Ovidio

En el presente documento tratamos la visión de la figura masculina y femenina en la antigüedad a través de la obra del poeta romano Ovidio, ilustrando las grandes diferencias que separan a ambas figuras en este contexto.

In this paper we study the Ars Amatoria of Ovidio, were the author tells about the men and the woman in the roman´s society. We are interested especially in the differences of both.

ESIODO primo poeta della letteratura greca che ci da informazioni sulla sua vita: lo collochiamo fra la fine dell'8° e il 7° secolo a.C.; contemporaneo di Omero. Nacque in Beozia, regione molto importante per la letteratura greca: qui sorge il monte Elicona, una delle sedi delle Muse. Esiodo racconta che su questo monte incontrò le Muse, le quali lo iniziarono alle poesia.

En este trabajo se espera mostrar las dificultades que se enfrentan al momento de escenificar un Auto o alguna representación que tenga que ver con la teatralidad. Para esto, se tomará como ejemplo el Auto Sacramental de "El Divino Narciso" de la Poetisa Sor Juana Inés de la Cruz. Al finalizar se podrán apreciar las diferentes herramientas que sirven para llevar a cabo una escenificación.

En el siguiente trabajo se analizarán distintos fragmentos de la obra de Ovidio donde el autor reelabora el tópico non omnis moriar, probablemente relacionado con la Oda 30,3 de la obra Odas (Horacio). Se intentará observar qué tipo de relación se establece entre la aparición de estos fragmentos en sus escritos y el contexto en el que se produjeron. La relación con Augusto parece cobrar gran importancia a la hora de interpretar las reelaboraciones y usos del tópico como una forma de persistir más allá de lo político y social.

Dieu est né en exil, Fayard, Paris, 1960.
Traducere de Ileana Cantuniari.
Prefață de Daniel Rops

„Il romanzo è una riscrittura delle opere che il poeta romano Ovidio compose durante il suo esilio a Tomi (nell'attuale Romania), le Tristia e le Pontiche, opere costituite da lettere dell'autore ai suoi amici, molto simili per la loro forma a un diario.
Il narratore è Ovidio stesso. Il suo "diario segreto" è diviso in otto capitoli, ognuno corrispondente a un anno d'esilio.
Il primo sentimento del poeta giunto a Tomi è la disperazione, per essere stato relegato in un luogo remoto presso gente che per la maggior parte non sa parlare latino e non conosce la sua opera. Lentamente però si adatta alla nuova situazione, pur senza rinunciare alla speranza di ritornare un giorno a Roma grazie a un gesto di clemenza di Augusto. A Tomi gli sono assegnati la giovane nativa Dokia come governante e il soldato romano Onorio come sorvegliante; con questi sviluppa un rapporto simile all'amicizia, come con le prostitute Artemide e Gaia e con l'oste greco Erimone. Costui, insoddisfatto del proprio matrimonio e invaghito di una giovane di nome Lydia, ricorre alle abilità poetiche di Ovidio per conquistare la sua nuova fiamma.
In compagnia del daco Comozu, Ovidio compie un pellegrinaggio sui monti Carpazi al santuario di Zalmoxis, l'unico dio venerato dalla popolazione locale del quale aveva sentito parlare in primis da Dokia. Lì incontra un anziano sacerdote che lo colpisce con la sua fede e con la sua personalità.
Un altro personaggio che ha una profonda influenza spirituale sul poeta è il medico greco Teodoro: questi, che aveva studiato in Egitto, era entrato in contatto col culto della triade costituita da Osiride, Iside e Horus e ne era stato inizialmente affascinato, ma poi, trasferitosi in Palestina, si era rivolto verso la fede professata dagli Ebrei. A Betlemme si era trovato ad assistere ai Magi che adoravano un bambino e aveva deciso che sarebbe stato presente alle gesta del Messia quando questi fosse cresciuto.
Nel frattempo Augusto muore e gli succede Tiberio. Tomi diventa sede di una guarnigione romana, il cui comandante Valerio mostra una forte dissidenza verso il poeta esule, tanto più che Onorio, come altri militi romani, ha disertato dopo avere sposato Dokia, che gli ha dato una figlia. Erimone, che ha ucciso la moglie malata perché desidera sposare Lydia, si uccide per il rimorso. Ovidio, ormai rassegnato a non tornare più in patria, progetta di fuggire da Tomi per stabilirsi presso Onorio e la sua famiglia, ma cade gravemente ammalato e il suo diario s'interrompe.”
(https://it.wikipedia.org/wiki/Dio_%C3%A8_nato_in_esilio)

