., Roma-Bari 1973, 260-267; Nakamura, Palmyra and the Roman East, cit., 140-141; Estiot, Ripostiglio della Venèra, cit., 94. Circa l’interruzione degli invii frumentari, vd. in partic. S. Perowne, The emperor Aurelian, A.D. 270-275, in HT, 21, 1971, 384; Wegenast, s.v. Zenobia, in RE, cit., col. 4 (il quale ritiene che Zenobia “Getreideversorgung gefährderte”); L. Bivona, Questioni aurelianee, Palermo 1979, 15; Hartmann, Das palmyrenische Teilreich, cit., 278279 e 281-289. Per una disamina delle possibili intenzioni di Zenobia si vd. Stonemann, Palmyra, cit., 160-163. Sul commercio a Palmira cfr. J. Conrad, Petra und Palmyra. Zwei Handelstädte im östlichen Grenzbereich der hellenistisch-römischen Welt, in Altertum, 17, 1971, 150-165; R. Drexhage, Der Handel Palmyras in römischer Zeit, in MBAH, 1, 1, 1982, 17-34; E. Gawlikowski, Palmyre et l’Euphrate, in Syria, 60, 1983, 53-68; J. Teixidor, Un port romain du désert. Palmyre et son commerce d’Auguste à Caracalla, Paris 1984; M. Gawlikowski, Le commerce de Palmyre sur terre et sur eau, in L’Arabie et ses mers bordieres, I: Itinéraires et voisinages. Séminaire de recherche 19851986, Lyon-Paris 1988, 163-172; W.H. Mare, Abila and Palmyra: ancient trade and trade routes from Southern Syria into Mesopotamia, in Aram, 7 (1-2), 1995, 189-215; Z.T. Biema, Nabatean and Palmyrene commerce -the mechanisms of intensification, in AArchSyr, 42, 1996, 189-195; E. Frezouls, Palmyre et les conditions politiques du développement de son activité commerciale, ibid., 147-155; M. Gawlikowski, Palmyra and its caravan trade, ibid., 139-145; E. Will, Palmyre et les routes de la soie, ibid., 125-128; F. Zayadine, Palmyre, Petra, la mer Érythrée et les routes de la soie, ibid., 167-178; J. Healey, Palmyra and the Arabian Gulf trade, in Aram, 8 (1-2), 1996, 189-215; A. Marcone, Palmira e l’idea di città carovaniera, in MediterrAnt, 6, 2, 2003, 641659; Id., Moneta e commercio in una città di frontiera: Palmira tra II e III secolo d.C., in Moneta mercanti banchieri. I precedenti greci e romani dell’Euro. Atti del convegno internazionale (Cividale del Friuli, 26-28 settembre 2002), a cura di G. Urso, Pisa 2003, 187-204. 75 Teixidor, Un port romain, cit., 73. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 385 270 d.C., che spingeva la popolazione a dubitare della regolarità degli invii frumentari egiziani, può essere riconosciuta in un tipo monetale coniato a Roma e a Siscia, datato appunto tra l’ottobre e il novembre di quell’anno, che presenta al rovescio la legenda ANNONA AVG e la personificazione dell’Annona con in mano alcune spighe, il corno dell’abbondanza e, in basso a sinistra, la prua di una nave: Aureliano, da poco salito al potere, doveva rassicurare i cittadini dell’impero sulla continuità dell’approvvigionamento nonostante le minacce dello stato palmireno (vd. fig. 1)76. Non sarà forse un caso che, tra i papiri a noi pervenuti e risalenti agli anni 270-272, dove il nome di Aureliano è accompagnato da quello di Vaballato (oJ lamprovtato~ basileu;~ u{pato~ aujtokravtwr strathgo;~ ÔRwmaivwn), nessuno tratti della raccolta, dell’esazione o del trasporto di dhmovs io~ purov~77. Quando, nel maggio del 272 d.C., Aureliano ebbe riconquistato Alessandria, le spedizioni granarie dall’Egitto Cfr. Homo, Essai, cit., 176 n. 3; Estiot, Ripostiglio della Venèra, cit., 57. Sull’inquietitudine della popolazione per l’interruzione dei convogli carichi del frumento egiziano, cfr. Watson, Aurelian, cit., 53 e 138-139. 77 BGU 3.946; P.Oxy. 10.1264, 46.3294, 47.3367,r,1 rp =Pap.Agon. 9 rp.r,2= P.Coll.Youtie 2.69; P.Stras. 1.8.1; SB 8.9912 (vd. anche 9911), 14.11589 rp, 18.13305; Chr.Wilck. 5; O.Mich. 3.1006; Stud.Pal 20.72 rp trpl= CPR 1.9; P.Gr. 1238 e 1197 (in Recherches de papyrologie, vol. III, Paris 1964, rispettivamente nrr. 8 e 11). Gli unici papiri che menzionano il grano in questi anni si riferiscono alla distribuzione di frumento che, com’è noto, veniva effettuata nella città di Ossirinco e alla quale è stato dedicato il 40° volume degli Oxyrhynchus Papyri: P.Oxy. 40.2898.r,2; 2904.r; 2906.1; 2908.r,3; 2916.2; 2921; 2922; 2936.2. Sulla distribuzione di Ossirinco si vd. J.M. Carter - K. Hopkins, The amount of the corn dole at Oxyrhynchus, in ZPE, 13, 1974, 195-196; N. Lewis, The recipients of the Oxyrhinchus siteresion, in CE, 49, 1974, 158-162; I.F. Fikhman, The corn dole in the 76 386 Cristina Soraci a Roma vennero riprese, anche se per poco: l’anno successivo la provincia si ribellerà nuovamente, secondo il racconto dell’Historia Augsuta che i più propendono per ritenere inventato, sotto la guida di Firmo, un commerciante greco di Seleucia stabilitosi ad Alessandria, il quale, interessato alle relazioni d’affari con Palmira (iste Zenobiae amicus et socius), avrebbe incitato gli Alessandrini alla rivolta, bloccando nuovamente gli invii frumentari: canon Aegypti, qui suspensus per latronem improbum fuerat…78. Alla fine dell’estate del 273 l’Egitto era stato nuovamente sottomesso; a qualsiasi cittadino romano doveva cities of Roman Egypt (P. Oxy. XL), in VDI, 134, 1975, 60-70; Kloft, Das Problem der Getreideversorgung, cit., 137-154; J.M. Carrié, Archives municipales et distributions alimentaires dans l’Égypte romaine, in La memoire perdue, cit., 271-295. Circa la compresenza di Aureliano e Vaballato nella propaganda ufficiale palmirena si vedano anche le emissioni monetali di Antiochia ed Alessandria: H. Seyrig, Vhabalathus Augustus, in Mélanges offerts à K. Michalowski, Warszawa 1966, 659-662; V. Picozzi, Le monete di Vaballato, in Numismatica, n.s. 2, 1961, 123-128; R.A.G. Carson, Antoniniani of Zenobia, in NAC, 7, 1978, 221-228; C. Gallazzi, La titolatura di Vaballato come riflesso della politica di Palmira, in NAC, 4, 1975, 249265; J. Lafaurie, A propos d’un antoninianus de Zénobie, in BSFN, 34, 1979, 471-474. 78 Zos. 1.61.1. Sul personaggio di Firmo vd. invece Hist. Aug. quatt. tyr. 3.1; circa l’interruzione degli invii frumentari a Roma cfr. ibid. 5.4. Si vd. Homo, Essai, cit., 112-113; O. Seeck, s.v. Firmus (6), in RE, VI, 1909, coll. 2382-2383; Schwartz, Les Palmyréniens et l’Egypte, cit., 78-80 (secondo cui la distruzione del Bruchium, tramandata dai cronografi, avrà comportato quella dei depositi di grano ivi conservati); Id., La place de l’Égypte dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1975/1976, Bonn 1978, 179; Bivona, Questioni aurelianee, cit., 17-18; Stonemann, Palmyra, cit., 178-179; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 114-116; A. Forzoni, La moneta nella storia, vol. III: Dai Severi a Costantino il Grande, Roma 1995, 197-198; Watson, Aurelian, cit., 82-83. Per un dettagliato riesa- Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 387 risultare evidente il significato della riconquista: l’onore di Roma era salvo, e il rifornimento alimentare veniva nuovamente assicurato: un papiro del 274, ritrovato ad Ision Tryphonos, un villaggio del nomo ossirinchita, attesta appunto le normali procedure di esazione del frumento osservate nei granai dai dekavprwtoi, funzionari incaricati della riscossione79. Appare, quindi, significativo che al ritorno dalla spedizione in Oriente, in occasione del suo trionfo (274 d.C.), Aureliano abbia voluto celebrare questa particolare vittoria con l’introduzione delle distribuzioni di pane. Non meno degno di interesse per comprendere l’importanza della riannessione dell’Egitto a Roma appare, del resto, il fatto che l’imperatore avesse imposto a questa provincia la prestazione di prodotti diversi dal grano, quali il vetro, la carta, il lino, la stoppa ed altri, genericamente definiti anabolicae species, aggravando ulteriormente la me del problema e in merito all’ipotesi che l’intero racconto della ribellione egiziana sia stato inventato, cfr. G. Marasco, Un ‘lapsus’ nella ‘Historia Augusta’ e la biografia di Firmo, in RhM, 140, 3-4, 1997, 400-411, ove bibliografia. Estiot, Ripostiglio della Venèra, cit., 131 n. 47, 100 e 137 n. 229 ritiene che solo il personaggio di Firmus sia stato inventato. 79 SB 14.12111, per cui vd. H.C. Youtie, P. Mich. Inv. 269: Oxyrhynchite dekaprotos receipts, in ZPE, 27, 1977, 139-140 (cfr. anche D. Hagedorn, Nochmals P. Mich. inv. 269, ibid., 100). Sulla data di introduzione dei dekaprotoi in Egitto cfr. Thomas, The introduction of dekaprotoi, 111-119, in partic. 112, che propende per gli anni tra il 242 e il 246. Essi termineranno di espletare le loro funzioni (peraltro liturgiche sin dalla creazione della carica) nel 302 d.C.: cfr. Z. Aly, Sitologia in Roman Egypt, in JJP, 4, 1950, 304-307; J.D. Thomas, The introduction of dekaprotoi and comarchs into Egypt in the third century A.D., in ZPE, 19, 1975, 60-68; R.S. Bagnall - J.D. Thomas, 388 Cristina Soraci situazione finanziaria del paese80. Pare, comunque, che solo i lavori messi in atto da Probo nella regione del Nilo riuscirono a far aumentare il quantitativo di frumento dovuto a Dekaprotoi and epigraphai, in BASP, 15, 1978, 185-189. Si vd. anche N. Lewis, The compulsory public services of Roman Egypt, (Papyrologica florentina, XI), Firenze 1982, 21. Sulle mansioni dei dekaprotoi si vd. A. Calderini, QHSAUROI. Ricerche di topografia e di storia della pubblica amministrazione nell’Egitto greco-romano, Milano 1924, 99 e S. Le R. Wallace, Taxation in Egypt from Augustus to Diocletian, Princeton 1938, 37. 80 Hist. Aug. Aurelian. 45.1: Vectigal ex Aegypto urbi Romae Aurelianus vitri, chartae, lini, stuppae, atque anabolicas species aeternas constituit. Si vd. Groag, s.v. Domitius (36), in RE, V1, 1903, col. 1391 e 1397 (secondo cui le anabolicae species sarebbero le spezie, “Specereiwaren”); S. Mazzarino, Trattato di storia romana, vol. II: L’impero romano, 19622, 375 e 379; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 116-117 e 166. Mentre Forzoni, La moneta nella storia, cit., 198 ritiene che il binomio anabolicae species si riferisca a merci da esportazione in genere, altri studiosi reputano più probabile che si trattasse dell’esazione di tessuti di lino (o del corrispettivo in denaro) verosimilmente destinati all’uso militare; Aureliano avrebbe, inoltre, sottoposto a modifiche un’imposta già esistente e non introdotto una nuova tassa: M. Rostovzev, Storia economica e sociale dell’impero romano, trad. it., Firenze 1926, 199-200 n. 31, 503-504 n. 57 e 536 n. 39; S.L. Wallace, Taxation in Egypt from Augustus to Diocletian, Princeton 1938, 214219 (il quale precisa, tuttavia, che Aureliano richiese all’Egitto prodotti di valore che però il paese produceva in abbondanza, invece di articoli maggiormente necessari alla popolazione romana); A. D’Ors, P. Ryl. 654 y el «anabolicum», in Studi in onore di U.E. Paoli, Firenze 1955, 259-267; R. Mac Mullen, The anabolicae species, in Aegyptus, 38, 1958, 184-198 (secondo cui anche la lana sarebbe stata percepita a titolo di anabolicum); A.J. Sheridan, The anabolikon, in ZPE, 124, 1999, 211-217; N. Gonis, P. Wash. Univ. II 93: a receipt for anabolikon, in ZPE, 132, 2000, 196. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 389 titolo di imposta ([sc. Probus] in Nilo autem tam multa fecit ut vectigal frumentarium solus adiuverit)81. Distribuzioni di altri generi alimentari Alle distribuzioni di pane, in realtà, Aureliano affiancò quelle di altri generi alimentari, quali l’olio, la carne di maiale, il sale e il vino, che, insieme al pane, costituivano la base dell’alimentazione del popolo romano. Purtroppo non siamo in grado di stabilire quando furono introdotte. Il primo imperatore ad effettuare distribuzioni giornaliere e gratuite di olio fu Settimio Severo, che alla sua morte lasciò un quantitativo d’olio sufficiente per cinque anni col quale si poterono coprire non solo i bisogni della città di Roma, ma anche quelli di buona parte dell’Italia; sotto Elagabalo, secondo l’Historia Augusta, le distribuzioni furono ridotte ad opera degli uomini malvagi che da lui vennero nominati prefetti dell’annona; reintrodotte integralmente da Alessandro Severo, nel corso del III sec. d.C. divennero irregolari, o forse furono addirittura interrotte. Aureliano, quindi, non fece altro che ripristinare una misura già messa in atto dai suoi predecessori. In termini di costi, queste distribuzioni non gravavano sullo stato romano perché l’olio era fornito gratuitamente dalla città di Leptis, che ne aveva voluto fare un dono al suo concittadino Settimio Severo, divenuto imperatore; il dono divenne però un munus con i suoi successori82. Hist. Aug. Prob. 9.3. Cfr. Homo, Essai, cit., 177 n. 4; Schwartz, L’empereur Probus, cit., 381-386 non ritiene degna di fede la notizia; vd. anche Id., La place de l’Égypte, cit., 179 e 181 n. 30; Id., Reminiscences virgiliennes, cit., 331. 82 Sulle distribuzioni di olio introdotte da Settimio Severo si vd. Hist. Aug. Sept. Sev. 18.3 e 23.2 (sull’olio fornito gratuitamente da 81 390 Cristina Soraci Le distribuzioni gratuite di carne porcina furono invece introdotte per la prima volta con cadenza regolare proprio da Aureliano83. Prima di lui, Severo Alessandro le Leptis cfr. Aur. Vict. Caes. 41.19-20); in merito a quelle di Elagabalo e Alessandro Severo cfr. Alex. 22.2: oleum, quod Severus populo dederat quodque Heliogabalus inminuerat turpissimis hominibus praefecturam annonae tribuendo, integrum restituit; tra i turpissimi homines che Elagabalo avrebbe nominato prefetti dell’annona ci sarà stato il barbiere Claudius di cui ci parla l’Hist. Aug. Heliog. 12.1 (si vedano però le interessanti osservazioni di A. Chastagnol, Étude sur la Vita Cari, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1979/81, 99-113 e in partic. 102). Cfr. Hönn, Quellenuntersuchungen, cit., 129; Groag, s.v. Domitius (36), in RE, cit., col. 1397; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 279-280; Van Berchem, Les distributions, cit., 98; Raffo, Distribuzioni, cit., 253-254; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme, cit., 104-105; Chastagnol, Préfecture, cit., 321-322; Szilágyi, Prices and wages, cit., 357; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 188-201; Pflaum, Les amours des empereurs, cit., 164; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 236; De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON, cit., 136-137; J. Ma Blazquez, La Historia Augusta e Hispania: algunos aspectos a la luz de la arqueología, in Historiae Augustae Colloquium Barcinonense 1993, vol. IV, Bari 1996, 83-97; Lo Cascio, Le procedure, cit., 38-47; F. Chausson, Severus, XVII, 5 - XIX, 4: une identification?, in Historiae Augustae Colloquium Bonnense 1994, vol. V, Bari 1997, 106 e n. 11; Garnsey, Cities, cit., 241; Lo Cascio, Collegi, cit., 107; M. Christol, L’huile du prince: évergétisme impérial et administration annonaire au IIe siècle après J.-C., in Histoire, espaces et marges de l’antiquité, 1, Hommages à Monique Clavel-Lévêque, Besançon 2003, 209-226. Sulle distribuzioni di olio di Aureliano: Chronogr. a. 354 p. 148 e Hist. Aug. Aurelian. 