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GERMANICO NEL CONTESTO POLITICO DI ETÀ GIULIO CLAUDIA LA FIGURA, IL CARISMA, LA MEMORIA PERUGIA 21-22 NOVEMBRE 2019 A cura di Roberto Cristofoli - Alessandro Galimberti - Francesca Rohr Vio «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER CENTRO RICERCHE E DOCUMENTAZIONE SULL’ANTICHITÀ CLASSICA MONOGRAFIE 49 Germanico Nel contesto politico di età Giulio Claudia: la figura, il carisma, la memoria Perugia 21-22 Novembre 2019 a cura di R. CRISTOFOLI, A. GALIMBERTI, F. ROHR VIO «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Roma - Bristol Germanico Nel contesto politico di età Giulio Claudia: la figura, il carisma, la memoria Perugia 21-22 Novembre 2019 © Copyright 2020 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Via Marianna Dionigi, 57 00193, Roma - Italia www.lerma.it 70 Enterprise Drive, Suite 2 Bristol, 06010 - USA Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell’Editore Il volume è stato sottoposto a procedura di Peer-Review Sistemi di garanzia della qualità UNI EN ISO 9001:2015 Sistemi di gestione ambientale ISO 14001:2015 Germanico. Nel contesto politico di età Giulio Claudia: la figura, il carisma, la memoria (a cura di) R. CRISTOFOLI, A. GALIMBERTI e F. ROHR VIO Germanico. - Roma: L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2020 - 228 p. 24 cm. ISBN (CARTACEO) 978-88-913-2056-8 ISBN (DIGITALE) 978-88-913-2059-9 CDD 930 1. Germanico Questo volume è stato finanziato dai fondi di ricerca dell’Università Cattolica di Milano linea D.3.1 2020 e dal fondo di Ricerca di base 2018 dell’Università degli Studi di Perugia (in riferimento al Progetto di Ricerca Tradizione, moralità, mito. Costruzione dell’immagine pubblica e istituzionalizzazione dell’autorità politica nel mondo greco e romano). I contributi di questo volume sono stati sottoposti alla procedura di peer review. SOMMARIO Introduzione ....................................................................................... 1 U. ROBERTO Dopo Teutoburgo: Germanico sul Reno e i rapporti con Tiberio (11-14) ............................................................................................... 5 M. CASSIA Il trionfo di Germanico nella Geografia straboniana: memoria autoptica, testimonianza indiretta o esperienza “mediata”? ............ 27 F. ROHR VIO, A. VALENTINI “Le parole del comandante accesero l’ardore dei soldati”. Strategie, temi e tecniche della comunicazione politica di Germanico, erede alla porpora ...................................................................................... 57 G. ARENA Nel solco di Augusto: il carisma provvidenziale di Germanico nella kolossourgìa di Strabone.................................................................... 75 G. TRAINA - P. BUONGIORNO L’imperium di Germanico, l’Armenia e l’Oriente ............................ 99 L. CAPPONI Germanico in Egitto tra storia e memoria ........................................ 123 F. CENERINI La figura e la memoria di Germanico nell’azione femminile ............ 141 R. CRISTOFOLI La promozione di Caligola sotto Tiberio: fra mito di Germanico e attualità politica ................................................................................. 155 VI SOMMARIO A. GALIMBERTI Germanico e Claudio ......................................................................... 175 G. L. GRASSIGLI L’immagine di Germanico. Iconografia della speranza e del ricordo ................................................................................................ 187 ARNALDO MARCONE Conclusioni ........................................................................................ 221 INTRODUZIONE Il Convegno Internazionale, del quale in questo volume presentiamo gli Atti, si inserisce in un Progetto che nel corso degli anni si è configurato come un vero e proprio macroitinerario di ricerca: Fra Repubblica e Principato, il quale, cominciato da un decennio, annovera ormai varie iniziative editoriali e convegnistiche. Queste ultime hanno risposto all’obiettivo di riportare al centro dell’attenzione e della ricerca i secoli I a.C. e I d.C.: nei decenni precedenti, questo periodo cruciale, ad onta della qualità dei pochi studi incentrati su di essi, non sembrava rivestire più il ruolo rilevante, nell’attenzione del panorama di studi soprattutto italiano, che in realtà merita. Ci troviamo di fronte, infatti, non solo ad una significativa epoca di transizione, ma anche al punto d’arrivo e al punto di partenza di fasi plurisecolari della storia della civiltà romana. Nel corso degli anni, in momenti differenti e coinvolgendo specialisti di discipline diverse, abbiamo promosso nel contesto di questi studi specifici percorsi di ricerca, strutturati anche in progetti, ognuno inteso ad approfondire tale periodo da un peculiare angolo di osservazione, contribuendo a mettere in maggior evidenza tratti portanti dell’architettura politica e istituzionale con cui la Repubblica aveva rivestito la sua ultima fase, e il Principato iniziato la sua esistenza. Ci limiteremo a ricordare i convegni che sono stati organizzati nel 2010 a Venezia (Tra Repubblica e Principato. Strategie, slogan, simboli e ideologie), nel 2013 a Milano (Lo spazio del non-allineamento a