48.1-4. Su tutte queste fonti cfr. Homo, Essai, cit., 179; Coarelli, La situazione edilizia, cit., 453 n. 122; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Watson, Aurelian, cit., 139-140. Già Scipione (Liv. 25.2.8) e Cesare effettuarono occasionalmente distribuzioni di olio (Suet. Iul. 38.2; Dio 43.21.3), come del resto Agrippa elargì gratuitamente olio e sale (Dio 49.43.2) e Antonino Pio vino, olio e frumento in occasione di una carestia (Hist. Aug. Pius 8.11); si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 279. 83 Si vd. Hist. Aug. Aurelian. 35.2 (nam idem Aurelianus et porcinam carnem populo romano distribuit, quae hodieque dividit) e 48.1; Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 391 avrebbe effettuate solo saltuariamente: l’espressione generica utilizzata dall’Historia Augusta non doveva però necessariamente significare che si distribuisse carne suina, sebbene questa fosse la più ricercata secondo le abitudini alimentari dei Romani. Sappiamo invece che lo stesso imperatore provocò il ribasso dei prezzi della carne bovina e suina, dietro richiesta del popolo, vietando l’uccisione di scrofe, porcellini, mucche e vitelli in modo da immettere sul mercato, nel giro di un anno o due, un’offerta di carne tale da giustificare una consistente riduzione dei prezzi (cum vilitatem populus Romanus ab eo peteret, interrogavit per curionem quam speciem caram putarent. Illi continuo exclamaverunt carnem bubulam atque porcinam. Tunc ille non quidem vilitatem proposuit sed iussit, ne quis suminatam occideret, ne quis lactantem, ne quis vaccam, ne quis damalionem, tantumque intra biennium vel prope annum porcinae carnis fuit et bubulae, ut, cum fuisset octo minutulis libra, ad duos unumque utriusque carnis libra redigeretur)84. Aur. Vict. Caes. 35.7 e Ps. Aur. Vict. epit. 35.6. Cfr. G. Krakauer, Das Verpflegungswesen der Stadt Rom in der späteren Kaiserzeit, Berlin 1874, 7 e 46; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280; Raffo, Distribuzioni, cit., 254; A.H.M. Jones, The later Roman empire 284602. A social economic and administrative survey, I-III, Oxford 1964 (d’ora in avanti LRE), 702-704; J. Schwartz, À propos des données chronographiques de l’Histoire Auguste, in Bonner HA Colloquia 1964/65, Bonn 1966, 204-205; Chastagnol, Préfecture, cit., 58-59 e 325-330; Neri, L’alimentazione povera, cit., 252; Coarelli, Situazione edilizia, cit., 453 n. 122; A. Giardina, Le distribuzioni alimentari per la plebe romana in età imperiale, in L’alimentazione nel mondo antico, cit., 18; B. Sirks, Food for Rome. The legal structures of the transportation and processing of supplies for the imperial distributions in Rome and Costantinople, Amsterdam 1991, 308 n. 9; Id., The size of the grain distributions, cit., 224-225; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Watson, Aurelian, cit., 140. 84 In merito alle distribuzioni di carne effettuate da Alessandro Severo, cfr. Hist. Aug. Alex. 26.1: carnem populo addidit (cfr. Nind 392 Cristina Soraci All’età severiana si fanno peraltro risalire l’assetto finale del Boarium, il foro riservato alla carne bovina, e l’attivazione del Suarium, secondo alcuni dovuta a Caracalla, in cui era possibile acquistare la carne suina85: Hopkins, The life, cit., 156; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme, cit., 108); prima di lui, distribuzioni di carne (viscerationes) furono effettuate ad opera di privati (cfr. Cic. off. 2.16.55; Liv. 8.22.2, 39.46.2 e 41.28.11; Sen. ep. 8.73.8), tra i quali lo stesso Cesare dopo un suo trionfo: Suet. Caes. 38.4. Circa le preferenze dei Romani per la carne suina si vd. J. André, L’alimentation et la cuisine à Rome, Paris 1961, 137-151; Pucci, I consumi alimentari, cit., 374; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Garnsey, Cities, cit., 243. Sul provvedimento volto ad abbassare il prezzo della carne bovina e suina, cfr. Hist. Aug. Alex. 22.7, per cui vd. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme, cit., 100 e 104; Szilágyi, Prices and wages, cit., 342-345; Mrozek, Prix et rémunération, cit., 21-22; Neri, L’alimentazione povera, cit., 251-254. 85 Soprintendente al Forum Suarium e, in generale, deputato al controllo del mercato della carne, era il praefectus urbi; si vd. D. 1.12.1.11: Cura carnis omnis ut iusto pretio praebeatur ad curam praefecturae pertinet, et ideo et forum suarium sub ipsius cura est. Sed et ceterorum pecorum sive armentorum quae ad huiusmodi praebitionem spectant ad ipsius curam pertinent. Cfr. J.-P. Waltzing, Étude historique sur les corporations professionnelles chez les Romains depuis les origines jusqu’à la chute de l’Empire d’Occident, Tome II, Louvain 1895, 24 n. 5, 89 n. 5, 381 n. 1; G. Baviera, Concetto e limiti dell’influenza del Cristianesimo sul diritto romano, in Mélanges P.F. Girard, vol. I, Paris 1912, 94; B. Lapiki, Les esclaves et les prolétaires romains et leurs conceptions juridiques, in Studi in onore di V. Arangio-Ruiz nel XLV anno del suo insegnamento, I, Napoli 1953, 269 n. 57; F.M. De Robertis, Il diritto associativo romano. Dai collegi della repubblica alle corporazioni del basso impero, Bari 1938, 455 n. 114; Id., Storia delle corporazioni e del regime associativo nel mondo romano, vol. II, Bari 1972, 180 n. 118; A. Dell’Oro, I ‘libri de officio’ nella giurisprudenza romana, Milano 1960, 246-247; Chastagnol, Préfecture, cit., 5455; Id., Spuren der Wirtschaftskrise der Kaiserzeit in den römischen Rechtsquellen, Bonn 1983, 48 e n. 85, 51 n. 92; M. Sargenti, Le strut- Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 393 ciò, unitamente all’arco di trionfo eretto nel 204 d.C. nel Foro Boario dagli argentarii et negotiantes boari in onore di Settimio Severo, Caracalla, Geta (il cui nome venne in seguito eraso per la damnatio memoriae), Iulia Domna e Fulvia Plautilla, moglie di Caracalla (anch’essa condannata alla damnatio memoriae), costituisce un chiaro segno della progressiva attenzione adesso riservata dagli imperatori al commercio e al consumo della carne86. Anche la dedica posta da alcuni actores de Foro Suario al Sol ture amministrative dell’Impero da Diocleziano a Costantino, in AARC, II, Perugia 1976, 230; A. Palma, Le ‘curae’ pubbliche. Studi sulle strutture amministrative romane, Napoli 1980, 23; G. Crifò, CTh. 16.2.2 e l’esenzione dei chierici dalla tutela, in AARC, IV, Perugia 1981, 720 n. 37; F. Fabbrini, L’impero di Augusto come ordinamento sovrannazionale, Milano 1974, 281; D. Vera, Commento storico alle ‘Relationes’ di Quinto Aurelio Simmaco, Pisa 1981, 117; M. Sargenti, Studi sul diritto del tardo impero, Padova 1986, 142; P. Herz, Studien zur römischen Wirtschaftsgesetzgebung. Die Lebensmittelversorgung, Stuttgart 1988, 164, 171 n. 108, 277-278 e n. 70a; A. Sicari, Prostituzione e tutela giuridica della schiava. Un problema di politica legislativa nell’impero romano, Bari 1991, 145 e ss.; J.M. Frayn, Markets and fairs in Roman Italy: their social and economic importance from the second century BC to the third century AD, Oxford 1993, 148 n. 7. 86 CIL 6.1035= ILS 426, su cui vd. Waltzing, Étude historique, cit., 95 n. 4; J. Hasebroek, Untersuchungen zur Geschichte des Kaisers Septimius Severus, Heidelberg 1921, 136; L. Schnorr von Carolsfeld, Geschichte der juristischen Person, I: Universitas, corpus, collegium im klassischen römischen Recht, München 1933, 286; A. Degrassi, Epigrafia romana, I, Roma (1937-46), in Scritti vari di antichità, Roma 1962, 315-413, in partic. 352-353 (già in Doxa, 2, 1949, 47-135); L. Homo, Rome impériale et l’urbanisme dans l’antiquité, Paris 1951, 536; J. Andreau, Les affaires de monsieur Jucundus, Rome 1974, 76; L. Cracco Ruggini, Collegium e corpus: la politica economica nella legislazione e nella prassi, in Istituzioni giuridiche e realtà politiche nel tardo impero (III-V sec. d.C.). Atti di un incontro tra storici e giuristi (Firenze, 2-4 maggio 1976), Milano 1976, 77 n. 39; L. Japella 394 Cristina Soraci Invictus Mithrae e al suo sodalicium, datata tra la fine del II e gli inizi del III sec. d.C., sarà verosimilmente da mettere in relazione con i provvedimenti presi dagli esponenti della dinastia severiana per favorire il mercato della carne e le corporazioni professionali ad esso deputate; ritengo, in particolare, possibile un’attribuzione della stessa agli anni di Elagabalo, strenuo fautore del culto solare87. Significativo appare comunque il fatto che, anche in questo Contardi, Propaganda imperiale e protezionismo commerciale nelle iscrizioni dei ‘collegia’ professionali di Roma e di Ostia da Augusto ad Aureliano, Torino 1980, 51 e n. 104 pp. 115-116; J. Andreau, La vie financière dans le monde romain: les métiers de manieurs d’argent (IVe siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.), Rome 1987, 110-111, 122-126 e passim; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 35; Sirks, Food, cit., 365 e n. 21; G. Dareggi, Quali ‘argentarii’ al Foro Boario?, in AARC, XII, Napoli 1998, 211-222, con ricca bibliografia alla n. 1. L’istituzione del Suarium è attribuita a Caracalla da Mazzarino, Trattato, cit., 293 n. 1 e genericamente all’età severiana da L. Chioffi, ‘Caro’: il mercato della carne nell’Occidente romano. Riflessi epigrafici ed iconografici, Roma 1999, 130; R. Muth, Forum suarium, in MH, 2, 1945, 227-236, sulla base di un attento spoglio delle fonti, ipotizza che le distribuzioni di carne suina, attestate con certezza nell’epoca di Aureliano, siano state effettuate già al tempo di Caracalla proprio nel Suarium. 87 CIL 6.3728, su cui vd. Muth, Forum suarium, cit., 229; Andreau, La vie financière, cit., 130 e n. 179; J.J. Aubert, Business managers in ancient Rome. A social and economic study of «Institores», 200 B.C. - A.D. 250, Leiden - New York - Köln 1994, 187 n. 246 e 464; Chioffi, ‘Caro’, cit., 41-43. Sul culto solare di Elagabalo cfr. G. Halsberghe, Sol invictus Elagabal tegenover Sol Indiges en Sol Invictus Mithra, in Philologische Studien, 10, 1939-1940, 29-41; L. Cerfaux-J. Tondriau, Un concurrent du christianisme. Le culte des souverains dans la civilisation gréco-romaine, Tournai 1957, 370-372; T. Optendrenk, Die Religionspolitik des Kaisers Elagabal im Spiegel der Historia Augusta, Bonn 1968; R. Turcan, Héliogabale et le sacre du Soleil, Paris 1985; M. Pietrzykowski, Die Religionspolitik des Kaisers Elagabal, in ANRW, II, 16, 3, Berlin- New York 1986, 1806- Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 395 caso, Aureliano abbia ispirato il suo agire politico a quello degli esponenti della dinastia severiana. La richiesta di carne da distribuire al popolo dovette comportare notevoli cambiamenti nella struttura amministrativa statale. L’accresciuto interesse degli imperatori nei confronti di quelle organizzazioni a carattere religiosoprofessionale che potessero essere maggiormente utili all’annona si tradusse in agevolazioni ed esenzioni volte ad incentivare la collaborazione delle suddette associazioni: “I commercianti, ancora in regime di libero mercato, trovarono lucroso accettare le commesse statali in un momento di particolare crisi economica con conseguente svalutazione della moneta; il governo, dal canto suo, si assicurava un margine di stabilità e di sicurezza, potendo tranquillizzarsi sui rifornimenti”88. Le distribuzioni di carne porcina furono già dagli stessi autori antichi connesse con il desiderio di ingraziarsi il 1825. Si vd. anche L. Cracco Ruggini, Elagabalo, Costantino e i culti «siriaci» nella Historia Augusta, in Historiae Augustae Colloquium Parisinum, a cura di G. Bonamente - N. Duval, Macerata 1991, 123146. Da ultimo, cfr. R. Soraci, “Dies Solis” e “Dies Domini”, in QC, n.s. 3, 2004, in partic. 24-25, ove ulteriore bibliografia. 88 Chioffi, ‘Caro’, cit., 127-128; cfr. anche L. Cracco Ruggini, Le associazioni professionali nel mondo romano-bizantino, in Artigianato e tecnica nella società dell’alto medioevo occidentale. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, XVIII, (2-8 aprile 1970), I, Spoleto 1971, 84-86. Sull’esenzione dalla tutela concessa a qui in foro suario negotiantur cfr. Ulp. Vat. fr. 236; Paul. Vat. fr. 237; si vd. Japella Contardi, Propaganda imperiale, cit., 50-51; G. Luraschi, Il ‘praemium’ nell’esperienza giuridica romana, in Studi in onore di A. Biscardi, IV, Milano 1983, 258 n. 68; M. De Filippi, Il titolo ‘de excusatione’ dai ‘Vaticana Fragmenta’, in Sodalitas, cit., vol. 3, 1163-1165; Robinson, Ancient Rome, cit., 156 n. 92; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 166; cfr. anche Lo Cascio, Collegi, cit., 89-90. 396 Cristina Soraci favore del popolo e rendere ancora più salda quella dipendenza dal princeps che era stata inaugurata al tempo di Augusto (usus porcinae carnis, quo plebi Romanae affatim cederet, prudenter munificeque prospectavit)89. In merito alle distribuzioni di sale effettuate da Aureliano, l’unica notizia a noi pervenuta è fornita dal Cronografo del 354 d.C., dove sono menzionate accanto a quelle di pane e olio: panem oleum et sal populo iussit dari gratuite. Homo, seguito da Watson, pensa che siano state effettuate regolarmente, e ciò potrebbe giustificare l’accostamento a quelle del pane e dell’olio, ma il silenzio delle altre fonti, specie di Hist. Aug. Aurelian. 48.1, dovrebbe indurre, a mio avviso, ad una maggiore cautela. In precedenza, sembra che siano state effettuate distribuzioni di sale gratuite e occasionali da Anco Marcio e da Agrippa90. Il vino fu invece venduto a prezzo ridotto, sebbene in un primo momento Aureliano avesse pensato di distribuire anche questo gratuitamente: pare che l’imperatore avesse desistito dal mettere in atto il suo proposito perché sconsigliato dal suo prefetto al pretorio o, forse, dal suo buon senso. Secondo Homo, l’imperatore avrebbe avuto comunque l’intenzione di rendere gratuite successivamente anche Aur. Vict. Caes. 35.7. Cfr. Homo, Essai, cit., 176-177. Chronogr. a. 354 p. 148 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX, 1892). Si vd. Homo, Essai, cit., 179; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Watson, Aurelian, cit., 140. Sulle distribuzioni effettuate da Anco Marcio, si vd. Plin. nat. 31.41.89; su quelle di Agrippa cfr. Dio 49.43.2: kai;prosevti kai;e[laion kai;a{la~ pas̀i dievdwke. In merito alla vendita del sale (e del pesce) come mezzo di sostentamento per le classi più povere che vivevano in zone costiere cfr. P. Ørsted, Salt, fish and the sea in the Roman empire, in Meals in a social context, ed. by I. Nielsen-H. Sigismund Nielsen, Oxford 2001, 13-35. 91 Hist. Aug. Aurelian. 