Roma fra Tarda Repubblica e Primo Principato. Forme e figure dell’opposizione politica), e nel 2016 ancora a Venezia (Costruire la memoria: uso e abuso della storia fra tarda repubblica e primo principato). Per quanto riguarda il polo concettuale che ha dato origine al Convegno e a questo volume, il bimillenario della morte di Germanico (spirato ad Antiochia di Siria il 10 ottobre del 19 d.C.) ci è sembrato offrire l’occasione non solo per rievocarne la figura e il carisma, ma, come recita il titolo stesso dato al Convegno, anche la memoria: ciò sottende la nostra convinzione secondo cui il personaggio non mancò di esercitare un influsso deter- 2 (R.C. - A.G. - Fr. R. V.) minante sulle dinamiche più concretamente politiche dell’alto Principato e sui meccanismi di costruzione di immagini e programmi. Il figlio di Druso Maggiore e Antonia Minore è famoso come il grande condottiero che vendicò Teutoburgo con la guerra di ultio coronata ad Idistaviso; è altrettanto noto per la sua morte alla stessa età di Alessandro Magno, trentatré anni, vittima di un cold case che suscitò da subito ampia attenzione e diffusa eco; ma fu altresì un raffinato autore di epigrammi e di opere letterarie anche in greco, il punto di riferimento di molti intellettuali, un beniamino di un’ampia parte del popolo, una guida per i soldati. Lo stesso Ovidio – che nel 12 ne auspicava la successione ad Augusto – lo designava come numen; un insigne latinista, Gianpiero Rosati, con sintesi efficace, lo ha recentemente definito “principe del futuro”. Germanico e sua moglie Agrippina Maggiore, la loro famiglia, numerosa (nove figli, di cui ne morirono tre in tenera età), e suggestiva per i contemporanei, incarnarono nella Roma di Augusto prima e di Tiberio poi un modello politico nuovo, che guardava oltre i confini della tradizione e si apriva a elementi che erano rimasti al di fuori, fino ad allora, della scena del potere. I sei figli di Germanico e Agrippina che sopravvissero all’infanzia portavano, come il proprio padre, il sangue dei Giulii e quello dei Claudii, e ciò era il presagio di una sintesi, che nella seconda parte della dinastia si estese fino a coinvolgere anche la parziale ma rilevante ripresa dell’eredità di Marco Antonio e di alcune linee della sua politica. Proprio all’interno del periodo del nostro macroitinerario, e più compiutamente nel regno di Tiberio, si manifestò in una maniera molto evidente l’ingresso nel corso storico-politico dell’antica Roma di fenomeni nuovi con cui confrontarsi, tra i quali l’azione delle matrone in favore della promozione degli uomini, e la ripresa del ruolo dei contesti esterni a Roma come terreni di proiezione e prosecuzione dei conflitti politici interni (come era stato al volgere del II sec. a.C. per la guerra Giugurtina nel suo scoppiare ed evolversi). La cifra del Convegno ha inteso essere proprio questa: analizzare come la figura di un grande personaggio, che non riuscì a consacrarsi appieno, improntò tuttavia di sé non solo una parte rilevante del principato del primo successore di Augusto, ma anche le successive partite interne alla prima dinastia per la successione al potere: i cui esiti, non certo per un caso, videro l’affermazione consecutivamente del figlio, e poi del fratello e del nipote di Germanico. In questo Convegno, si è cercato di conseguire un obiettivo importante: coinvolgere nei temi di ricerca del I sec. a.C. e del I sec. d.C. anche stu- INTRODUZIONE 3 diosi distintisi per ricerche di alto valore incentrate su periodi della storia romana distanti dalla tarda Repubblica e dall’alto Principato. Il vantaggio di questa impostazione è evidente non solo in un’ottica di osmosi delle specializzazioni e delle metodologie di ricerca. Siamo altresì persuasi dell’importanza di aver mantenuto anche nel presente Convegno, come già nei precedenti, il carattere nazionale ed internazionale della nostra iniziativa: anche questo appuntamento ha riunito affermati studiosi di ogni parte d’Italia, e di Scuole straniere di grande tradizione e fama nell’ambito di ricerca, ed anzi le conferenze presentate dai secondi sono state di più di quelle consegnate per la pubblicazione negli atti (che hanno partecipato ai lavori del Convegno e in buona parte anche al volume degli Atti). Accomunati dall’interesse per l’Età di Tiberio anche nella sua ricezione delle istanze repubblicane ed augustee, e nel suo carattere prodromico degli sviluppi politici futuri, compongono ed illustrano il Convegno specialisti delle sue sfaccettature più varie: politiche, militari, giuridiche, storico-artistiche, nonché inerenti alle realtà e culture straniere coeve, all’azione femminile, ai capisaldi propagandistici ed autopromozionali, alla ricezione ed elaborazione storiografica. Ci sembra che gli esiti del Convegno possano costituire un termine di confronto e di ispirazione speriamo utile per quanti si interessano alle tematiche prese in esame, e con questo stesso auspicio abbiamo cercato di far seguire al Convegno una pubblicazione degli Atti il più possibile vicina nel tempo - nonostante le difficoltà del momento. Non possiamo esimerci dal ringraziare vivamente quanti hanno permesso a questa iniziativa di realizzarsi: ai fini dell’organizzazione del Convegno si usufruisce dei fondi di Ricerca di base 2017 dell’Università degli Studi di Perugia, delle Assegnazioni Dipartimentali per la Ricerca dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Università Cattolica di Milano; ai fini della stampa del presente volume di Atti, dei fondi di Ricerca di base 2018 dell’Università degli Studi di Perugia e dei fondi di ricerca dell’Università Cattolica di Milano. Ringraziamo inoltre i nostri Dipartimenti di afferenza, vale a dire il Dipartimento di Lettere-Lingue, Letterature e Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Perugia, che peraltro ha ospitato nei suoi locali i lavori del Convegno e compartecipato alle spese di rappresentanza; il Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’arte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia, hanno formalizzato la loro collaborazione assicurando anche il patrocinio all’iniziativa. I Direttori dei Dipartimenti (il Prof. 4 (R.C. - A.G. - Fr. R. V.) Mario Tosti fino al 31 ottobre 2019, e dal I novembre 2019 il Prof. Stefano Brufani per il Dipartimento perugino; il Prof. Giuseppe Zecchini per il Dipartimento milanese; la Prof.ssa Giovannella Cresci Marrone per il Dipartimento veneziano) hanno favorito costantemente l’organizzazione del Convegno e anche a loro va il nostro ringraziamento. (R.C. - A.G. - Fr. R. V.) DOPO TEUTOBURGO: GERMANICO SUL RENO E I RAPPORTI CON TIBERIO (11-14) In un passo delle Res gestae Augusto ricorda l’estensione delle sue conquiste (RGDA 26, 1-2): Omnium prov[inciarum populi Romani,] quibus finitimae fuerunt gentes, quae n[on parerent imperio nos]tro, fines auxi. Gallias et Hispanias provincia[s, item Germaniam, qua inclu]dit Oceanus a Gadibus ad ostium Albis flum[inis pacavi. Nonostante Teutoburgo, era questa la visione del confine del Nord che Augusto volle affermare nel suo testamento politico. Confermò questo suo giudizio anche nell’ultima redazione delle Res gestae, ovviamente consapevole del significato delle sue parole. E la questione si proietta pure sulla famosa nota scritta a mano nel breviarium totius imperii, allegato al suo testamento, che conteneva un consuntivo delle forze dell’impero con il consilium coercendi intra terminos imperii: uno dei confini da non oltrepassare era l’Elba, non il Reno1. In realtà, alla morte di Augusto l’Elba era fuori dal controllo dei Romani. Al contrario, tutta la zona tra il Reno e l’Elba era ancora saldamente in mano ai ribelli. Dopo oltre quindici anni di dominio romano sul territorio (7 a.C.-9 d.C.) i Cherusci avevano guidato una parte degli altri popoli della 1 Cfr. Tac., Ann. 1, 11, 3-4: [...] cum proferri libellum recitarique iussit. Opes publicae continebantur, quantum civium sociorumque in armis, quot classes, regna, provinciae, tributa aut vectigalia, et necessitates ac largitiones. Quae cuncta sua manu perscripserat Augustus, addideratque consilium coercendi intra terminos imperii, incertum metu an per invidiam; cfr. pure Suet., Aug. 101. Sul tema cfr. ZECCHINI 2010, p. 158; ECK 2018. A conferma dell’estensione del territorio di Germania magna fino all’Elba nella visione di Augusto cfr. pure Strab. 7, 4; e le testimonianze di Cass. Dio 55, 10a, 2 e Tac., Ann. 4, 44, 2, sulla costruzione da parte del legato L. Domizio Enobarbo di un altare per Augusto sulle sponde dell’Elba, a suggestivo suggello del termine dell’impero; cfr. pure FAORO 2015 (a), pp. 681-682. Sul passo delle RGDA 26, 1-2 cfr. ARENA 2014, pp. 85-87. L’orgoglio di Augusto nel proclamare l’estensione delle sue conquiste a settentrione è espresso anche in RGDA 26, 4: cla[ssis mea per Oceanum] ab ostio Rheni ad solis orientis regionem usque ad fi[nes Cimbroru]m navigavit, quo neque terra neque mari quisquam Romanus ante id tempus adit. Cimbrique et Charydes et Semnones et eiusdem tractus alii Germanorum popu[l]i per legatos amicitiam meam et populi Romani petierunt. 6 UMBERTO ROBERTO regione tra Reno e Weser all’insurrezione contro Roma. Com’è noto, il disastro si era compiuto con l’annientamento delle legioni stanziate sul basso corso del Reno, nell’estate del 9 d.C., in un’area che Tacito chiama Saltus Teutoburgiensis. In seguito alla battaglia di Teutoburgo, quanto i Romani avevano faticosamente costruito dopo le conquiste di Druso e Tiberio tra il 12 a.C. e il 9 d.C. era velocemente andato in rovina2. Abbiamo scarse testimonianze sulla fuga dei Romani, soldati e civili, e dei Germani a loro fedeli fino agli accampamenti sul Reno. Oltre alle esigue notizie nelle fonti, sono state elaborate ipotesi costruite attraverso la documentazione archeologica. Così, a Waldgirmes, sul Lahn, a Nord di Francoforte, gli scavi condotti dal 1993 hanno portato a conoscenza la fondazione di un insediamento romano abitato prevalentemente da Germani. Negli anni dal 4 a.C. al 9 d.C., il luogo si stava trasformando in città: venne dotato di un sistema di difesa che lo cingeva, di un regolare tessuto viario, di fontane e impianti idrici che assicuravano acqua corrente. Al centro della città era un foro che ospitava cinque statue a cavallo della famiglia imperiale. Nel periodo concitato della fuga dei Romani, qualcuno fece a pezzi le statue, ma poi le depose in maniera ordinata all’interno di un pozzo, dove sono state ritrovate circa duemila