48.1-4: Statuerat et vinum gratuitum popu89 90 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 397 queste distribuzioni91. Ricordiamo, per contro, che alla richiesta di procurare vino a buon mercato Augusto aveva risposto in modo brusco, manifestando così implicitamente il suo disprezzo per la proposta. Ma a quel tempo l’imperatore doveva guardarsi dall’attentare ai benefici economici dell’aristocrazia romana, nelle cui mani era la maggior parte della produzione e dell’esportazione del vino, come quella della carne92. «… E onorò il popolo romano con il dono di pane» (Zos. 1.61.3) Le fonti su cui si basa la nostra conoscenza sulle distribuzioni di pane introdotte da Aureliano sono essenzialmente quattro: un accenno contenuto nel Cronografo del 354 d.C., un brano di Zosimo e due passi dell’Historia Augusta. Il Cronografo del 354 si limita a registrare, come vedemmo, che Aureliano panem oleum et sal populo iussit dari gratuite93. lo Romano dare, ut, quemadmodum oleum et panis et porcina gratuita praebentur, sic etiam vinum daretur, quod perpetuum hac dispositione conceperat… Sed multi dicunt Aurelianum ne id faceret praeventum, alii a praefecto praetorii suo prohibitum… Cfr. Homo, Essai, cit., 179180; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280; Raffo, Distribuzioni, cit., 254; Jones, LRE, cit., 704-705; Chastagnol, Préfecture, cit., 322325; J. Scarborough, Aurelian: questions and problems, in CJ, 68, 1972, 343; Giardina, Distribuzioni, cit., 18; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Forzoni, La moneta nella storia, cit., 212; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 52-53; A. Cascón, El humor en la Historia Augusta: características literarias y función crítica, in Historiae Augustae Colloquium Barcinonense 1993, vol. IV, cit., 161. 92 Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimentari, cit., 252-253. 93 Chronogr. a. 354 p. 148 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX, 1892). 398 Cristina Soraci Zosimo racconta che Aureliano, dopo essere partito per l’Oriente ed aver nuovamente inglobato nell’impero il regno di Palmira, entrò in trionfo a Roma; in tale occasione costruì il tempio del Sole e distribuì nuove monete; «in più, onorò il popolo romano con il dono di pane» (ejpi;touvtoi~ kai; a[rtwn dwrea/̀ to;n ∆Romaivwn ejtivmhsen dhm̀on); secondo la maggior parte degli studiosi, questa frase attesterebbe l’introduzione delle distribuzioni di pane da parte di Aureliano94. L’accenno di Zosimo troverebbe poi conferma in un passo dell’Historia Augusta di cui forniamo qui di seguito la traduzione: «Appare giusto non dimenticare ciò che la memoria del popolo conserva e la verità storica ha ripercorso, che Aureliano, nel tempo in cui partiva per l’Oriente, aveva promesso al popolo corone di due libbre, se fosse tornato vincitore, e, mentre il popolo sperava che fossero d’oro, Aureliano, sia che non potesse sia che non volesse, fece delle corone dei pani che ora sono chiamati siliginei95 e le diede ad ognuno singolarmente, cosicché ciascuno ogni giorno per tutta la sua vita ricevesse il suo siligineo e ne trasmettesse (il diritto) ai discendenti» (Hist. Aug. Aurelian. 35.1)96. Non solo, dunque, l’imperatore avrebbe elargito Zos. 1.61.3. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280281; W.H. Fisher, The Augustan ‘Vita Aureliani’, in JRS, 19, 1929, 133; Van Berchem, Les distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253; Rickman, Corn supply, cit., 187. 95 Il pane siligineo, fatto col grano tenero, era considerato il tipo di pane migliore; cfr. infra, 418-420. 96 Cfr. Homo, Essai, cit., 178-179; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280-281; Fisher, ‘Vita Aureliani’, cit., 133; Van Berchem, Les distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253; Chastagnol, Préfecture, cit., 312 n. 2; Szilágyi, Prices and wages, cit., 358; Rickman, Corn supply, cit., 187, 197 e 207; Coarelli, La situazio94 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 399 gratuitamente il pane ma anche, a differenza delle precedenti distribuzioni di grano, avrebbe esteso il diritto alla distribuzione gratuita anche ai discendenti dei cittadini romani. Tuttavia, un altro passo della stessa Historia Augusta farebbe piuttosto pensare che le distribuzioni di pane fossero state non introdotte ma semplicemente aumentate di peso da Aureliano97: «Ai pani della città di Roma aggiunse un’oncia, ricavata dalle rendite egiziane, come egli stesso si vanta in una lettera data al prefetto dell’annona della città: “Aureliano Augusto a Flavio Arabiano prefetto dell’annona. Tra le altre cose con le quali, grazie al favore degli dei, abbiamo beneficato lo stato, niente è per me più grandioso del fatto che con l’aggiunta di un’oncia ho accresciuto ogni genere di grano della città (omne annonarum urbicarum genus). Per rendere ciò perpetuo, ho arruolato nuovi armatori di navi sul Nilo in Egitto e sul Tevere a Roma, ho consolidato le rive di questo fiume, ho fatto scavare, in modo da renderlo più profondo, il letto del fiume stesso laddove l’acqua si ingrossava, ho fatto voti agli dei e alla dea Perennitas, ho effettuato la consacrazione all’alma Cerere. Adesso sta a te, ne edilizia, cit., 446 n. 83; Watson, Aurelian, cit., 139. Sull’uso del termine populus in riferimento alle distribuzioni alimentari nella vita di Aureliano, cfr. V. Neri, Il populus Romanus nell’Historia Augusta, in Historiae Augustae. Colloquium Maceratense. Atti dei Convegni sull’Historia Augusta, vol. III, a cura di G. Bonamente e G. Paci, Bari 1995, 226-227. 97 Cfr. Homo, Essai, cit., 177-178; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280-281; Fisher, ‘Vita Aureliani’, cit., 133, secondo cui questo passo è stato ricavato da una fonte sulla vita di Aureliano diversa e meno attendibile da quella utilizzata per Aurelian. 35.1; Van Berchem, Les distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253; Rickman, Corn supply, cit., 187; Coarelli, Situazione edilizia, cit., 453 n. 120. 400 Cristina Soraci carissimo Arabiano, far sì che le mie disposizioni non siano inutili. Non vi è, infatti, niente di più gradito del fatto che il popolo romano sia sazio”» (Hist. Aug. Aurelian. 47.14)98. Per spiegare la presunta incongruenza delle fonti, tre sono le ipotesi possibili. A) Secondo una di esse, Aureliano avrebbe introdotto per primo le distribuzioni di pane dopo un lungo periodo di sospensione delle frumentationes: il verbo ejtivmhsen utilizzato da Zosimo, lungi dal potersi riferire ad una semplice ripresa delle distribuzioni, con la sola modifica della forma del pane, sarebbe indicativo di quanto la decisione risultasse nuova e gradita al popolo; in un secondo momento, egli 98 Groag, s.v. Domitius (36), in RE, cit., col. 1937; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 166. Questa lettera, ritenuta dai più un falso (cfr. Homo, Essai, cit., 180 n. 3; Le Gall, Le Tibre, cit., 312-313; Watson, Aurelian, cit., 140), è considerata, secondo me non a torto, da G. Uggeri, Sul sarcofago di Flavio Arabiano prefetto dell’annona, in RPAA, 40, 1967-68, 113-122, valida nella ‘sostanza’. Alla dea Cerere viene attribuito l’appellativo di alma poiché, come spiega Serv. Aen. 1.306, alma lux dicta, quod alat universa, unde et alma Ceres, quod nos alat; vd. A.L. Prosdocimi, Sul nome del pane, della cena e di Cerere in latino; e su altro ancora, in Nel nome del pane: regimi, miti e pratiche dell’alimentazione nella civiltà del Mediterraneo. Atti del convegno (Bolzano, 3-6 giugno 1993), a cura di O. Longo- P. Scarpi, Bolzano 1995, 45-46; un’influenza virgiliana per l’uso dell’aggettivo postulava J. Schwartz, Reminiscences virgiliennes dans quelques vitae de l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1982/83, Bonn 1985, 332. Si vd. anche A.R. Birley, Religion in the Historia Augusta, in Historiae Augustae Colloquium Parisinum 1990, vol. I, Macerata 1991, 32. Sulla consacrazione a Cerere nei primi secoli della Repubblica cfr. B. Perrin, La consecration à Cérès, in Studi in memoria di Emilio Albertario, vol. II, Milano 1953, 385-385-417. La dea era considerata protettrice dell’annona: M. Marcos Celestino, La arcaica Ceres romana y su devenir histórico, in EHum, 22, 2000, 137160. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 401 avrebbe aumentato le razioni di un’oncia, provvedimento, quest’ultimo, molto diffuso nel mondo greco-romano dove, in seguito al variare del prezzo della farina, si modificava non il costo ma la dimensione delle pagnotte: con la riconquista dell’Egitto, e la conseguente disponibilità di cereali e di bottino che ne derivò, l’imperatore poteva permettersi di aumentare le dimensioni del pane. Tra Aurelian. 35.1 e ibid. 47.1-2 non ci sarebbe dunque alcuna contraddizione99. B) La seconda ipotesi considera le due notizie incompatibili e propende per considerare valida solo quella concernente l’aggiunta di un’oncia al peso del pane; l’introduzione dei donativi di pane sarebbe invece successiva, secondo Hirschfeld, all’epoca di Alessandro Severo, quando abbiamo ancora attestazioni dell’esistenza di frumentazioni; una compresenza dei due tipi di distribuzione, peraltro non testimoniata dalle fonti, andrebbe esclusa in considerazione degli alti costi di cui lo stato si sarebbe dovuto far carico100. A questo riguardo, tuttavia, non mi Si vd. Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253. La maggior parte degli studiosi accoglie come dato acquisito l’attribuzione ad Aureliano del provvedimento concernente le distribuzioni di pane: cfr. ad es. Besnier, L’empire romain, cit., 247-250; Perowne, The emperor Aurelian, cit., 389; Durliat, De la ville antique…, cit., 42 e 58 n. 57. Per l’ipotesi del peso del pane variabile in base alla situazione annonaria, si vd. C. Ampolo, Note minime di storia dell’alimentazione, in Opus, III, 1984, 115-120. 100 O. Hirschfeld, Die Getreideverwaltung in der römischen Kaiserzeit, in Philologus, 29, 1870, 20-21, seguito da: Marquardt, De l’organisation financière, cit., 149-150 e 170; Waltzing, Étude historique, cit., 20; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280-281 (che ritiene l’introduzione delle distribuzioni di pane successiva anche all’epoca di Massimino: cfr. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 23 e n. 33); e W. Ehlers, s.v. Pistor, in RE, 20, 1950, col. 1827. Genericamente nel corso del III secolo le collocava H.P. Kohns, Versorgungskrisen und Hungerrevolten im Spätantiken Rom, Bonn 1961, 17. Secondo 99 402 Cristina Soraci sembra inverosimile l’ipotesi formulata da Serafina Pennestri, la quale, nel chiedersi “se l’introduzione regolare del panis gradilis, nel corso del III secolo d.C., non sia stata preceduta da episodi sporadici e occasionali, inseriti magari entro un contesto ludico”, riteneva che “la distribuzione di pani speciali avrebbe potuto convivere con le frumentationes ordinarie in un’epoca precedente al III secolo, inserita in una sfera cultuale o ludica, nel corso dei ludi Romani o dei Cerialia”101. Altri studiosi hanno invece esplicitamente attribuito l’introduzione dei donativi di pane a Settimio o ad Alessandro Severo. Coarelli, secondo cui “Aureliano si limitò ad introdurre norme di età severiana”, giudica l’operazione perfettamente coerente con la politica urbana di Alessandro Severo, il quale, del resto, aveva ripristinato le riserve alimentari del popolo romano riempiendo a proprie spese i granai che Elagabalo aveva svuotato102. Lo studioso ipotizza che le opera mechanica istituite da Alessandro Severo a Roma cui accenna l’Historia Augusta103 fossero state le bilance monuKrakauer, Das Verpflegungswesen, cit., 43, seguito da M. Voigt, Die verschiedenen Sorten von Triticum, Weizen-Mehl und Brod bei den Römern, in Museum für Philologie, 31, 1876, 127, già dopo Adriano, dalla seconda metà del II sec. d.C. alla prima metà del III, si passò alle distribuzioni di pane del peso di 23 oncie, cui Aureliano avrebbe aggiunto in seguito un’ulteriore oncia, ottenendo il peso di due libbre; l’oggetto del dono era costituito tuttavia dal panis plebeius, di qualità inferiore, che Aureliano avrebbe sostituito con il siligineus. 101 Pennestri, Distribuzioni, cit., 313. Si vd. anche A. Giardina, Il pane nel circo. Su una scena dell’atrio termale di Filosofiana, in Opus, 2, 1983, 573-580. Watson, Aurelian, cit., 138 ipotizza distribuzioni di pane occasionali e non del tutto gratuite da parte di Settimio o Alessandro Severo. 102 Hist. Aug. Alex. 21.9, su cui vd. supra, 376 e n. 59. 103 Alex. 22.4: opera mechanica Romae plurima instituit. Cfr. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 403 mentali, le strutture portuali e i mulini ad acqua e che queste innovazioni, in particolare i mulini ad acqua, potessero essere connesse con l’introduzione delle distribuzioni di pane104. Infatti i mulini ad acqua avrebbero consentito “l’accentramento delle operazioni di macinazione, in precedenza disperse” e avrebbero ridotto il fabbisogno di personale, rappresentando così una soluzione ai problemi di carattere tecnico ed economico105. Ma di recente Bell, che concorda con Coarelli nel ritenere l’invenzione dei mulini ad acqua connessa con l’introduzione delle distribuzioni di pane, ha supposto che queste sarebbero state effettuate già al tempo di Settimio Severo, quando compare la figura del curator aquarum et Miniciae, alle cui dipendenze sarebbero stati posti, secondo lo studioso, i praefecti frumenti dandi. L’esigenza di unificare in una sola carica due funzioni prima distinte, l’amministrazione del curator aquarum e le frumentationes, sarebbe infatti stata dettata dalla decisione di usare l’acqua degli acquedotti per macinare il grano, operazione che avrebbe evidentemente richiesto il consenso e la cooperazione del curator aquarum. Lo studioso pensa così che a partire dalla comparsa della carica del curator aquarum et Miniciae, ossia al tempo di Settimio Severo, e fino all’epoca dei Gordiani o di Filippo l’Arabo, quando assistiamo alla scomparsa dei praefecti frumenti dandi, distribuzioni di pane e distribuzioni di grano sarebbero coesistite106. anche Cracco Ruggini, Le associazioni professionali, cit., 110-111; Lo Cascio, Collegi, cit., 108. 104 È quanto ipotizza anche Durliat, De la ville antique…, cit., 4243 n. 9 e 69 n. 92. Cfr. De Martino, Storia economica, vol. II, cit., 509510 e n. 19. 105 Coarelli, Situazione edilizia, cit., 445-456. 106 M. Bell, An imperial flour mill on the Janiculum, in Le ravitaillement en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la république jusqu’au haut empire, Actes du colloque international organisé 404 Cristina Soraci C) Infine, secondo la terza ipotesi, i due passi dell’Historia Augusta conterrebbero riferimenti a due misure diverse: l’uno alle distribuzioni gratuite (Aurelian. 35.1) introdotte proprio da Aureliano, l’altro (Aurelian. 