anni più tardi3. Un’altra testimonianza è quella relativa al campo di Aliso, probabilmente da identificare con il sito di Haltern am See. Il comandante del campo, Lucio Cecidio, riuscì a gestire la grave emergenza, proteggendo i civili confluiti verso l’insediamento, sostenendo prima un assedio, aprendosi poi la via verso il Reno con le armi. Scrive al riguardo Velleio Patercolo (2, 120, 4): L. etiam Caecidii praefecti castrorum eorumque, qui una circumdati Alisone immensis Germanorum copiis obsidebantur, laudanda virtus est, qui omnibus difficultatibus superatis, quas inopia rerum intolerabis, vis hostium faciebat inexsuperabilis, nec temerario consilio nec segni providentia usi speculatique opportunitatem ferro sibi ad suos peperere reditum4. «Senza decisioni avventate o imbelli ripensamenti, attesero il momento opportuno e s’aprirono con la spada la via del ritorno a casa». Attenta 2 Sulla precarietà del controllo romano, in particolare dei territori tra Weser ed Elba, durante tutto il periodo tra il 7 a.C.e il 9 d.C. cfr. Cass. Dio 56, 18, 1; FAORO 2015 (a), pp. 680-681; ROBERTO 2018, pp. 77-88. 3 La scoperta di Waldgirmes ha confermato l’attendibilità di Cassio Dione 56,18,2 e della sua fonte. Il sito di Waldgirmes rimase probabilmente abitato da Germani anche dopo Teutoburgo. Non sappiamo se furono gli stessi abitanti di stirpe germanica a distruggere le statue, riponendone poi con ordine i frammenti in un pozzo. Sulla questione cfr. ROBERTO 2018, pp. 132-133; cfr. in generale sull’insediamento BECKERRASBACH 2016; e sulle conseguenze di Teutoburgo sull’insediamento RASBACH 2017. 4 Sulla coraggiosa impresa di Cecidio cfr. pure Cass. Dio 56, 22, 2a e 2b (si tratta in realtà dell’epitome del testo di Cassio Dione fatta da Zonara. L’originale, in questa parte, è perduto); Front., Strat. 3, 15, 4; 4, 7, 8. DOPO TEUTOBURGO: GERMANICO SUL RENO E I RAPPORTI CON TIBERIO (11-14) 7 riflessione, rapidità, coraggio. Queste virtù sono riconosciute da Velleio Patercolo anche a un altro personaggio che fu direttamente coinvolto nelle conseguenze del disastro. Nelle settimane successive alla disfatta, tutta l’organizzazione della frontiera romana a Nord-est della Gallia rischiò il collasso. Giustamente Velleio loda pure il sangue freddo di Lucio Nonio Asprenate, nipote e legato di Quintilio Varo, al comando di una parte dell’esercito di Germania (2, 120, 3): Reddatur verum L. Asprenati testimonium, qui legatus sub avunculo suo Varo militans gnava virilique opera duarum legionum, quibus praeerat, exercitum immunem tanta calamitate servavit matureque ad inferiora hiberna descendendo vacillantium etiam cis Rhenum sitarum gentium animos confirmavit. Da Mogontiacum Asprenate si mise velocemente in marcia con le due legioni superstiti – la I Germanica e la V Alaudae – per raggiungere l’area intorno agli accampamenti di Oppidum Ubiorum e Castra Vetera, del tutto sguarnita di truppe. La coraggiosa iniziativa del legato evitò la propagazione della rivolta oltre il Reno e chiuse i varchi verso la Gallia agli insorti. Inoltre, furono i soldati di Asprenate a intercettare e a mettere al sicuro i drappelli di fuggiaschi che in colonne organizzate, come quelle di C. Cecidio, o in piccoli gruppi fuggivano verso il Reno5. Questi testi offrono le coordinate politico-militari, e l’atmosfera mentale, in cui nell’autunno-inverno 9-10 si svolsero sia la gestione dell’emergenza sulla frontiera del Reno, sia la campagna di contenimento dell’insurrezione dei Germani. Nonostante le velleità di riconquista di Augusto, fu subito evidente, per chi si trovava sul posto, che lungo il Reno non si combatteva tanto per la punizione degli insorti e la rioccupazione del territorio tra il fiume e l’Elba; si combatteva piuttosto per difendere la frontiera della Gallia romana e per evitare il dilagare della rivolta contro Roma anche tra i Galli. Era questa la percezione di chi, lontano da Roma, viveva in trepidazione per un possibile imminente attacco6. Tiberio Cesare, scelto da Augusto per reagire alla grave minaccia, condivideva questo giudizio. Il successore designato del principe era il migliore comandante a disposizione, l’uomo di maggiore fiducia per affrontare i rischi della spedizione, quello dotato di più grande carisma e di esperienza. 5 Su Vell. 2, 120, 3 cfr. pure FAORO 2015 (a), pp. 686-688; cfr. pure Cassio Dione 56, 22, 2b; TIMPE 1970, pp. 90-91, 112-113; ROBERTO 2018, pp. 133 e 334-335. 6 In generale, almeno per il periodo immediatamente successivo al disastro di Teutoburgo, Cassio Dione 56, 24, 1-5, riferisce del clima di grande preoccupazione a Roma e in Italia, testimoniato dall’osservazione di segni e presagi; cfr. pure TIMPE 1970, pp. 110-116; ROBERTO 2018, 145-147. Sulla necessità della ultio contro il ribelle Arminio cfr. pure LIEBS 2010. 8 UMBERTO ROBERTO Tiberio, infatti, conosceva bene la regione del Reno e i suoi avversari, le tribù germaniche che abitavano tra il grande fiume e il Weser. Li aveva duramente combattuti in circostanze eccezionali, nell’8 a.C. Anche in quell’epoca, Tiberio fu inviato con urgenza a concludere la campagna di conquista dello spazio oltre il Reno. Le operazioni erano state interrotte da un fatto di straordinaria gravità. Infatti, proprio sulla via del ritorno verso gli accampamenti invernali, nell’autunno del 9 a.C., suo fratello Druso, comandante dell’esercito, era caduto da cavallo e, nel breve volgere di qualche settimana, era morto in seguito all’incidente. Come raccontano le fonti, Tiberio si recò in gran fretta da Ticinum, dove si trovava, fino alle foreste della Germania. Fu insieme al fratello al momento della sua morte, poi accompagnò il cadavere per le onoranze funebri. La morte improvvisa di Druso fu un prodigio nefasto, un segno che turbò profondamente Tiberio e condizionò, a lungo, la sua visione dell’impresa germanica. Al di là delle considerazioni politiche e militari, il tentativo di conquistare lo spazio tra Reno ed Elba, e la speranza di oltrepassare quest’ultimo confine, sembrava un gesto di esagerata ambizione, foriero della punizione divina7. Ciononostante, a partire dalla primavera dell’8 a.C. Tiberio confermò il suo valore di capace generale e valoroso guerriero. Ebbe il comando supremo per completare l’impresa del fratello. Deportò i Sugambri sulla riva sinistra del Reno e sottomise le tribù dei Germani fino al Weser, riportando gli eserciti romani fino all’Elba. A partire dal gennaio 7 a.C., in concomitanza con il grande trionfo concesso a Tiberio a Roma, è possibile datare l’inizio della provincia di Germania magna8; un territorio che – soprattutto dal Reno al Weser – il governo imperiale cercò da subito di trasformare in uno spazio romano, apprestando basi militari, fondando nuove città, costruendo infrastrutture, avviando lo sfruttamento delle risorse9. 7 Secondo Cassio Dione 55, 1, 3-5, una donna gigantesca era apparsa a Druso sulle rive dell’Elba e gli aveva parlato in latino, ricacciandolo indietro: ποῖ δῆτα ἐπείγῃ, Δροῦσε ἀκόρεστε; οὐ πάντα σοι ταῦτα ἰδεῖν πέπρωται. ἀλλ᾽ ἄπιθι· καὶ γάρ σοι καὶ τῶν ἔργων καὶ τοῦ βίου τελευτὴ ἤδη πάρεστι («Fino a dove vuoi arrivare, insaziabile Druso? Non ti è concesso di vedere tutte queste cose. Va via, dunque. Prossima ormai è la fine delle tue imprese e della tua vita»). Cfr. pure Suet., Claud. 1 e, Vell. 2, 97, 3, che allude in maniera imprecisa alla vicenda; cfr. pure ABRAMENKO 1994, pp. 378-383. Il comportamento irriverente di Druso aveva già suscitato l’ostilità degli dei, secondo Tac., Germ. 34, 2. 8 Cfr. Vell. 2, 97, 3 e 4: sic perdomuit (scil. Tiberio) eam, ut in formam paene stipendiariae redigeret provinciae. Cfr. pure Aufidio Basso in Cassiodoro, chronicon 588: inter Albim et Rhenum Germani omnes Tiberio Neroni dediti. Sul trionfo pure Cass. Dio 55, 6, 6. Cfr. in generale Roberto 2018, pp. 41-46. 9 Tra i segni più evidenti della volontà di insediarsi stabilmente sul territorio c’è la tipologia delle tombe della necropoli del campo di Haltern am See, presso Münster. Il sito si stava trasformando da installazione militare in centro amministrativo della regione. Ospitava militari e civili romani, e le tombe costruite nella necropoli indicano chiaramente che la popolazione locale intendeva restare sul territorio. Anche gli splendidi resti delle statue in bronzo dorato del foro di Waldgirmes indicano l’avanzato stadio di edifica- DOPO TEUTOBURGO: GERMANICO SUL RENO E I RAPPORTI CON TIBERIO (11-14) 9 Ma fin dall’inizio, la Germania fu una provincia turbolenta e il processo di provincializzazione proseguì con difficoltà. In seguito a diverse rivolte, Tiberio venne nuovamente inviato con un imperium proconsulare a sedare una rivolta nella provincia, e rimase in Germania dal 4 al 6 d.C.10 2. Questa premessa è necessaria, in primo luogo, per comprendere le ragioni politiche che convinsero Augusto a inviare nuovamente Tiberio sul Reno, nei mesi difficili tra la fine del 9 e il 10, dopo Teutoburgo. In secondo luogo, è utile per meglio valutare il rapporto di Tiberio con il giovane Germanico, suo nipote, figlio di Druso, adottato dallo stesso Tiberio a fine giugno del 4 d.C., per volontà di Augusto. A partire dall’11, Germanico fu, infatti, già al fianco del padre adottivo in Germania. A Tiberio fu affidata una difficile missione. Dopo un iniziale periodo di sorpresa, Augusto pretendeva l’annientamento dei ribelli; la ultio dell’affronto arrecato da sudditi provinciali – alcuni cittadini romani e perfino ufficiali dell’esercito, come Arminio; la riconquista del territorio. Al di là dei rapporti imposti dalle gerarchie militari, dallo svolgimento delle campagne riteniamo che già in quest’epoca Tiberio e Germanico avessero visioni diverse sugli scopi della loro presenza sul Reno, e diverse aspettative. Figlio di Druso, il conquistatore della Germania, Germanico era probabilmente già in questo periodo allineato con l’auspicio di Augusto, che voleva la ultio contro i perfidi ribelli e, soprattutto, la riconquista dello spazio tra Reno ed Elba. Diversa era la posizione di Tiberio che, da esperto militare, vedeva la situazione come Asprenate e Cecidio. Si trattava, nell’immediato, di salvare la frontiera della Gallia, contenendo eventuali attacchi degli insorti. Per quanto riguarda il significato complessivo della guerra, il suo giudizio ci sembra precisamente chiarito in un più tardo documento epigrafico di grande importanza, che ricorda gli onori funebri da rendere a Germanico dopo la sua morte nell’ottobre 19. È un passo celebre della Tabula Siarensis. Per celebrare il defunto, fu deliberato di erigere un arco in marmo per Germanico in Circo Flaminio riportando nell’iscrizione la memoria delle sue imprese (Tabula Siarensis 1, 12-18): […] senatum populumque Romanum id monum[entum marmoreum dedi]/casse memoriae Germanici Caesaris cum iis Germanis bello superatis zione di una città a circa 70 km a nord dall’odierna Francoforte. Cfr. in generale: ECK 2004; ECK 2011, pp. 11-23; ROBERTO 2018, pp. 47-75. 