47.1-2) alla vendita del pane, visto che l’aggiunta di un’oncia viene riferita a omne annonarum urbicarum genus: “L’administration de l’Annone, qui vendait le blé aux boulangers, leur en fournit, à titre gratuit, une quantité suffisante pour augmenter d’une once tous les pains mis dans le commerce. Le prix de vente devait, naturellement, rester le même”107. In definitiva, il provvedimento, degno di menzione nelle fonti, con cui Aureliano avrebbe onorato (ejtivmhsen) il popolo di Roma potrebbe essere stato: a) la distribuzione di siliginei al posto di altri tipi di pane, di qualità più scadente, precedentemente donati alla plebe; b) l’ereditarietà del diritto al pane gratuito; c) l’aggiunta di un’oncia (probabilmente riferita però a tutti i tipi di pane, anche a quelli venduti sul mercato); d) l’aver, dopo un lungo periodo di sospensione delle frumentazioni, reintrodotto questo privi- par le Centre Jean Bérard et l’URA 994 du CNRS (Naples, 14-16 Février 1991), Naples-Rome 1994, 84-87. Cfr. anche Id., Mulini ad acqua sul Gianicolo, in ALaz, 11, 1993, 65-72; Lo Cascio, Collegi, cit., 107-109 e n. 95, secondo cui, tuttavia, l’introduzione delle distribuzioni di pane non sarebbe da attribuire per questo ad Alessandro Severo. 107 Cfr. Homo, Essai, cit., 176-179; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 164-165; Watson, Aurelian, cit., 139. In altre parole, si farebbe qui riferimento alla ben nota differenza tra panis gradilis e panis fiscalis, (su cui vd. il commento di Carrié, Les distributions, cit., 1037-1047; Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 233; Pucci, I consumi alimentari, cit., 380), messa ora in dubbio da Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 341-356; in questo contributo (a p. 356 e n. 172), lo stesso studioso ha comunque avanzato un’ipotesi suggestiva: che Aureliano, la cui attenzione nei confronti della città di Ostia è altrimenti nota, avesse anche “istituito il beneficio del pane da vendersi a prezzo politico, che prese il nome di panis Ostiensis”. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 405 legio della città di Roma ma sotto forma di pane. È evidente che, in mancanza di notizie più precise, il problema è destinato a rimanere irrisolto. Ciò, tuttavia, non esime dal formulare qualche considerazione. Anche a non voler tener conto dell’ipotesi di Wikander, che l’attribuiva ad Aureliano, la costruzione del mulino ad acqua ritrovato sul Gianicolo risale al III sec. d.C. Se è vero che tale arco cronologico appare troppo ampio per poter stabilire l’esatta paternità della costruzione, il mulino presente nei bagni di Caracalla è però databile con buona probabilità, perché quasi certamente coevo alla struttura degli stessi bagni, inaugurati nel 216 d.C. e arricchiti di nuove costruzioni tra il 218 e il 235; secondo Schiøler e Wikander, esso sarebbe stato creato per rifornire di farina un pistrinum situato nelle vicinanze, che avrebbe avuto il compito di sfornare pane per i circa 1600 visitatori della struttura108. Non siamo in grado di stabilire a quale scopo fosse realmente usata la farina prodotta, se per la preparazione di pani da consumare nei bagni o da distribuire in città, ma rimane il fatto che l’innovazione vada datata in epoca severiana. Che la spinta alla costruzione e all’utilizzo dei mulini ad acqua sia stata dettata dalla penuria di Ö. Wikander, Water-mills in ancient Rome, in ORom, 12, 1979, 21-24; T. Schiøler - Ö. Wikander, A Roman water-mill in the Baths of Caracalla, in ORom, 14, 1983, 47-64 (in partic. 62-63); Bell, An imperial flour mill, cit., 85. Occorre, comunque, ricordare che i mulini ad acqua e le mole conobbero un utilizzo parallelo almeno fino alla fine del IV secolo (vd. Chastagnol, Prefecture, cit., 311; E. Tengström, Bread for people. Studies of the corn-supply of Rome during the late empire, Stockholm 1974, 76-77; Wikander, Water-mills, cit., 23; M. Donner, La macina per cereali nel Veneto di età romana, in Nel nome del pane, cit., 402-404), e che i primi soppiantarono i secondi forse solo a partire dal VI sec. (Jones, LRE, cit., 699). 108 406 Cristina Soraci manodopera verificatasi sotto Marco Aurelio e Commodo a causa delle guerre e delle pestilenze, rimane solo un’ipotesi, anche perché nella Roma dell’epoca dovevano essere maggiormente diffuse le mole azionate da animali; certo è, invece, l’interesse dimostrato dai Severi per la produzione di ingenti quantitativi di farina col minore spreco possibile di energie109. Non appare, quindi, illogico pensare ad un progressivo e graduale slittamento verso le distribuzioni di pane operato in epoca severiana o anche successivamente, attraverso la costruzione di mulini ad acqua dislocati su tutto il territorio urbano (dei quali i due a noi noti non sono che un esempio), la moltiplicazione dei granai pubblici effettuata da Severo Alessandro (horrea in omnibus regionibus publica fecit), le agevolazioni concesse ai panificatori110. Il processo sarebbe stato in ogni caso completato da Aureliano, che sostituì definitivamente le distribuzioni di frumento (possibilmente da lungo tempo interrotte) con quelle di pane. Del resto, abbiamo già visto come l’imperatore avrebbe ispirato buona parte del suo agire politico a quello Cfr. M. Bloch, Avènement et conquêtes du moulin à eau, in Annales d’histoire économique et sociale, 7, 1935, 545 e 547, secondo cui, tuttavia, la diminuzione del numero di abitanti e di manodopera servile a causa dell’introduzione dei mulini ad acqua si sarebbe verificata nel IV sec. d.C. Sulla crisi di manodopera nell’epoca di Marco Aurelio e Commodo, cfr. S. Mazzarino, Osservazioni sull’età di Commodo e dei Severi, in Annuario dell’Ist. Univ. di Magistero, 11, 1957-58, in partic. 46-47. Cfr. anche Moritz, Grain-mills, cit., 137 e 143, che ipotizza, tra l’altro, una diffusione dei mulini ad acqua tra la seconda metà del II sec. e il III sec. d.C. 110 Sulla moltiplicazione dei granai pubblici all’epoca di Alessandro Severo, cfr. Hist. Aug. Alex. 39.3, su cui vd. Bell, An imperial flour mill, cit., 84 n. 42; Lo Cascio, Collegi, cit., 108. Sulle agevolazioni concesse ai panificatori vd. infra, 429-430. 111 Cfr. supra, 389-397 . Se, del resto, fosse corretta la datazione agli anni 275-300 d.C. proposta da Schiøler - Wikander, A Roman water-mill, 109 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 407 degli esponenti della dinastia severiana111. Non occorre, tuttavia, necessariamente pensare che i Severi avessero introdotto occasionalmente distribuzioni gratuite in favore della plebs frumentaria: l’interesse da loro dimostrato nei confronti della panificazione mi farebbe piuttosto pensare ad una presa di coscienza sempre più viva dell’importanza di produrre pane a prezzo ridotto, necessario per tutta la popolazione di Roma come anche per l’esercito. Indimostrabile, infine, anche se affascinante, appare l’ipotesi di Lo Cascio secondo cui a partire da Alessandro Severo e fino all’epoca di Filippo l’Arabo sarebbe stato distribuito non più il grano, non ancora il pane, bensì la farina macinata nei mulini ad acqua di recente creazione112. «Neque enim populo Romano saturo quicquam potest esse laetius» (Hist. Aug. Aurelian. 47.4) “Nonostante la crisi, anzi proprio per la crisi, i privilegii della città di Roma aumentarono”. Così Mazzarino spiegava la politica evergetica dell’età severiana, riferendosi in cit., 63 per la ricostruzione dei bagni di Caracalla, si potrebbe anche ipotizzare che essa sia stata promossa da Aureliano per incrementare la quantità di farina destinata alla produzione del pane. 112 Lo Cascio, Collegi, cit., 109 n. 95. 113 Mazzarino, Trattato, cit., 284; cfr. anche Id., Aspetti sociali del IV secolo. Ricerche di storia tardo-romana, Milano 2002 (rist. ed. 1951), 180-181: “non dunque in un nuovo modo di esazione, sì in una maggior misura di privilegi, è certamente consistita la novità del sistema tardo-imperiale, il quale, anche in questo caso, dovrà farsi cominciare dai suoi precedenti nel terzo secolo”. Per un commento all’espressione di Hist. Aug. Aurelian. 47.4 riportata sopra, vd. Kohns, Versorgungskrisen, cit., 21 e 113; A. Lippold, Kaiser Aurelian, (270275). Seine Beziehungen zur Stadt Rom und zum Senat im Spiegel der Historia Augusta, in Historiae Augustae. Colloquium Maceratense 408 Cristina Soraci particolare alle distribuzioni di caro porcina alla plebe113. L’intento di dare agli abitanti di Roma l’impressione che l’impero godesse di immutata prosperità e che lo stato avesse a cuore i bisogni della popolazione, mentre invece forti segnali di instabilità lo minacciavano fuori e dentro i confini, sarà stata certo una delle motivazioni principali che avranno indotto Aureliano, come già prima i Severi, alla decisione di aumentare il numero dei generi alimentari distribuiti. Non è escluso che lo stesso processo di divinizzazione del monarca, di cui proprio Aureliano fu uno dei più strenui fautori114, sia riuscito ad allignare nelle menti dei Romani sfruttando la dipendenza del popolo dalla figura dell’imperatore in materia di rifornimento alimentare. Ma il caso del pane merita una riflessione a sé stante; non si tratta, infatti, di distribuzione ex novo di un genere alimentare, bensì di sostituzione fra generi di simile valore nutrizionale. Quali furono allora le motivazioni che spinsero a questo cambiamento, che pure costituì un aggravio economico per lo stato? E perché esso si verificò nel III 1992, vol. III, cit., 203; Neri, Il populus Romanus, ibid., 265-266; Cascón, El humor, cit., 161. 114 F. Altheim, Die Krise der alten Welt im 3 Jahrhundert n. Zw. und ihre Ursachen. III: Götter und Kaiser, Berlin 1943, in partic. 164169; W. Ensslin, Gottkaiser und Kaiser von Gottes Gnaden, München 1943, 41-42, 45 e 47; CerfauxTondriau, Un concurrent du christianisme, cit., 376-377; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 183-188; Watson, Aurelian, cit., 183-202; M. Clauss, Kaiser und Gott. Herrscherkult im römischen Reich, MünchenLeipzig 1999, 186-187. Sul tema della divinizzazione degli imperatori e sulla figura di Aureliano in questo contesto, ci limitiamo a citare: L. Cracco Ruggini, Imperatori romani e uomini divini (I-VI secolo d.C.), in P. Brown- L. Cracco Ruggini- M. Mazza, Governanti e intellettuali, popolo di Roma e popolo di Dio (I-VI secolo), Torino 1982, in partic. 9-12 e n. 2, ove bibliografia; A. Momigliano, How Roman emperors became gods, in Ottavo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1987, 297-311 (già in The American Scholar, Spring 1986, 181-193. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 409 secolo e non prima? Secondo la Ruggini, la distribuzione di pane consentiva di “evitare accumuli e diversioni speculative delle derrate, conservabili ben più a lungo delle pagnotte”115. Ma i provvedimenti presi per evitare frodi da parte, ad esempio, delle corporazioni dei navicularii116, dei molendinarii, dei mensores frumentarii, dei caudicarii e anche dei pistores, mostrano come il problema delle “diversioni speculative” fosse ben lungi dall’essere risolto. I molendinarii, ossia coloro che si occupavano di macinare il grano, quasi certamente servendosi dei mulini ad acqua, potevano frodare lo stato utilizzando pesi truccati: per ovviare a questo inconveniente, tra il 480 e il 490 d.C. venne imposto a Roma l’uso di bilance statali117. In merito alle frodi perpetrate dai mensores frumentarii, addetti alla pesatura del frumento, e dai caudicarii, i battellieri incaricati del trasporto del grano da Ostia a Roma, ricordiamo infatti una disposizione presa da L. Cracco Ruggini, Spazi urbani clientelari e caritativi, in La Rome impériale. Démographie et logistique, Actes de la table ronde (Rome, 25 mars 1994), Rome 1997, 164. 116 Sulle frodi di cui si rendevano responsabili i navicularii, vd. l’ampia documentazione fornita da De Salvo, ‘Corpora naviculariorum’, cit., 551-575. 117 Cfr. CIL 6.1711, comunemente ritenuto un editto del prefetto della città Claudius Iulius Ecclesius Dynamius: Amore patriae compulsi…, studio nostro adici novimus, ut omnium molendinariorum fraudes amputentur (…) Sulla data della prefettura di Dynamius, da collocare tra il 480 e il 490 d.C., si vd. Chastagnol, Prefecture, cit., 311; in merito all’ipotesi di una distinzione di funzioni tra i pistores, che avrebbero utilizzato per la macinazione le mole azionate dal bestiame, e i molendinarii, specializzati invece nell’uso di mulini ad acqua, cfr. Bloch, Avènement, cit., 542; Wikander, Water-mills, cit., 16 n. 30, 21 e 23 n. 55; cfr. anche R.J. Forbes, Studies in ancient technology, vol. II, Leiden 1955, 94-95 e Moritz, Grain-mills, cit., 35. 115 410 Cristina Soraci Valentiniano nel 364 d.C., secondo la quale le suddette categorie erano obbligate a vendere ai pistores ad un prezzo rigorosamente più basso di quelli di mercato 200˙000 moggi di ottimo frumento, in modo da consentire al popolo di comprare pane di qualità ad un prezzo ragionevole. Ciò fa pensare che mensores e caudicarii tendessero a speC.Th. 14.15.1, che però riguarda il pane da vendere sul mercato: Ne pessimus panis populi Romani usibus ministretur, sola ducentena milia modiorum frumenti integri adque intemerati iuxta priscum morem mensores et caudicarii levioribus pretiis pistoribus venundare cogantur. Cfr. E. Gebhardt, Studien über das Verpflegungswesen von Rom und Costantinopel in der späteren Kaiserzeit, Dorpat 1881, 21-22; V. Bandini, Appunti sulle corporazioni, Milano 1937, 144-145 e n. 44; A. Alföldi, A conflict of ideas in the late Roman empire. The clash between the Senate and Valentinian I, Oxford 1952, 60; De Robertis, Storia delle corporazioni, vol. II, cit., 180 n. 118; Chastagnol, Préfecture, cit., 318; Tengström, Bread, cit., 63-64; Herz, Studien, cit., 228-229; R.M. Repaci, I ‘mensores frumentarii’, in Messana, 19, 1994, 248 e n. 58; Höbenreich, Annona, cit., 121-122; Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 347-349. Per un’interpretazione diversa di questa costituzione, si vd. Carrié, Les distributions, cit., 1040-1043, seguito da Sirks, Food, cit., 284. Carrié intende che in periodi di frumentum corruptum si tendesse a utilizzare il grano migliore nella preparazione del pane da vendere sul mercato, destinando invece a quello delle distribuzioni gratuite il frumentum corruptum. Per evitare ciò, si impone di riservare al panis fiscalis solo un quantitativo ridotto di frumento buono, in modo che sia il panis gradilis che quello fiscalis contengano eguale percentuale dei due tipi di grano. Ma la finalità della legge non cambia: anche seguendo tale interpretazione essa mirava a preservare il popolo, in questo caso i beneficiari del pane gratuito, da alterazioni e speculazioni di mensores e caudicarii. Sulla data di questa costituzione, vd. F. Pergami, La legislazione di Valentiniano e Valente (364-375), Milano 1993, 55 e 66. Circa i mensores frumentarii, cfr. R. Cagnat, s.v. mensor, in Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, dir. C. Daremberg - E. Saglio, vol. III, 2, 1904, 1726-1727; P. Jouanique, A propos de la mosaïque de l’aula des mensores à Ostie, in REL, 47, 118 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 411 culare sul grano, spesso alterandone la qualità118. I pistores tendevano invece generalmente a diminuire il quantitativo di frumento utilizzato nella preparazione del pane o a svilirlo nella qualità: da una varia di Cassiodoro apprendiamo, infatti, che il compito di verificare il peso e la qualità del pane prodotto dai pistores era affidato al prefetto dell’annona, il quale era tenuto ad ispezionare le botteghe e il cibo dei panettieri, controllando pensum et mun- 1969, 418-423; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 231-239; Rickman, Corn supply, cit., 86-87 e 204; Ph. Pergola, Mensores frumentarii Christiani et annone à la fin de l’Antiquité: relecture d’un cycle de peintures, in RAC, 66, 1990, 167-184; Repaci, I ‘mensores frumentarii’, cit., 237-256; P. Arnaud, Les mensores des légions: mensores agrarii ou mensores frumentarii?, in La hiérarchie (Randordnung) de l’armée romaine sous le Haut-Empire. Actes du congrès de Lyon (1518 septembre 1994), éd. par Y. Le Bohec, Paris 1995, 251-256; Höbenreich, Annona, cit., 116-117; G. Minaud, Regard sur la comptabilité antique romaine: la mosaïque de l’«aula» des «mensores» à Ostie, les doigts et les comptes, in MEFRA, 116, 1, 2004, 437-468. In merito ai caudicarii, cfr. L. Casson, Harbour and river boats of ancient Rome, in JRS, 55, 1965, 31-39; Tengström, Bread, cit., 57-61 e 74-75; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 225-228; L. De Salvo Lietta, I battellieri del Tevere, in Messana, n.s. 3, 1990, 201-250; W. Boppert, Caudicarii am Rhein? Überlegungen zur militärischen Versorgung durch die Binnenschifffahrt im 3. Jahrhundert am Rhein, in AKB, 24, 4, 1994, 407-424; sulle naves caudicariae vd. Soraci, ‘Sicilia frumentaria’, cit., 393-394 e n. 404. 119 Cassiod. var. 6.18.1-7. Per quanto concerne i compiti del praefectus annonae, che esercitava una giurisdizione civile e penale durante il regno di Teodorico (sul cui epiteto ufficiale di Romanus princeps e non rex Gothorum sono state date ultimamente acute spiegazioni da A. Giardina, Cassiodoro politico, Roma 2006, 146 ss.), cfr. Sartorius, Versuch über die Regierung des Ostgothen in Italien, Göttingen 1811, 273; W. Liebenam, Zur Geschichte und Organisation des römischen Vereinswesen. Drei Untersuchungen, Leipzig 1890, 254 n. 2; Waltzing, Étude historique, cit., 85 n. 3; A. Stöckle, Spätrömische und byzantini 412 Cristina Soraci ditiam panis119. Del resto, due leggi contenute nel Codex Theodosianus, entrambe del 4 aprile 365 e indirizzate l’una al prefetto dell’annona, l’altra al prefetto del pretorio, impongono di effettuare le distribuzioni pubblicamente, nei gradus e non nei pistrina, per evitare che alcuni vengano favoriti e altri danneggiati (universi panem gradilem de gradibus adipiscantur neque cuiquam haec aut deferatur sche Zünfte. Untersuchungen zum sogenannten ejparciko;n biblivon Leos des Weisen, Leipzig 1912, 75 n. 2, 106 n. 6; Bandini, Corporazioni, cit., 151 n. 96; P. Lamma, Teoderico, Brescia 1950, 116; Homo, Rome impériale, cit., 227; M. Lecca, La vita economica dell’Italia durante la dominazione dei Goti nelle ‘Variae’ di Cassiodoro, in Economia e storia, vol. III, 1956, 368; K. Hannestad, L’évolution des ressources agricoles de l’Italie du 4ème au 6ème siècle de notre ère, Københaven 1962, 38 n. 3; F. De Martino, Storia della costituzione romana, cit., vol. V, Napoli 1967, 305; A. Alföldi, Die monarchische Repräsentation im römischen Kaiserreiche, Darmstadt 1970, 110 n. 1; R. Soraci, Aspetti di storia economica italiana nell’età di Cassiodoro, Catania 1974, 26-27 n. 55 (ivi altra bibliografia); Tengström, Bread, 80-81; Rickman, Corn supply, cit., 207 n. 46; L. Cracco Ruggini, Economia e società nell’Italia annonaria. Rapporti fra agricoltura e commercio dal IV al VI secolo d.C., Bari 19952, 313 n. 303; Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 343. Per la giurisdizione criminale del praefectus annonae vd. B. Santalucia, L’amministrazione della giustizia penale, in Storia di Roma, vol. III: L’età tardoantica, 2: I luoghi e le culture, Torino 1993, 1041 n. 15. 120 C.Th. 14.17.3; ma si vd. anche C.Th. 14.17.4. Cfr. Gebhardt, Studien über das Verpflegungswesen, cit., 25; Waltzing, Étude historique, cit., 82 n. 3, 86 n. 7; Van Berchem, Les distributions, cit., 106 n. 1; Alföldi, A conflict, cit., 60-61; Chastagnol, Préfecture, cit., 315 n. 5; De Martino, Storia della costituzione romana, vol. V, cit., 304 n. 51; Ruggini, Italia annonaria, cit., 309 n. 289; Tengström, Bread, cit., 8283; Rickman, Corn supply, cit., 208 n. 47; Giardina, Il pane nel circo, cit., 575 e n. 10; Id., Distribuzioni, cit., 19-20; R. Soraci, “Consuetudo fraudium” e “rigor iuris”: repressione a ‘corrente alternata’ e a Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 413 gratia aut imponatur iniuria, ut de pistrino accipiat…)120. Posto, dunque, che l’introduzione delle distribuzioni di pane non può essere stata dettata dal tentativo di evitare frodi a danno dello stato e dei consumatori, occorre cercare altrove la motivazione sottesa al provvedimento. La spiegazione più ragionevole consiste nel supporre, come riteneva Rostovzev, che le distribuzioni di pane, come del resto quelle degli altri generi alimentari, siano state introdotte per venire incontro ai bisogni di Roma, impoverita dal declino economico dell’Italia e minacciata dalla fame121; ma per quale ragione questi bisogni si manifestarono solo nel III secolo? A mio avviso, essi saranno stati determinati da un lato dal progressivo aumento dei prezzi causato dalla continua svalutazione della moneta, dall’altro dal cambiamento dei gusti. Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi è possibile direzione variabile, in Corruzione, repressione e rivolta morale nella tarda antichità, Atti del Convegno internazionale (Catania, 11-13 dicembre 1995), Catania 1999, 469-470; Lo Cascio, Registri, cit., 375 e n. 36. Sulla datazione di questi provvedimenti, si vd. Pergami, La legislazione, cit., 197-198. Sulla corporazione dei pistores, vd. gli articoli, di vecchia data ma pur sempre utili, di A. Visconti, Il “collegium pistorum” nelle fonti giuridiche romane e medievali, in RIL, 64, 1931, 517-534 e Id., Sul COLLEGIUM PISTORUM e sulla politica annonaria del basso impero. Note critiche a proposito di recenti studi, in Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, ser. II, 68, fasc. XI-XV, 1935, 743-768; vd. inoltre De Robertis, Storia delle corporazioni, cit., 97-98, 168-169, 208-211, 224-225; B. Sirks, Archives used with or by ‘corpora’, working for the annona of Rome and Constantinople, in La mémoire perdue, cit., 334-335. In mancanza di prove sugli autori dei furti, poteva essere applicato indistintamente a tutti i pistores il principio di responsabilità obbietiva: cfr. F.M. De Robertis, Spunti di responsabilità obbiettiva nel diritto post-classico, in Studi in onore di P. De Francisci, IV, Milano 1956, 413-415. 121 Rostovzev, Storia economica, cit., 503 e 536 n. 39. 414 Cristina Soraci fare solo supposizioni, in mancanza di espliciti riferimenti al costo del pane per l’epoca di cui ci stiamo occupando: appare, tuttavia, un dato ormai consolidato che il prezzo del pane tra l’epoca di Traiano e l’inizio del III sec. d.C. sia cresciuto del cento per cento, a fronte di una notevole diminuzione del potere d’acquisto del lavoratore comune, il cui Si vd. Szilágyi, Prices and wages, cit., 339, 349, 351 e 377380; del resto, anche in Egitto è stato registrato un vertiginoso aumento dei prezzi del frumento nel periodo compreso tra il I e il III sec. d.C.: R.P. Duncan-Jones, The price of wheat in Roman Egypt under the Principate, in Chiron, 6, 1976, 241-262; R.S. Bagnall, Currency and inflation in fourth century Egypt, Atlanta 1985; Id., Fourth-Century prices: new evidence and further thoughts, in ZPE, 76, 1989, 69-75; H.-J. Drexhage, Preise, Mieten/Pachten, Kosten und Löhne im römischen Ägypten bis zum Regierungsantritt Diokletians, St. Katharinen 1991, in partic. 10-30; J.-M. Carrié, L’arithmétique sociale de l’économie agraire. Prix de la terre, rente foncière et prix des céréales dans l’Égypte romano-byzantine, in Économie antique. Prix et formation des prix dans les économies antiques, Saint-Bertrand-de-Comminges 1997, 120-146; D. Rathbone, Prices and price formation in Roman Egypt, ibid., 183-244. Per quanto concerne i prezzi del frumento e del pane a Pompei negli anni compresi tra il 63 e il 79 d.C., cfr. A. Savio, Sui prezzi del frumento e del pane a Pompei, in NAC, 1974, 121-126, in base ai calcoli del quale un moggio di frumento (6,8 kg) sarebbe costato dodici assi, mentre con un asse potevano essere acquistati poco più di duecento grammi di pane; cfr. anche W. Krenkel, Währungen, Preis und Löhne in Rom, in Altertum, 7, 1961, 167-178; Mrozek, Prix et rémunération, cit., 10-23; Neri, L’alimentazione povera, cit., 244 e n. 29. Si vd. le interessanti osservazioni di M. Giacchero, Prezzi e salari dell’antica Roma, in StudRom, 18, 2, 1970, 149-162. Nell’edictum de pretiis dioclezianeo (301 d.C.), il prezzo di un modius castrensis di frumento era di 100 denari (si vd. ad es. L.C. West, The coinage of Diocletian and the Edicts on prices, in Studies in Roman economic and social history in honor of A. Chester Johnson, Princeton 1951, 290-302), mentre non è segnato il costo del pane; secondo Forzoni, La moneta nella storia, cit., 312, tale lacuna sarebbe stata dovuta alla diversa qualità dei tipi in commercio e al fatto che “nelle città c’era la 122 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 415 salario non aumentava in proporzione122. La carne suina, ad esempio, era considerata dal popolo uno degli alimenti più cari, tant’è vero che, come abbiamo visto, fu chiesto ad Alessandro Severo di abbassarne il prezzo di mercato. È chiaro che, distribuendo pane e non più frumento, l’imperatore riversava sullo stato i costi della macinazione e della cottura prima a carico dei cittadini, svincolando così questo importante genere alimentare dalle oscillazioni della moneta e del mercato che si erano verificate negli anni precedenti e durante lo stesso regno di Aureliano, quando si registrò, come appare dai papiri egiziani, un vertiginoso aumento dei prezzi, forse causato dall’eccessivo valore fiduciario dato alla moneta corrente. Anzi, se quest’ipotesi fosse vera, si potrebbe anche supporre che con le distribuzioni di pane l’imperatore avesse voluto farsi perdonare dal popolo di Roma per l’aumento dei prezzi causato dalla sua distribuzione gratuita per gli aventi diritto”. Quest’ultima motivazione mi sembra, tuttavia, inaccettabile, perché le distribuzioni alimentari sono attestate solo in alcune città oltre Roma (del problema appare, del resto, al corrente lo stesso Autore: cfr. ibid., 212) e, comunque, non erano gratuite per tutti i cittadini: il problema dell’acquisto del pane doveva essere comunque presente. Rimane il problema della nostra carenza di informazioni, anche relativamente ai prezzi che distinguevano una varietà di pane dall’altra: Ratti, Ricerche, cit., 194. 123 Sull’inflazione negli anni di Aureliano cfr. E. Lo Cascio, Dinamiche economiche e politiche fiscali fra i Severi e Aureliano, in Storia di Roma, vol. III: L’età tardoantica, 1: Crisi e trasformazioni, Torino 1993, 247-282 (in partic. 272-278); Id., Prezzi in oro e prezzi in unità di conto tra il III e il IV sec. d.C., in Économie antique, cit., 161182 (in partic. 169); vd. anche M. Corbier, Svalutazioni, inflazione e circolazione monetaria nel III secolo, in Società romana e impero tardoantico, vol. I: Istituzioni ceti economie, Roma-Bari 1986, 489-533; Forzoni, La moneta nella storia, cit., 207. Contra, cfr. V. Cubelli, Aureliano imperatore: la rivolta dei monetieri e la cosiddetta riforma monetaria, Firenze 1992, 93-97. Se l’ipotesi dell’aumento dei prezzi 416 Cristina Soraci riforma123. Ma ritengo più corretto pensare che la misura di Aureliano si inserisca nel quadro delle frumentationes di età altoimperiale e che, come tale, vada riguardata alla stregua di un provvedimento volto a guadagnarsi la stima e l’appoggio del popolo, che dal princeps si aspettava di essere nutrito124. Per quanto concerne, invece, il mutamento dei gusti, sappiamo che originariamente i Romani si cibavano di una sorta di polenta (puls) a base di farro, che, secondo Verrio Flacco, fu l’unico cereale usato dai Romani nei primi trecento anni della loro storia: questa farinata, ottenuta facendo bollire nell’acqua o nel latte i cereali macinati, era del resto un piatto tipico anche dell’Etruria, dove però venivano utilizzati già da tempo anche altri tipi di cereali; solo in un secondo tempo, come attesta Plinio, cominciò a diffondersi, specie tra le famiglie più ricche, l’usanza di mangiare pane: primus antiquo is (sc. far) Latio cibus… pulte autem, non pane, vixisse longo tempore Romanos manifefosse vera, si potrebbe ricordare il passo del Panegirico di Plinio (28.2) che, seppur riferito ad altra temperie storica, accenna alle distribuzioni ed ai congiari fatti nel tentativo di cancellare colpe: nullam congiario culpam, nullam alimentis crudelitatem redemisti, nec tibi bene faciendi fuit causa ut, quae male feceras, impune fecisses. 124 Cfr. Saggioro, Pane per il popolo, cit., 121: “il donare al popolo conferisce a chi effettua la frumentatio gratuita un potere, o un carisma, particolare”. 125 Cfr. Plin. nat. 18.19.83. Moritz, Grain-mills, cit., 149-150; André, L’alimentation, cit., 62-64; Frayn, Home-baking, cit., 32; E. Salza Prina Ricotti, Alimentazione, cibi, tavola e cucine nell’età imperiale, in L’alimentazione nel mondo antico, cit., 71; Pucci, I consumi alimentari, cit., 369, 375 e 379-380; G. Race, La cucina del mondo classico, Napoli 1999, 183. In merito al consumo di farro nei primi secoli dalla fondazione di Roma si vd. Plin. nat. 18.11.62 (populum Romanum farre tantum e frumento CCC annis usum Verrius tradit), su cui cfr. F. De Martino, Produzione di cereali in Roma nell’età Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 417 stum125. Col passare degli anni, anche la gente comune cominciò a cibarsi del pane ed a preferire quello fatto di frumento, limitando sempre più l’uso del farro, che continuò ad essere impiegato a scopi rituali; del resto, il bollito di cereali era consumato ancora in alcune località, specie nelle campagne126. Questo portò all’apertura dei primi pistrina di Roma, che sembra risalgano al tempo della guerra contro Perseo, tra il 171 e il 168 a.C.; prima di allora, venivano infatti detti pistores solo coloro che macinavano il farro, mentre il compito della preparazione del pane era affidato soprattutto alle donne (mulierumque id opus maxime erat); tale datazione va forse arretrata di qualche decennio, se Plauto, nel riferirsi all’opera di un pistor che vendeva e, arcaica, in PP, 34, 1979, 241-255; Id., Ancora sulla produzione di cereali in Roma arcaica, ibid., 39, 1984, 241-263 (entrambi ripubblicati in Id., Diritto economia e società nel mondo romano, vol. III, Napoli 1977, 101-139); Neri, L’alimentazione povera, cit., 239-240; T. Braun, Barley cakes and emmer bread, in Food in antiquity, ed. by J. Wilkins - D. Harvey - M. Dobson, Exeter Press 1995, 34-35; K.D. White, Cereals, bread and milling in the Roman world, ibid., 38-39. Sulle farinate etrusche cfr. Iuv. 11.109 (ponebant igitur Tusco farrata catino), per cui vd. G. Barbieri, L’alimentazione carnea degli Etruschi, in L’alimentazione nel mondo antico. Gli Etruschi, Roma 1987, 49. 