10 Sulle capacità di Tiberio come esperto conoscitore dei Germani e dei loro metodi di combattimento cfr. le affermazioni dello stesso principe in Tac., Ann. 2, 26, 3. 10 UMBERTO ROBERTO [et longissime] / a Gallia summotis receptisque signis militaribus et vindicata frau[dulenta clade] / exercitus p(opuli) R(omani) ordinato statu Galliarum proco(n)s(ul) missus in transmarinas pro[vincias Asiae] / in conformandis iis regnisque eiusdem tractus ex mandatis Ti(beri) C(a)esaris Au[g(usti) imposito re]/g(e) Armeniae non parcens labori suo priusquam decreto senatus [ei ovatio conce]/deretur ob rem p(ublicam) mortem obisset […]11. Nell’onorare le gesta di Germanico, il documento si allinea con la visione di Tiberio sul significato delle guerre in Germania. Infatti, il passo descrive chiaramente le ragioni che indussero Tiberio dapprima a una prudente conduzione delle operazioni militari tra 10 e 12 e, qualche anno dopo, alla clamorosa decisione di abbandonare la provincia di Germania transrenana, nonostante le grandi vittorie di Germanico nel 15/16. Nel documento Germanico è lodato per aver condotto con successo la guerra contro i Germani. Le sue brillanti imprese hanno consentito di preservare intatti i confini della Gallia dalla minaccia di genti ostili e sentite come lontane da Roma e dal suo impero. Inoltre, si riconosceva a Germanico di aver compiuto la ultio del popolo romano, vendicando una sconfitta causata dalla perfidia dei nemici. Al centro della visione di Tiberio c’è, tuttavia, la Gallia. Non c’è alcuna menzione della Germania come provincia dal Reno all’Elba. Per Tiberio l’ultimo confine dell’impero è invece il Reno. Le imprese di Germanico si comprendono e si esauriscono nello sforzo di difesa della Gallia e nella doverosa ultio contro i ribelli che avevano tradito e ucciso tanti cittadini romani. Secondo questa prospettiva si chiarisce meglio anche la strategia ‘difensiva’ da parte di Tiberio subito dopo Teutoburgo. Nel 10-12, pur avendo a disposizione un enorme esercito, destinato a un grande offensiva, Tiberio scelse di non avventurarsi nel territorio della Germania transrenana, consolidandosi sulle sue posizioni e attendendo l’avversario nelle regioni a ridosso della riva destra del Reno12. 11 «Il senato e il popolo romano dedicarono questo monumento alla memoria di Germanico Cesare, poiché questi, superati i Germani in guerra e spostati quanto più lontano possibile dalla Gallia, recuperate le insegne militari e vendicata una sconfitta dell’esercito del popolo Romano ottenuta con l’inganno, dato giusto ordine alle Gallie, inviato nelle province d’oltremare come proconsole per sistemare quei territori e i regni di quella regione, secondo le istruzioni di Tiberio Cesare Augusto, dopo aver pure assegnato all’Armenia un re, non risparmiandosi dalle fatiche, prima di far ingresso a Roma per ricevere un’ovazione, secondo il decreto del senato, era morto per lo Stato». Sulla centralità della Gallia nella Tabula Siarensis cfr. LEHMANN 1991, pp. 90-91 e 96. 12 Sulle operazioni militari del 10-12 cfr. infra. Ancora nella Tabula Siariensis I 26-29 si fa riferimento a una statua di Germanico da collocare sull’arco da costruire in suo onore sulla riva del Reno. Germanico doveva essere rappresentato mentre riceveva le insegne di Varo dai Germani, a chiara conferma del completamento della ultio. Sulla questione cfr. LEBEK 1991, pp. 51-54; e già LEBEK 1989, pp. 57-67. DOPO TEUTOBURGO: GERMANICO SUL RENO E I RAPPORTI CON TIBERIO (11-14) 11 È evidente nella visione di Tiberio una contrapposizione drastica rispetto agli obiettivi che, invece, Augusto aveva assegnato alla conquista della Germania transrenana. Inizialmente, Augusto ebbe qualche esitazione a condividere le idee di Agrippa che considerava necessario un consolidamento della presenza romana oltre il Reno sia a difesa della Gallia; sia, soprattutto, con l’ambizione di fare della Germania un luogo dove il principe e i suoi familiari potessero estendere il dominio del popolo romano e aumentare la loro gloria militare e il loro consenso. Le spiacevoli circostanze della clades Lolliana (17/16 a.C.) convinsero Augusto a sostenere il progetto di Agrippa. Com’è noto, la conquista della Transrenana fu affidata a Druso, tra il 12 e il 9 a.C.; e fu poi condotta a termine dallo stesso Tiberio, entro la fine dell’8 a.C. Già attraverso il trionfo concesso a Tiberio nel 7 a.C., Augusto utilizzò la fondazione della nuova provincia di Germania come motivo di celebrazione del suo principato e della sua famiglia. Il nuovo territorio si estendeva fino all’Elba, posto come ultimo confine dell’impero a Nord-est; e come tale confermato da Augusto anche nell’ultima redazione delle Res gestae. Esiste dunque una condivisione del valore simbolico della conquista della Germania per la gloria della famiglia del principe che passa da Augusto e Agrippa a Druso e, infine, Germanico. Nonostante le sue numerose vittorie sui Germani transrenani, e il suo personale impegno oltre il Reno, Tiberio respinse questa visione, mantenendo un parere contrario alla opportunità di creare un saliente transrenano, che avrebbe rappresentato una pericolosa minaccia per il confine della Gallia. Sotto questo punto di vista, per la sua valutazione strategica e per l’esperienza sul campo, Tiberio non si allineò con Augusto; e alla sua ascesa al potere, confermò questa suo giudizio politico con determinazione13. 