126 Circa la preferenza dei Romani per il triticum rispetto all’hordeum, cfr. S. Mazzarino, In margine alle “Verrine” per un giudizio storico sull’orazione “de frumento”, in Atti del I Congresso Internazionale di Studi Ciceroniani (Roma, aprile 1959), vol. II, Roma 1961, 105-107; Neri, L’alimentazione povera, cit., 246-247; i Greci si nutrivano piuttosto di orzo: A. Jardé, Les céréales dans l’antiquité grecque, vol I: La production, Paris 1925; Braun, Barley cakes, cit., 25-34. Sull’impiego del farro nelle cerimonie religiose, cfr. Segrè, Note, cit., 196; M. Torelli, Il pane di Roma arcaica: calendario, riti e strutture, in Nel nome del pane, cit., 147-168; sul consumo del bollito di cereali nelle campagne, vd. Ratti, Ricerche, cit., 198; Neri, L’alimentazione povera, cit., 240-241. 418 Cristina Soraci verosimilmente, produceva il pane (quom a pistore panem petimus, vinum ex oenopolio, si aes habent, dant mercem), ha riportato una situazione valida per Roma e non solo per il mondo greco teatro delle sue commedie127. La menzione del pane appare in diverse commedie di Plauto e nelle razioni che, secondo il trattato scritto da Catone nella prima metà del II sec. a.C., dovevano essere date agli schiavi incatenati della familia rustica; durante la guerra giugurtina (111-105 a.C.) sappiamo che i vivandieri vendevano il grano dato dallo stato e acquistavano pane fresco ogni giorno; Simulus, il contadino del Moretum virgiliano, il quale cominciava la giornata con un po’ di pane e col moretum, appunto, una sorta di formaggio alle erbe, attesta un’abitudine che nel I sec. d.C., data di composizione del poemetto, era ormai consolidata: spesso, come a Pompei, il formaggio veniva mangiato insieme con il pane128. Plin. nat. 18.28.107-108; Varro frg. apud Non. p. 152; Serv. Aen. 1.179; Plaut. Asin. 200. Cfr. U. Blümner, L’attività industriale dei popoli dell’antichità classica, in Biblioteca di storia economica, vol. II, parte I, Milano 1905, 618; Bloch, Avènement, cit., 542; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., coll. 1821-1823; Moritz, Grain-mills, cit., 67-73; André, L’alimentation, cit., 64-65; Frayn, Home-baking, cit., 30; Ratti, Ricerche, cit., 157; Neri, L’alimentazione povera, cit., 242; Salza Prina Ricotti, Alimentazione, cit., 71; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 245; Sirks, Food, cit., 307; A. Fujisawa, I ‘pistores’ nel primo impero, in Acme, 48, 1995, 175; Braun, Barley cakes, cit., 36-37; C. Ampolo, Pane antico: mulini, panettieri e città. Aspetti sociali della panificazione, in Nel nome del pane, cit., 239-240. In Grecia la preparazione del pane e, quindi, il suo utilizzo come alimento chiave dell’alimentazione risalgono, invece, a molto prima, almeno al V sec. a.C.: Ampolo, Il pane quotidiano, cit., 143-149. 128 Menzioni del pane in Plauto: Asin. 142 e 200; Aul. 195; Bacch. 580; Cas. 310; Curc. 367; Men. 917; Persa 471; Poen. 729; Trin. 253; vd. anche Achar. fr. 2; cfr. Waltzing, Étude historique, cit., 79. Sulle razioni della familia rustica cfr. Cato agr. 56.1, cit. supra, n. 27. La notizia della guerra giugurtina viene da Sall. Iug. 44.5. Circa il pasto di 127 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 419 Rimaneva sempre, tuttavia, la differenza tra il pane mangiato dai ricchi, fatto della farina più pura, e quello dei poveri: secondo Artemidoro, autore di un trattato sull’interpretazione dei sogni, sognare di mangiare il pane che si consuma abitualmente è un buon segno, ma se il povero sogna di mangiare il pane del ricco (spesso prescritto dai medici ai degenti) è indice di futura malattia, se, viceversa, il ricco sogna di cibarsi del pane del povero è presagio di povertà: “Artou~ dokeiǹ ejsqivein tou;~ ejx e[qou~ ajgaqovn: katavllhloi me;n ga;r pevnhti oiJrJuparoiv, plousivw/de;oiJ pantelw`~ kaqaroiv: oiJ de; ejnalla;x ou[te ajgaqoi; kai; prosevti kakoiv: oiJ me;n ga;r novson toi`~ pevnhsin oiJ de; ajporivan toi`~ plousivoi~ shmaivnousin. Chiaramente le differenze sociali testimoniate dall’onirocritico si riferiscono non solo al mondo greco, di cui Artemidoro faceva parte, ma anche a quello romano: l’a[rto~ kaqarov~ corrispondeva al panis siligineus, ossia impastato con la farina di siligo (il grano tenero, cuius species in pane praecipua, annotava Columella), era considerato un alimento di lusso e si trovava sulle tavole dei ricchi; l’equivalente dell’a[rto~ rJuparov~ era invece il panis cibarius, fatto di farina grossolana, il cosiddetto farinaccio, che Celso riteneva infirmissimus e che, insieme a quello plebeius (in greco ajutovpuro~) in cui la farina non veniva distinta dalla crusca, costituiva generalmente il nutrimento dei ceti meno abbienti129. Simulus, vd. Moret. vv. 117-118. White, Cereals, cit., 41-42; Ampolo, Pane antico, cit., 241; J.F. Donahue, The Roman community at table during the Principate, Ann Arbor (Mich.) 2004, 10. Sul moretum vd. TLL, s.v. moretum, vol. XI, col. 1489. Sull’abbinamento di pane e formaggio nell’alimentazione dei Romani vd. R. Étienne, Fromages et alimentation à Rome, in Histoire et Géographie des fromages, Caen 1987, 302-303. 129 Artem. 1.69, su cui vd. Manodori, L’alimentazione, cit., 25. Sul 420 Cristina Soraci Sembra che Cesare abbia addirittura fatto mettere in catene uno schiavo che serviva agli altri invitati pane diverso da quello a lui destinato; Seneca affermava, però, con una buona dose di pragmatismo: utrum hic panis sit plebeius an siligineus ad naturam nihil pertinet: illa ventrem non delectari vult sed impleri130. Per ironia della sorte, al giorno d’oggi lo “Schwartzbrot”, il pane scuro ricco di crusca, e pane fatto con la siligo: Colum. 2.6 e Plin. nat. 18.20.86: e siligine lautissimus panis. Si vd. André, L’alimentation, cit., 65-66; Carrié, Les distributions, cit., 1045; Salza Prina Ricotti, Alimentazione, cit., 73. Sul panis cibarius: Cels. 2.18.4. Per un’attenta classificazione dei tipi di pane esistenti nel mondo greco-romano cfr. i sempre validi studi di Voigt, Die verschiedenen Sorten von Triticum, cit., 105-128 e Mau, s.v. Bäckerei, in RE, II2, 1896, coll. 2734-2743; Segrè, Note, cit., 196-197. In merito alle differenze nell’alimentazione di ricchi e poveri a Roma cfr. Neri, L’alimentazione povera, cit., 239; Pucci, I consumi alimentari, cit., 375 e 379-380. Sull’etimologia del termine greco ajrtokovpo~, che incherebbe propriamente colui che macina il grano molto finemente (ed ottiene, quindi, un pane di qualità superiore), cfr. Y. Duhoux, Le boulanger et son pain: l’étymologie d’ ajrtokovpo~ et d’ a[rto~, in L’antiquité classique, 43, 1974, 321-324. 130 Suet. Iul. 48, su cui vd. Moritz, Grain-mills, cit., 153; Sen. epist. 20.119.3. Seneca, peraltro, in quanto filosofo e perché attento alla salute fisica e mentale dell’uomo, esortava a cibarsi di polenta e di un pezzo di pane d’orzo (epist. 2.18.10: Non enim iucunda res est aqua et polenta aut frustum hordeacii panis, sed summa voluptas est posse capere etiam ex his voluptatem et ad id se deduxisse quod eripere nulla fortunae iniquitas possit), perfino, se necessario, a disprezzare il panis sordidus e a nutrirsi di erbe (epist. 19.110.12: tunc te admirabor si contempseris etiam sordidum panem, si tibi persuaseris herbam, ubi necesse est, non pecori tantum sed homini nasci), come, del resto, egli stesso si nutriva di pane secco (epist. 10.83.6: Panis deinde siccus et sine mensa prandium). Sul rapporto di Seneca con l’alimentazione cfr. Ratti, Ricerche, cit., 197 e 199; D. Gourévitch, Le menu de l’homme libre. Recherches sur l’alimentation et la digestion dans les oeuvres en prose de Sénèque le philosophe, in Mélanges de philosophie, de litté Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 421 perciò anche di vitamine e di fibre, è acquistato soprattutto dai ceti medio-alti e costa più di quello bianco… Nella preparazione del pane la povera gente si trovò di fronte ai problemi di macinazione della farina e di cottura dell’impasto. Per quanto riguarda la prima, di certo coloro che vivevano in campagna avranno fatto per lungo tempo ricorso all’uso del pestello, che consentiva lo svolgimento delle operazioni in casa propria e che venne a lungo adoperato in Etruria e in gran parte dell’Italia, anche dopo l’introduzione delle mole (come annotava Plinio, «la maggior parte dell’Italia adopera un nudo pestello, e ruote azionate dall’acqua, occasionalmente anche la mola»)131, oppure si saranno recati a macinare il grano nella mola di qualche rature et d’histoire ancienne offerts à Pierre Boyancé, Rome 1974, 311-344; Neri, L’alimentazione povera, cit., 242. Il pane d’orzo (panis hordeaceum), di cui si cibavano talvolta anche i Romani, era ritenuto più sano e nutriente di quello fatto con una scarsa qualità di grano: Orth, s.v. Gerste, in RE, VII1, 1910, coll. 1281-1283. Il giudizio espresso dagli antichi sui benefici apportati dal grano duro (triticum turgidum, ossia quello strictu sensu) e da quello tenero (siligo o triticum vulgare) alla salute dell’uomo non sempre è stato a favore di quello tenero: cfr. ad es. Plin. nat. 18.26.104, su cui vd. C. Deroux, Un passage obscur de Pline l’Ancien: Histoire Naturelle, 18, 104, in Latomus, 36, 1977, 505-511. Per una classificazione dei tipi di grano esistenti nel mondo antico e della loro terminologia, cfr. N. Jasny, The wheat of classical antiquity, Baltimore 1944, 53-70; Segrè, Note, cit., 161, 168172 e 178-180; L.A. Moritz, Husked and ‘naked’ grain, in CQ, 49, 1955, 129-134 e Id., ‘Corn’, ibid., 135-141. 131 Plin. nat. 18.23.97: maior pars Italiae nudo utitur pilo, rotis etiam, quas aqua verset, obiter et mola; cfr. anche Isid. orig. 15.6.4: unde et apud veteres non molitores sed pistores dicti, quasi pinsores, a pinsendis granis frumenti; molae enim usus nondum erat, sed granum pilo pinsebant. Si vd. André, L’alimentation, cit., 59-60; W. Krenkel, Vom Korn zum Brot, in Altertum, 11, 1965, 214-221; Wikander, Watermills, cit., 14-15 e n. 14, ove ulteriore bibliografia. 132 Cfr. Garnsey, Carestia, cit., 299. 422 Cristina Soraci agiato possidente, in cambio di alcune prestazioni132; in questi casi ci si sarà verosimilmente accontentati di un’estrazione dell’85-90% di farina, per limitare al massimo gli sprechi di cereale, con conseguente produzione di pane ricco di crusca, del tipo plebeius133. Nelle grandi città come Roma, ma anche Pompei, la macinazione sarà stata invece per lo più affidata ai summenzionati pistores o ai molitores, i quali si saranno specializzati, probabilmente sin dal loro primo apparire, in operazioni che consentivano la produzione di farina di diversi gradi di finezza, come apprendiamo da Plinio, secondo cui dal grano del tipo siligo si ottenevano siligo, flos, cibarium e furfures, mentre dal triticum venivano ricavati similago, pollen, secundarium e furfures. La siligo era impiegata, come abbiamo visto, per la produzione del pane migliore, mentre dal cibarium e dal secundarium si otteneva, appunto, pane di seconda qualità, mangiato dai ceti meno abbienti134. Analogamente, la campagna offriva, rispetto alla città, maggiori possibilità di cottura: la fornax e il furnus, particolarmente adatti per la cottura del pane, potevano trovar spazio nelle ville, nelle grandi fattorie o nei villaggi; in città erano posseduti generalmente dai fornai, mentre la gente comune cuoceva i cibi nel clibanus o sub testu dove, come testimonia Catone, veniva cotto anche il pane135. 133 Moritz, Grain-mills, cit., 212; Foxhall - Forbes, Sitometreiva, cit., 64 e 75-80. 134 Plin. nat. 18.86-89, su cui vd. Moritz, Grain-mills, cit., 168214. Sulla situazione di Pompei nel I sec. d.C., cfr. ibid., 71-72: coloro che abitavano in dimore di piccole dimensioni acquistavano il pane nelle panetterie, mentre i proprietari di grandi tenute lo producevano in proprio. Garnsey, Cities, cit., 236-238 ipotizza che parte dei 5 moggi possa essere stata consegnata ai pistores al posto del denaro come pagamento per le operazioni di macinatura e cottura. 135 Cato agr. 74; Frayn, Home-baking, cit., 29-30; A. Cubberley, Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 423 In seguito, tuttavia, la diffusione sempre più ampia delle panetterie tra la fine della Repubblica e nel corso dei primi secoli dell’impero, se da un lato è segno di un progressivo cambiamento nei gusti della popolazione, che finì per consumare il grano ormai quasi unicamente sotto forma di pane, dall’altro testimonia che gli abitanti delle città preferirono comprare il pane dai fornai, piuttosto che farlo in casa136. Famosa, a questo proposito, l’attività di M. Vergilius Eurysaces, pistor e redemptor della fine del I secolo a.C. o degli inizi del I sec. d.C., che fece costruire per sé a Roma un monumento funerario (una parte del quale rimane tuttora visibile) nel cui fregio erano raffigurate tutte le fasi della panificazione, dalla pulitura del grano, alla macinazione, all’impasto, alla cottura e alla distribuzione del pane137. Secondo l’opinione di Frayn, la scelta di acquistare il Bread-baking in ancient Italy. ‘Clibanus’ and ‘sub testu’ in the Roman world: further thoughts, in Food in antiquity, ed. by J. Wilkins-D. Harvey-M. Dobson, Exeter 1995, 55-68. 136 Cfr. Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 264. Sull’aumento del numero delle panetterie ad Ostia e Pompei in relazione alla preferenza adesso accordata al pane, vd. Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 170-173; sulla posizione strategica delle panetterie a Pompei, cfr. B.S. Lyapustin, The connections of craft workshops in Pompeii, First century A.D., in VDI, 164, 1983, 59-80. Si vd. anche B.J. Mayeske, Bakeries, bakers and bread at Pompei. A study in social and economic history, Ann Arbor (Mich.) 1972. 137 Sul momumento funerario del fornaio Eurysaces si vd. Rostovzev, Storia economica, cit., tav. IV; Moritz, Grain-mills, cit., 78; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 264; P. Ciancio Rossetto, Il sepolcro del fornaio Marco Virgilio Eurisace a Porta Maggiore, Roma 1973; Tengström, Bread, cit., 76; L. Castiglione, Zur Deutung des Grabmals von M. Vergilius Eurysaces, in AArchHung, 27, 1975, 157-161; O. Brandy, Resent research on the tomb of Eurysaces, in ORom, 19, 1993, 13-17; Ampolo, Pane antico, cit., 242; Garnsey, Cities, cit., 424 Cristina Soraci prodotto finito dai fornai sarebbe stata dovuta alla crescita del proletariato urbano ed al conseguente aumento del numero di famiglie che non avrebbero coltivato in proprio il frumento e sarebbero state prive di adeguate possibilità di cottura. L’ipotesi è ampiamente condivisibile e sarà stata certo il principale incentivo alla moltiplicazione delle panetterie, nell’Urbe come in altri centri urbani, ma non va sottovalutato, a mio avviso, anche il desiderio delle famiglie romane di usufruire di un servizio sempre più richiesto e, per ciò stesso, sempre più diffuso, che comportava vantaggi non indifferenti a fronte di una spesa non troppo elevata per buona parte della popolazione. Tra i vantaggi vanno posti non solo il risparmio di tempo ed energie, ma anche la possibilità di gustare tipi di pane diversi tra loro. Analogo processo è, del resto, possibile osservare nell’Atene del V sec. a.C., quando lo sviluppo della vita urbana comportò l’incremento dell’attività dei panettieri138. Un simile cambiamento dei gusti e delle abitudini avrebbe, secondo alcuni studiosi, spinto il governo, tra il I sec. a.C. e il I d.C., a stipulare contratti con i pistores in merito alla fornitura di pane o, quanto meno, alla macinazione del grano: l’ipotesi, basata sull’attribuzione ad Eurisace dell’appellativo di redemptor nell’iscrizione posta sul monumento funerario di cui si è già parlato, non va, a mio avviso, esclusa; quella secondo cui Eurisace ed 237-238; Lo Cascio, Collegi, cit., 93; L. Hackwort Petersen, The baker, his tomb, his wife, and her breadbasket: the monument of Eurysaces in Rome, in ABull, 85, 2, 2003, 230-257; Donahue, The Roman community at table, cit., 25-27. 138 Frayn, Home-baking, cit., 28 e 30. Sui tipi di pane prodotti dai fornai cfr. Donahue, The Roman community at table, cit., 25. Per l’analoga situazione ateniese, cfr. Ampolo, Il pane quotidiano, cit., 145-146. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 425 altri pistores avrebbero dovuto macinare e forse cuocere grano per la plebs frumentaria a prezzo ridotto o addirittura gratuitamente non mi sembra, invece, allo stato attuale della nostra documentazione, sostenibile139. In ogni caso, l’interesse manifestato dalle autorità competenti, nel caso specifico i sitophylakes, gli agoranomoi o gli edili, nei confronti del peso del pane e del relativo prezzo di vendita può essere riscontrato nell’Atene del V e IV secolo a.C., ad Efeso tra l’epoca traianea e il 220 d.C., a Pompei nel I sec. d.C. e ad Ossirinco nel 116 d.C. Non pare quindi improbabile, come aveva ipotizzato Rostovzev, che il governo romano esercitasse già da tempo un controllo sulla lavorazione e la vendita del pane140. Cfr. CIL 6.1958= ILS 7460; per l’ipotesi dei servizi resi alla plebs frumentaria dai pistores cfr. Sirks, Food, cit., 310-311; Lo Cascio, Collegi, cit., 93. Più cauti, invece, Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; Herz, Studien, cit., 113; Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 176-177; Höbenreich, Annona, cit., 120 n. 275. Waltzing, Étude historique, cit., 79 e 81-82 riteneva che i panettieri privati si impegnasssero a fornire alla popolazione pane di buona qualità a prezzo ridotto. 140 Rostovzev, Storia economica, cit., 425 n. 20. Waltzing, Étude historique, cit., 79; H. Francotte, Le pain à bon marché et le pain gratuit dans les cités grecques, in Mélanges de droit public grec, LiègeParis 1910, 291-312; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; Ampolo, Note minime, cit., 116-118 e 119 n. 6; Id., Il pane quotidiano, cit., 143149; M.-C. Amouretti, La transformation des céréales dans les villes, un indicateur méconnu de la personnalité urbaine. L’exemple d’Athènes à l’époque classique, in L’origine des richesses dépensées dans la ville antique. Actes du Colloque organisé à Aix-en-Provence par l’U.E.R. d’Histoire, les 11 et 12 Mai 1984, a cura di P. Leveau, Aixen-Provence 1988, 133-138 (in partic. 137); Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 21; Migeotte, Le pain quotidien, cit., 19-41; Ampolo, Pane antico, cit., 238-239 e 243; L. Migeotte, Les ventes de grain public dans les cités grecques aux périodes classique et hellénistique, in La mémoire perdue, cit., 229-246. Contra, P. Garnsey – O. Van Nijf, Contrôle des prix du grain à Rome et dans les cités de l’empire, in La . 139 426 Cristina Soraci È noto che Caligola requisì gli animali delle panetterie destinati a tirare la mola per macinare il grano (pistrinensia iumenta), come del resto le vetture a noleggio, al fine di utilizzarli per suoi scopi personali; questa risoluzione, che sappiamo causò penuria di pane a Roma (adeo ut et panis Romae saepe deficeret), con conseguente malcontento della plebe, unitamente all’altra notizia, secondo cui l’imperatore fece chiudere i granai pubblici e annunciare al popolo il verificarsi di una situazione di penuria (horreis praeclusis populo famem indixit), è indice della scarsa considerazione dell’imperatore nei confronti dei bisogni dei suoi sudditi, in particolare della dipendenza da quello che era ormai diventato un genere alimentare insostituibile141. Traiano si adoperò per favorire l’attività professionale dei pistores, autorizzando legalmente la costituzione del collegium pistorum di Roma142; in particolar modo, si interessò alle operazioni di macinazione, concedendo la cittadinanza romana ai Latini che per tre anni avessero esercitato il mestiere di pistores a Roma, macinando ogni giorno non meno di cento modii e, analogamente, accordando mémoire perdue, cit., 302-315. In merito al controllo sulla fabbricazione e la vendita del pane ad Antiochia, cfr. G.L. Kurbatov, La corporation des boulangers à Antioche au IVe siècle ap. J.C., in VDI, 91, 1965, 141-153. 141 Suet. Cal. 39.1 e 26.9, su cui vd. Bloch, Avènement, cit., 538 e 547; Moritz, Grain-mills, cit., 135; Garnsey, Carestia, cit., 312; Donahue, The Roman community at table, cit., 249 n. 31. Sull’uso degli animali nelle operazioni di macinazione cfr. Tengström, Bread, cit., 76; Donner, La macina per cereali, cit., 400. 142 Aur.Vict. Caes. 13.5: et annonae perpetuae mire consultum, reperto firmatoque pistorum collegio. Cfr. Waltzing, Étude historique, cit., 79; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; Cracco Ruggini, Le associazioni professionali, cit., 87; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 264-266. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 427 l’excusatio tutelae ai membri del collegium pistorum che avessero esercitato l’attività personalmente (si modo per semet ipsos pistrinum exerceant) e avessero gestito un centenarium pistrinum (forse un pistrinum nel quale fossero stati macinati cento modii di frumento al giorno)143. Sirks Gai. inst. 1.34: Denique Traianus constituit, ut si Latinus in urbe triennio pistrinum exercuerit, in quo in dies singulos non minus quam centenos modios frumenti pinseret, ad ius Quiritium perveniat; Vat. fr. 233: Ulpianus de officio praetoris tutelaris. Sed qui in collegio pistorum sunt, a tutelis excusantur, si modo per semet ipsos pistrinum exerceant; sed non alios putos excusandos, quam qui intra numerum constituti centenarium pistrinum secundum litteras divi Traiani ad Sulpicium Similem exerceant; quae omnia litteris praefecti annonae significanda sunt; cfr. anche D. 27.1.46 pr.: Paulus libro singulari de cognitionibus. Qui in collegio pistorum sunt, a tutelis excusantur, si modo per semet pristrinum exerceant: sed non alios putos excusandos quam qui intra numerum sunt. Vd. V. Arancio Ruiz, Sul ‘Liber singularis regularum’. Appunti gaiani, in BIDR, 30, 1921, 7 e 41 (poi in Scritti di diritto romano, vol. II, Napoli 1974, 93 e 127); F. Lardone, The imperial constitutions in the Institutes of Gaius, in Studi in onore di S. Riccobono nel XL anno del suo insegnamento, vol. I, Palermo 1936, 658-664; De Robertis, Il diritto associativo romano, cit., 410 n. 48; C. Castello, La condizione del concepito da libero e schiava e da libera e schiavo in diritto romano, in Studi in onore di Siro Solazzi, Napoli 1948, 241 n. 26; M. Kaser, Das altrömische ius. Studien zur Rechtsvorstellung und Rechtsgeschichte der Römer, Göttingen 1949, 77 e n. 11; Id., Das römische Privatsrecht, I. Das altrömische, das vorklassiche und klassiche Recht, München 19712, 32 n. 4; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; G. Gualandi, Legislazione imperiale e giurisprudenza, II, Milano 1963, 55-56; A. Guarino, ‘Ius Quiritium’, in Le origini quiritarie. Raccolta di scritti romanistici, Napoli 1973, 172 (già in Iura, 1, 1950); Id., Dal ‘ius civile’ al ‘ius Quiritium’, ibid., 180 n. 5 (già in Studi in onore di S. Pugliatti, Milano 1973); F. De Visscher, Autour du ‘ius Quiritium’, in Festschrift Schulz, vol. II, Weimar 1951, 71-75 (sulla locuzione ius Quiritium); Id., ‘Ius Quiritium’, ‘civitas romana’ et nationalité moderne, in Studi in onore di U.E. Paoli, cit., 240; S. Solazzi, Ritorni su Gaio, in Iura, 8, 1957, 2 n. 2; L. Labruna, 143 428 Cristina Soraci ipotizza che da allora la plebs frumentaria avesse avuto diritto non solo alla razione di grano mensile, ma anche alla possiblità di usufruire gratuitamente delle operazioni di macinazione e di cottura; tuttavia, non essendoci pervenuta nessuna notizia in merito, è preferibile ritenere che lo scopo ‘Quirites’, in Labeo, 8, 1962, 343 n. 14; G. Impallomeni, Le manomissioni mortis causa. Studi sulle fonti autoritative romane, Padova 1963, 242 n. 72 (a p. 243); Jones, LRE, cit., 699-700 e n. 27; M. De Dominicis, La ‘Latinitas Iuniana’ e la legge Elia Senzia, in Scritti romanistici, Padova 1970, 186-187 n. 28 (già in Mélanges offerts à André Piganiol, Parigi 1966); C.A. Maschi, Il diritto romano. I. La prospettiva storica della giurisprudenza classica (Diritto privato e processuale), Milano 19662, 167 (dove sono esposti i modi di acquisto della cittadinanza romana da parte dei Latini ricordati da Gaio, 1, 28-35); J.E. Spruit, De juridische en sociale positie van de romeinse acteurs, Assen 1966, 205 n. 27; J. Gaudemet, Institutions de l’Antiquité, Paris 1967, 526 n. 5, 568 n. 7, 744 n. 5; De Robertis, Storia delle corporazioni, vol. II, cit., 118 n. 49, 193 n. 37; U. Robbe, La ‘hereditas iacet’ e il significato della ‘hereditas’ in diritto romano, vol. I, Milano 1975, 577 (sulla locuzione ius Quiritium); B. Albanese, Premesse allo studio del diritto privato romano, Palermo 1978, 83 n. 24; L. Rodríguez Álvarez, Las leyes limitadoras de las manumisiones en época augustea, Oviedo 1978, 150 n. 109; R. Quadrato, Le ‘Institutiones’ nell’insegnamento di Gaio. Omissioni e rinvii, Napoli 1979, 20 n. 72 (con riferimento all’imperatore Traiano non designato divus); G. Scherillo, Corso di istituzioni di dritto romano, vol. I, Milano 1980, 171; Rickman, Corn supply, cit., 90, 205 e 228 n. 8; Luraschi, Il ‘praemium’, cit., 258 n. 68; M. Balestri Fumagalli, Lex Iunia de manumissionibus, Milano 1985, 55 n. 30, 56 e n. 34, 172 n. 15; Herz, Studien, cit., 110-113; Sirks, Food, cit., 308 n. 10 e 311-317 (il quale, però ritiene che l’espressione centenarium pistrinum si riferisca a panetterie in cui siano stati investiti 10000 sesterzi); Robinson, Ancient Rome, cit., 149 n. 32, 155 n. 88; Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 177-178; Ampolo, Pane antico, cit., 242; J.F. Gardner, Hadrian and the social legacy of Augustus, in Labeo, 42, 1996, 96 n. 31; Höbenreich, Annona, cit., 120-121 e 123-126; Sirks, Archives, cit., 336; Lo Cascio, Collegi, cit., 98; Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 349; Donahue, The Roman comunity at table, cit., 249 n. 31. Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 429 dell’imperatore fosse semplicemente quello di aumentare il numero dei pistores a Roma; ciò svelerebbe comunque il suo interesse per le operazioni legate alle fasi successive delle frumentazioni144. Adriano proseguì la politica del suo predecessore, estendendo la vacatio ai pistores che avessero avuto affidata la tutela dei figli dei propri colleghi, a patto che essi stessi non fossero né decuriales né membri di altre corporazioni, mentre Caracalla l’assegnò anche ai membri della corporazione da lui creati i quali avessero ricevuto la tutela prima di divenire pistores145. Tra la fine del II e gli inizi del Sirks, Food, cit., 311-322 e Id., The size of the grain distributions, cit., 224; Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 178. 145 Vat. fr. 235: Urbici pistores a collegarum quoque filiorum tutelis excusantur, quamvis neque decuriales neque qui in ceteris corporibus sunt excusentur. Et ita Hadriano rescripto ad Claudium Iulianum praefectum annonae significatur, quam epistulam quodam rescripto ad Vernam et Montanum pistores imperator noster cum patre interpretatus est et ad pistores pertinere, cum in eo negotio frumentum agentibus daretur a collegarum filiorum tutelis vacatio. Plus etiam imperator noster indulsit, ut a tutelis, quas susceperant ante quam pistores essent, excusarentur; sed hoc ab ipso creatis pistoribus praestitit et ita Marco Diocae praefecto annonae rescripsit; cfr. anche D. 27.1.46.1-2: Urbici autem pistores a collegarum quoque filiorum tutelis excusantur. Sed et hoc genus excusationis est, si quis se dicit ibi domicilium non habere, ubi ad tutelam datus est: idque imperator Antoninus cum divo patre significavit. Vd. Schnorr von Carolsfeld, Geschichte der juristischen Person, I, cit., 347 n. 2; De Robertis, Il diritto associativo romano, cit., 410 n. 49; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1827; Y. Debbasch, Excusatio tutoris, in Varia. Études de droit romain, II, Paris 1957, 80 n. 85; P. Bonfante, Corso di diritto romano, I: Diritto di famiglia, ristampa corretta della I edizione (1925) a cura di G. Bonfante e G. Crifò, Milano 1963, 593-594; D. Liebs, Hermogenians iuris epitomae. Zum Stand der römischen Jurisprudenz im Zeitalter Diokletians, Göttingen 1964, 71 n. 191; Spruit, De juridische en sociale positie, cit., 205 n. 27; A. Dell’Oro, Il titolo della suprema carica nella letteratura 144 430 Cristina Soraci III sec., l’appartenenza volontaria ai corpora venne trasformata in munus; a determinare tale cambiamento furono probabilmente le crescenti difficoltà di approvvigionamento verificatesi a partire dall’epoca di Commodo che, unitamente alla diffusione di numerose pestilenze nei territori dell’impero, avranno determinato una diminuzione del numero dei navicularii e con tutta probabilità anche dei membri di altre corporazioni desiderosi di prestare servizio nel campo dell’annona. Proprio per questo, si rese necessaria l’imposizione del munus, come era avvenuto per i pistores forse già all’epoca di Caracalla146. giuridica romana, Milano 1968, 68-69, che, commentando D. 27.1.46.2, ritiene la decisione attribuita a Caracalla, congiuntamente con il padre Settimio Severo, tuttavia defunto (e perciò fregiato dell’appellativo di divus) al momento della redazione del testo originale; De Robertis, Storia delle corporazioni, cit., 118-119, 231 n. 52; A. Gurzman, Dos estudios en torno a la historia de la tutela romana, Pamplona 1976, 129 n. 10 (ove è ridimensionata l’importanza delle litterae di Traiano per quanto concerne la concessione dell’excusatio tutoris), 189; M. Talamanca, Lo schema ‘genus-species’ nelle sistematiche dei giuristi romani, in La filosofia greca e il diritto romano. Colloquio italo-francese (Roma, 14-17 aprile 1973), II, Acc. Naz. dei Lincei, quad. nr. 221, Roma 1977, 262 n. 734 (a p. 271); B. Albanese, Le persone nel diritto privato romano, Palermo 1979, 462 n. 157, 468 n. 192; Luraschi, Il ‘praemium’, cit., 258 n. 68; G. Giliberti, Legatum kalendarii. Mutuo feneratizio e struttura contabile del patrimonio nell’età del Principato, Napoli 1984, 72 (secondo il quale una delle più frequenti excusationes che esimevano dall’ufficio del tutore era la dimora in una provincia diversa da quella in cui andava gestita la tutela); Sirks, Food, cit., 320-323; S. Puliatti, Il ‘de iure fisci’ di Callistrato e il processo fiscale in età severiana, Milano 1992, 25 n. 48; J.P. Coriat, Le prince législateur. La technique législative des Sévères et les méthodes de création du droit impérial à la fin du Principat, Rome 1997, 486; Höbenreich, Annona, cit., 126-130; Sirks, Archives, cit., 336-337. 