13 Sulla visione di Agrippa e Augusto contrapposta a quella di Tiberio cfr. ECK 2018, pp. 131-136; ROBERTO 2018, pp. 3-46. Sull’influenza di Agrippa su Augusto in riferimento alla politica estera tra 22 e 12 a.C. cfr. RODDAZ 1984, pp. 383-388 e 478-484. Descrivendo l’atteggiamento a Roma negli ultimi anni del regime augusteo, Tac., Ann. 1, 3, 6, sembra attribuire questa visione anche allo stesso Augusto: bellum ea tempestate nullum nisi adversus Germanos supererat, abolendae magis infamiae ob amissum cum Quintilio Varo exercitum quam cupidine proferendi imperii aut dignum ob praemium. In realtà, come abbiamo detto, Tacito semplifica la situazione. Per Augusto, il compimento della ultio era collegato alla riconquista dello spazio tra Reno ed Elba. Anche per questa ragione, a Tiberio fu affidato il comando di un esercito enorme: gli furono concesse sei legioni, a sostituzione delle tre perdute da Varo, cosicché l’esercito del Reno raggiunse la consistenza di otto legioni Cfr. pure LEHMANN 1991, pp. 8284. Il contrasto tra le aspettative di Germanico e la visione di Tiberio rispetto agli scopi della campagna in Germania trasrenana è da Tacito sottolineato anche attraverso il giudizio complessivo sul trionfo di Germanico, il 26 maggio del 17: cfr. Tac., Ann. 2, 41, 2: bellumque, quia conficere prohibitus erat, pro confecto accipiebatur. 12 UMBERTO ROBERTO 3. La missione di Tiberio a difesa del Reno ebbe un importante prologo in Italia. Pochi mesi dopo Teutoburgo, la presenza di Tiberio a Roma è ancora attestata almeno fino al 16 gennaio del 10, giorno in cui, secondo i Fasti Praenestini, il Cesare consacrò il nuovo Tempio della Concordia. Probabilmente Tiberio partì per la Germania in primavera. Rimase nell’area del Reno fino alla tarda estate del 12 d.C. I Fasti Praenestini, infatti, ci indicano per il 23 ottobre del 12 la celebrazione del suo trionfo a Roma sulle popolazioni della Pannonia e della Dalmazia. La notizia è confermata anche da un passo di Velleio Patercolo, che si riferisce all’intero soggiorno (2, 121, 1-2): Eadem et virtus et fortuna subsequenti tempore ingressi Germaniam imperatoris Tiberii fuit quae initio fuerat. Qui, concussis hostium viribus classicis peditumque expeditionibus, cum res Galliarum maximae molis accensasque plebis Viennensium dissensiones coercitione magis quam poena mollisset, <et> senatus populusque Romanus, postulante patre eius, ut aequum ei ius in omnibus provinciis exercitibusque esset quam erat ipsi, decreto complexus esset – etenim absurdum erat non esse sub illo quae ab illo vindicabantur, et qui ad opem ferendam primus erat, ad vindicandum honorem non iudicari parem –, in Urbem reversus, iam pridem debitum, sed continuatione bellorum dilatum ex Pannoniis Delmatisque egit triumphum. Data la situazione di emergenza, per la campagna del 10-11 Tiberio ebbe un comando straordinario, un imperium proconsulare, che gli garantiva un controllo di tutta l’area del Reno, esteso anche alle province galliche. Eccezionale fu pure la grandezza dell’esercito che gli venne assegnato. Nonostante le perdite subite, e l’annientamento di tre legioni, Tiberio ritornò sul Reno con un contingente di nuovi reparti che riportò la forza dei Romani a otto legioni e un gran numero di ausiliari. Era circa un terzo dell’intero esercito legionario romano. Un’evidenza che da sola spiega la gravità della situazione; ed anche l’autorevolezza di Tiberio in quel frangente14. Prima ancora della sua partenza, nell’inverno tra 9 e 10, Tiberio ebbe da Augusto anche il compito di reclutare e organizzare l’esercito per la campagna di Germania. Sul grande impegno per rimediare rapidamente alla perdita di tre legioni abbiamo dettagliate informazioni in un passo di 14 Sull’importanza politica dell’esercito di Germania fin dal tempo di Augusto cfr. ZECCHINI 2010. Per la consacrazione del Tempio della Concordia, oltre ai Fasti Praenestini (Inscr.It. 13, 2, 17) cfr. pure Cass. Dio 56, 25, 1; Ovid., Fast. 1, 637-650; Suet., Tib. 20. DOPO TEUTOBURGO: GERMANICO SUL RENO E I RAPPORTI CON TIBERIO (11-14) 13 Cassio Dione 56, 23, 1-3. A giudizio dello storico, l’iniziale risposta alle esigenze di reclutamento di Augusto fu piuttosto modesta. Il principe intervenne duramente per sollecitare l’arruolamento dei cittadini, ma ancora una volta, senza successo15. Nelle descrizioni di Cassio Dione e Svetonio sulle frettolose modalità di reclutamento di nuovi legionari a difesa dell’Italia minacciata sono probabilmente esagerate le difficoltà affrontate dagli ufficiali incaricati della leva. Notizie su questa procedura a Roma e in Italia, e sul coinvolgimento personale di Tiberio, arrivano anche dal testo di due iscrizioni. Nonostante il loro valore documentario, le due iscrizioni appaiono poco utilizzate nella ricostruzione della campagna. La prima iscrizione proviene da Alexandria Troas (AE 1973, 501): C(aio) Fabricio C(ai) f(ilio) / Ani(ensi) Tusco IIvir(o), augur(i) / praef(ecto) cohort(is) Apulae et / operum quae in colonia iussu / Augusti facta sunt, trib(uno) mil(itum) leg(ionis) III / Cyr(enaicae) VIII, trib(uno) dilectus ingenuorum / quem Romae habuit Augustus et / Ti(berius) Caesar, praef(ecto) fab(rum) IIII, praef(ecto) equit(um) / alae praet(oriae) IIII, hasta pura et corona / aurea donatus est a Germanico / Caesare imp(eratore) bello Germanico / d(ecreto) d(ecurionum)16. Tra gli incarichi del personaggio onorato nell’iscrizione, C. Fabricius Tuscus, v’è quello svolto come tribunus dilectus ingenuorum quem Romae habuit Augustus et Tiberius Caesar. Dunque, si fa riferimento a una leva straordinaria di uomini di condizione libera condotta a Roma in occasione, evidentemente, di un’emergenza militare. Tiberio fu incaricato di organizzare la leva straordinaria. La sua menzione come Caesar indica che il dilectus venne realizzato tra il 4 e il 14 d.C. Sono state suggerite due possibili datazioni. Il 6 d.C., dunque all’inizio della rivolta pannonica del 6-8. Altra possibilità: il periodo tra l’autunno del 9 e l’inverno del 10 d.C., 15 Cfr. Cass. Dio 56, 23, 3: καὶ τέλος, ὡς καὶ πάνυ πολλοὶ οὐδ᾽ οὕτω τι αὐτοῦ προετίμων, ἀπέκτεινέ τινας. ἀποκληρώσας δὲ ἔκ τε τῶν ἐστρατευμένων ἤδη καὶ ἐκ τῶν ἐξελευθέρων ὅσους ἠδυνήθη, κατέλεξε, καὶ εὐθὺς σπουδῇ μετὰ τοῦ Τιβερίου ἐς τὴν Γερμανίαν ἔπεμψεν. La notizia è confermata anche da Suet., Aug. 25, 2: libertino milite praeterquam Romae incendiorum causa et si tumultus in graviore annona metueretur, bis usus est: semel ad praesidium coloniarum Illyricum contingentium, iterum ad tutelam ripae Rheni fluminis; eosque, servos adhuc viris feminisque pecuniosioribus indictos ac sine mora manumissos, sub priore vexillo habuit, neque aut commixtos cum ingenuis aut eodem modo armatos. 16 Cfr. AE 1973, 501 = 1975, 806 = 1978, 790. Per il testo dell’iscrizione cfr. G. BEAN in COOK 1973, p. 412, nr. 50, tav. 73 (= AE 1973, 501), che data l’iscrizione a un periodo successivo al 17 d.C.; e BRUNT 1974, che data l’iscrizione al periodo precedente alla morte di Augusto, poiché non compare come Divus nel testo. Cfr. pure RICL 1997, pp. 66-67, nr. 34. 14 UMBERTO ROBERTO quando si fecero i preparativi per reagire al disastro di Teutoburgo e inviare un potente esercito sul Reno. Considerando che Tiberio era presente per organizzare il dilectus, concordiamo con l’opinione di G.E. Bean, R. Syme e C. Letta che datano il dilectus al periodo autunno 9-inverno 10 d.C.; diversamente, nel suo denso articolo sull’iscrizione, P.A. Brunt pensa piuttosto che il dilectus debba riferirsi al 6 d.C., quando scoppiò la rivolta pannonica, dal momento che la mancanza di Divus nell’iscrizione suggerirebbe una datazione del testo al periodo precedente la morte di Augusto. Inoltre, Tuscus deve aver avuto il tempo per ricoprire dopo la responsabilità del dilectus le cariche indicate di seguito: praefectus fabrum per 4 anni e praefectus equitum per 4 anni. Questa cronologia alta presenta, tuttavia, diverse difficoltà. Oltre al cumulo di cariche in un periodo molto ristretto di 8 anni, è stato opportunamente osservato che nel 6 d.C. Tiberio era in Germania transrenana a reprimere una rivolta; da lì passò direttamente in Pannonia. Non è dunque per nulla attestato un suo rientro a Roma. La cronologia delle cariche ricoperte da Tuscus è allora da ricostruire in questo modo: dilectus nell’inverno 9-10, dopo la sconfitta di Teutoburgo; praefectus fabrum negli anni 10-13, probabilmente in Germania; praefectus equitum nel periodo 13-17, al servizio di Germanico, sempre in Germania17. C. Letta ha analizzato un’altra iscrizione, CIL IX 3664 (= EDR 128192), proveniente da Marruvium, oggi perduta, che è possibile riferire allo stesso periodo e conferma l’attività di Tiberio. Ecco il testo secondo la sua ricostruzione: Divos Aug(ustus) e[x commentario quem fecerat] / Ti(berius) Caesar de inquisitio[ne novorum militum, Marsorum] / ordini scripsit. Cuius [praeceptum ? secuti etiam] / principes in quos imperi[um populi Romani postea] / per successiones tra[nslatum est, --- c. 10 ---] / praefecto sagittar[iorum qui militaverunt sub] / Germanico Caesare in [Germania?, praefecto cohortis] / Ascalonitanae, IIIIvir[o quinquennali? Marsis, / curam inquisitionis ? (sive dilectus) detulerunt]. L’iscrizione era probabilmente un elogium di un personaggio proveniente da Marruvium, che svolse la sua carriera militare nell’età di Tiberio 17 Confermano l’ipotesi di G.E. Bean: SPEIDEL 1975; ORTH 1978; SYME 1979, pp. 317-319; LETTA 2008, p. 1145. Per l’ipotesi del reclutamento nel 6 d.C. cfr. BRUNT 1974, p. 161; SHERK 1988, p. 38, nr. 21. Sulla carriera di C. Fabricius Tuscus cfr. pure SADDINGTON 1994 e BENNETT 2016, pp. 156-157. Sulla leva a Roma di reclute per l’esercito di Germania dopo Teutoburgo cfr. anche Tac., Ann. 1, 31, 4, che parla di vernacula multitudo, nuper acto in urbe dilectu, lasciviae sueta, laborum intolerans; e Cass. Dio 57, 5, 4.