146 Si vd. Sirks, Food, cit., 322-325, seguito da Lo Cascio, Collegi, cit., 102-107, che così interpreta Vat. fr. 235; una datazione più generica, nel corso del III sec. d.C., proponeva Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 431 Nel III secolo l’interesse degli imperatori per le operazioni legate alla panificazione, come del resto per l’approvvigionamento in genere, era quindi ormai consolidato; fu appunto prendendo atto dei bisogni della maggioranza della popolazione e tenuto conto della diffusione dei mulini ad acqua in tutto il territorio urbano che, a nostro avviso, Aureliano si decise a sostituire le tradizionali distribuzioni di frumento con quelle di pane147. È, comunque, indicativo, se la notizia è da ritenere fededegna, che l’imperatore avesse fatto distribuire il pane più pregiato, il siligineus: intendeva dimostrare la propria liberalitas per assicurarsi popolarità, ricompensare il popolo della mancata distribuzione di corone d’oro o renderlo partecipe dei benefici delle vittorie da poco ottenute? Probabilmente egli sarà stato spinto dall’insieme delle suddette motivazioni, ma forse anche, azzardiamo un’ipotesi, da una sottile considerazione: se il pane fatto di siligo era, in passato come poi lo sarà anche in futuro fin quasi ai nostri giorni, il cibo dei ricchi (“il devient symbole de réussite et d’ascension sociale”)148, Aureliano potrebbe aver voluto, in modo conforme a tutto il suo agire politico, minare i privilegi dell’aristocrazia romana, facendo sentire la gente comune un po’ più vicina al tenore di vita delle classi più agiate. col. 1829, mentre Waltzing, Étude historique, cit., 268-271 propendeva per l’epoca di Diocleziano. Si vd. anche Besnier, L’empire romain, cit., 250-251, secondo cui le misure prese da Aureliano in materia di rifornimento alimentare contribuirono a rendere inevitabile la trasformazione in munera dei servizi resi allo stato. 147 Cfr. Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 125, che con prudenza afferma: “questo cambiamento, le cui ragioni profonde ci sfuggono per mancanza di fonti, ratifica certamente una soluzione che auspicavano i beneficiari: sappiamo che i cereali erano sempre più consumati sotto forma di pane durante l’impero”. 148 Amouretti, Le pain et l’huile, cit., 117 e 119. Cfr. anche Moritz, Grain-mills, cit., xxiv-xxv e 153-154. 432 Cristina Soraci Un simile cambiamento comportò, tuttavia, un aumento delle spese; infatti, nonostante vi fosse, dal punto di vista del cittadino romano consumatore, uno scompenso tra il quantitativo di frumento fornito in passato per un giorno e il peso delle pagnotte di due libbre (1,133 kg circa rispetto a 654 gr)149, la decisione di distribuire pani siliginei comportava l’impiego del tipo di farina bianca detto siligo, che, come abbiamo visto, costituiva solo una parte del prodotto dato dalla macinazione dell’omonimo tipo di grano; ciò avrà comportato per lo stato un’apparente ‘perdita’ della farina restante, probabilmente utilizzata per altri scopi mediante accordi con i panificatori. Se poi ricordiamo che l’Egitto non era produttore della siligo ma di triticum, e che la siligo proveniva per lo più dalle campagne italiane, c’è da chiedersi quali provvedimenti abbia adottato Aureliano per rifornirsi di siligo senza pesare troppo sulle casse dello stato, se incentivando la cerealicoltura in Italia o aumentando le imposte dirette, ecc… È, comunque, possibile che la distribuzione di panis siligineus sia stata, come riteneva Durliat, di breve durata150. Calcoli diversi, che non tengono conto del tipo di grano verosimilmente utilizzato, offrono Raffo, Distribuzioni, cit., 253; Rickman, Corn supply, cit., 207. Chastagnol, Préfecture, cit., 312 evidenzia il dimezzamento del quantitativo distribuito, aggiungendo che Aureliano avrebbe agito così “sans doute afin de supporter plus aisément les charges financières qu’entraînait sa réforme”; Coarelli, Situazione edilizia, cit., 454 n. 123 parla di “enorme aggravio” per lo stato, “solo in parte assorbito dalla diminuzione a metà circa dei quantitativi distribuiti”. 150 Durliat, De la ville antique…, cit., 61-63 considera la perdita di peso che i cereali registrano in seguito alla macinazione e il diverso grado di finezza della farina, per cui ritiene che per produrre due libbre di pane siligineo sarebbe stato necessario 1,1 kg di pane al giorno, ossia l’equivalente dei 5 modii mensili prima distribuiti ai cittadini romani (cfr. anche Segrè, Note, cit., 189); dunque lo stato non avrebbe risparmiato nemmeno nella quantità del grano utilizzato. Analogamente, 149 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 433 Sullo stato ricadevano adesso anche i costi di macinazione e di cottura, che potevano causare anche un aumento del cento per cento sulla spesa151; infine, visto che il pane non poteva conservarsi a lungo ma doveva essere distribuito giornalmente, è chiaro che ciò comportò il moltiplicarsi dei luoghi di distribuzione, con il conseguente aumento del personale: un sistema, dunque, “assai più macchinoso e costoso rispetto alle antiche distribuzioni frumentarie mensili”152. Aureliano non distribuì, quindi, corone d’oro, come sperava il popolo, ma le spese cui andò incontro non furono certo indifferenti. «Panis... dispensus ab altis» (Prud. c. Symm. 1.582) Con l’introduzione delle distribuzioni di pane si rendevano necessarie alcune modifiche di tipo organizzativo. Le pagnotte dovevano essere, com’è ovvio, distribuite giornalmente ed era impossibile consegnarle nello stesso giorno e in uno stesso luogo a circa 100000 persone, anche se vi è stato chi ha ipotizzato un utilizzo ininterrotto della Porticus secondo Sirks, The size of the grain distributions, cit., 216 e n. 2, Aureliano non avrebbe aumentato di un’oncia (“yet it is uncertain what is to be understood by «uncia» here”) la quantità di 5 modii mensili, rimasta invariata dai tempi della repubblica, perché aveva addossato sullo stato una spesa non irrilevante, ossia i costi della macinazione e della cottura. Sulla distribuzione geografica della produzione di siligo e di triticum, cfr. Jasny, The wheat, cit., in partic. 71-79; Segrè, Note, cit., 197. 151 Szilágyi, Prices and wages, cit., 380; cfr. anche Id., Zur Entwicklung des Preis- und Lohnverhältnisses in der römischen Kaiserzeit, in Neue Beiträge zur Geschichte der Alten Welt, Band II: Römisches Reich, Berlin 1965, 133-139. Sulla difficoltà di poter precisare i costi di produzione cfr. però Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., col. 149. 152 Cfr. Cracco Ruggini, Spazi urbani, cit., 163-164. 434 Cristina Soraci Minucia a questo scopo fino al 330 d.C. circa, quando il curator aquarum et Miniciae avrebbe perso le sue prerogative sui rifornimenti153. Si rendeva dunque necessario moltiplicare i luoghi di distribuzione; a tale scopo, vennero dislocati in ogni regione della città dei gradus, una sorta di gradini da cui l’incaricato elargiva ogni giorno agli aventi diritto il pane, che per questo prese il nome di gradilis o popularis. L’identificazione della natura dei gradus è stata, a dire il vero, oggetto di discussione da parte degli studiosi. Van Berchem riteneva che essi fossero analoghi ai tribunales o suggestus utilizzati per i congiari, mentre Tengström li assimilava alle tribune degli edifici da spettacolo; Giardina ha ipotizzato che esse fossero strutture annesse ai pistrina. Da ultimo, Lo Cascio ha proposto di vedere una connessione tra le insulae (termine che, inteso nell’accezione più ampia di significato, indicherebbe edifici di ogni tipo, “ivi comprese le domus e i pistrina e le thermae”) e i gradus, i quali potrebbero essere “scale di particolari insulae”154. Rickman, Corn supply, cit., 197; Coarelli, Situazione edilizia, cit., 446; Lo Cascio, Registri, cit., 376; Watson, Aurelian, cit., 139; Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 344-345. Per l’ipotesi dell’utilizzo ininterrotto della Porticus Minucia fino al 330 d.C. circa cfr. Chastagnol, Préfecture, cit., 56-57. Secondo altri (Forzoni, La moneta nella storia, cit., 211-212) il pane poteva essere distribuito anche ogni due giorni, cosa che però appare improbabile specialmente se riferita al panis siligineus. 154 Van Berchem, Les distributions, cit., 104-105; Tengström, Bread, cit., 82-84; per queste ed altre ipotesi, vd. Giardina, Il pane nel circo, cit., 577-578 (“gradus era ormai, nella Roma di Atalarico, il nome che qualificava, nel linguaggio corrente, il complesso degli edifici che tradizionalmente si sarebbero divisi in pistrinum, taberna e gradus. Il gradus, parte per il tutto, ne era l’elemento più caratteristico”) e Id., Distribuzioni, cit., 20-21, seguito da Pucci, I consumi alimentari, cit., 380. Lo Cascio, Registri, cit., 373-380. 153 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 435 Come nella Porticus Minucia, anche presso i gradus erano affisse tavole di bronzo contentenenti i nomi dei beneficiari e la quantità di pane assegnata, che non dipendeva, ovviamente, dal diverso trattamento riservato ad alcuni beneficiari rispetto ad altri, ma dal fatto che ad un pater familias potevano essere date, oltre alla sua, anche le razioni di eventuali figli maschi, ancora in potestate155; ognuno poteva ritirare la propria razione solo presso il gradus cui era iscritto156. E’ interessante l’ipotesi di Lo Cascio secondo cui “il passaggio alla distribuzione di pane potrebbe (…) C.Th. 14.17.5, di cui riportiamo la parte finale: Popularibus enim, quibus non est aliunde solacium, quibus idem panis hodieque distrahitur, et eorum successoribus clementia nostra deputavit in quo nunc emitur loco propriis gradibus erogandum. Quibus titulus figendus est aeneus, in quem et panis modus et percipientis nomen debebit incidi. Et si ad tantum alicuius temeritas eruperit, ut aut per se aut per aliquem suorum sibi quolibet modo ius panis istius adque aereae tabulae suum voluerit nomen inserere, supra dictis condicionibus subiacebit (cioè sarà privato del pane di cui si è appropriato illecitamente: adquisito pane privabitur). Da ciò si evince anche che le liste affisse sui gradus miravano ad evitare indebite intrusioni tra gli aventi diritto. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 289; Van Berchem, Les distributions, cit., 106 n. 2; Waltzing, Étude historique, cit., 86 n. 5; Chastagnol, Préfecture, cit., 312; Tengström, Bread, cit., 85; Giardina, Il pane nel circo, cit., 575; Lo Cascio, Registri, cit., 371-373; Ampolo, Pane antico, cit., 242. 156 C.Th. 14.17.2: Panis gradilis in alium gradum translatio inhibeatur et cognoscat officium p(rae)f(ecti) annonae severissima sibi inminere supplicia, si ulterius translationem per gradus permiserit commutari. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 289; B. Kübler, ‘Res mobiles’ und ‘immobiles’, in Studi in onore di P. Bonfante nel XL anno del suo insegnamento, II, Milano 1930, cit., 355; Id., s.v. Panis civilis, in RE, 18, 1949, col. 607; Bandini, Corporazioni, cit., 55; Waltzing, Étude historique, cit., 86 n. 7; Giardina, Il pane nel circo, cit., 575; Sirks, Food, cit., 415; Lo Cascio, Registri, cit., 373. 155 436 Cristina Soraci avere implicato che i 1320 gruppi nei quali era divisa la plebs frumentaria del principato venissero a costituire un numero grosso modo analogo di gruppi attribuiti a un pari numero di gradus, sparsi nelle regiones della città: quasi che, in sostanza, la pertinenza del singolo ad un determinato ostium e ad un determinato giorno del mese si trasformasse ora nella pertinenza ad un determinato gradus”. Naturalmente, il numero dei gradus doveva essere elevato157. Personalmente, ritengo che una collocazione dei gradus in zone non distanti dai pistrina o, meglio ancora, ad esse adiacenti, avrebbe evitato, almeno in questo caso, ulteriori spese e problemi legati al trasporto del pane; si può supporre con buona verosimiglianza, sulla scia di Waltzing, che ciascuna panetteria dovesse servire uno o più gradus. Del resto, il numero dei pistrina di Roma, che nel IV sec. ammonta a più di 250, appare sufficiente a soddisfare le esigenze di produzione per garantire sia il pane da vendere sul mercato sia quello da distribuire alla plebs frumentaria158. Incaricati delle distribuzioni, o almeno di queste Lo Cascio, Registri, cit., 377-378. Cfr. Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1828; Sirks, The size of the grain distributions, cit., 224; M.L. Ceparano, I ‘pistrina’ nei regionari di IV secolo, in MEFRA, 110, 2, 1998, 917-927; Donahue, The Roman community at table, cit., 27. Per l’ipotesi dei gradus non distanti dai pistrina, cfr. già Krakauer, Das Verpflegungswesen, cit., 44; Waltzing, Étude historique, cit., 86. È interessante osservare che nel IV secolo le mensae oleariae, i luoghi di distribuzione dell’olio, erano a Roma 2300 (cfr. Homo, Rome impériale, cit., 238; Chastagnol, Préfecture, cit., 321; Lo Cascio, Registri, cit., 374 e 384; Christol, L’huile du prince, cit., 210), un numero di gran lunga superiore a quello dei pistrina, ma che forse potrebbe essere stato non troppo diverso da quello dei gradus. 157 158 Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 437 supervisori, assistiti da scribi dell’officium urbanum che verificavano l’idoneità dei richiedenti e controllati da personale al servizio del prefetto dell’annona159, erano gli stessi pistores, i quali elargivano la razione dovuta dall’alto dei gradus, come ricorda Prudenzio: omnis… quem panis alit Fig. 1 Vd. Waltzing, Étude historique, cit., 86; Tengström, Bread, cit., 87; Rickman, Corn supply, cit., 208. 160 Prud. c. Symm. 1.580-582, su cui cfr. Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1828; Giardina, Il pane nel circo, cit., 577; Id., Distribuzioni, cit., 21; Lo Cascio, Registri, cit., 374 n. 33. 159