O presente trabalho tem como objetivo explorar alguns aspectos da construção do amante e da amada em Muito soneto por nada, de Reinaldo Santos Neves, tendo em vista as convenções da elegia erótica romana, em especial o contato com a obra amatória de Ovídio (privilegiando a Arte de amar e os Amores). Nos sonetos, não só a relação entre o poeta e sua musa são similares à relação elegíaca como também alguns dos seus modos de expressão encontram paralelos nos poetas elegíacos romanos. Visando a nos concentrar nas noções de biográfico e fictício em ambos os autores, foram selecionados para o comentário os sonetos 27, 28, 29 e 30, de Muito soneto por nada, e a elegia III, 12, dos Amores de Ovídio.

Según las Metamorfosis de Ovidio, Júpiter engaña y deja embarazada a la hermosa ninfa Calisto cuando se encuentra apartada del cortejo de Diana, quien la expulsa al conocer la infracción de la castidad. En la obra de teatro La casa de Bernarda Alba de Federico García Lorca, una madre opresora vela por la pureza de sus hijas, pero un varón desafiará su autoridad. Mediante un análisis centrado en los personajes principales de cada obra, el presente trabajo tiene como objetivo demostrar la posible influencia de Ovidio en Lorca, gran conocedor de la tradición clásica.

Saggio di critica letteraria di DANILO CARUSO / Palermo, novembre 2018

Indice
Perché questo saggio pag. 1
1. Il galateo erotico di Ovidio pag. 1
1.1. Ars amandi pag. 2
1.2. Remedia amoris pag. 3
2. Leggendo D’Annunzio:  “Il piacere” pag. 3
2.1.1. Libro primo pag. 3
2.1.2. Libro secondo pag. 10
2.1.3. Libro terzo pag. 15
2.1.4. Libro quarto pag. 23
2.2. Sezione aforistica pag. 26

The essay discusses a group of five paintings by Johannes Hispanus. The part written by Galizzi Kroegel analyzes their iconographies, mostly unusual and quite mysterious, and proposes to identify their literary sources in Statius' Achilleid (the first set of two paintings), in Boccaccio's Decameron (the second set of two paintings, so far unpublished), and in Ovid's Metamorphoses (the last painting) respectively.

Attività didattica presentata alla prova orale del concorso scuola 2022: classe di concorso A011 votazione 98/100. Percorso su "Metamorfosi di Ovidio". Lascio a disposizione il modello e la sua struttura per aiutare chi avesse bisogno nell'organizzare i contenuti dal punto di vista disciplinare e metodologico.
In caso di necessità potete contattare simonepettine@gmail.com. Le immagini presenti nel lavoro appartengono ai rispettivi proprietari.

In questo saggio cercherò di tracciare il percorso narrativo del personaggio di Polifemo attraverso varie opere e in diverse epoche storiche e letterarie. Attraverso quest'analisi tenterò di descrivere come ogni autore trasformi e adatti questo personaggio inserendolo ogni volta in un'opera diversa ma senza mai dimenticare l'eredità dei testi che lo precedono.

La dualità o complessità caratteriale di Medea non risiede solo nell'antica tragedia omonima di Euripide. Essa possiede una sua irriducibile psicologia archetipica, che in parte già si intravede nel mito originario e si riverbera in quasi tutti i rifacimenti o opere ispirate al personaggio e alla sua storia, fino all'epoca moderna e contemporanea. Nel saggio presente si cerca di analizzare la natura di tale vario dualismo, attraverso la produzione letteraria e artistica o filosofica pertinente, dall'antichità ai giorni nostri.

Il libro VI delle Metamorfosi si apre con un mito, quello di Aracne e Minerva, in cui centrale è l’ecfrasi delle tele composte dalle due sfidanti per mostrare la propria maestria nell’arte della tessitura. Il saggio si propone di analizzare da un lato come la complessa struttura ecfrastica ovidiana sia stata recepita nei principali moralizzamenti e volgarizzamenti tra Tre e Cinquecento, dall’altro se e con che modalità sia stata ripresa nella tradizione letteraria italiana.

Nostra Signora Dea & Il Femminicidio degli Eroi è un viaggio nel tempo che illumina la nostra società. Lo racconta un uomo anziano di media cultura, che si sorprende ad ogni passo, e ride, o si arrabbia, come un bambino.

La quarta di copertina annuncia  « Una vasta “decostruzione” di credenze archeologiche lungo il Filo di Arianna: dai templi neolitici di Malta alla Grecia dell’Età del Bronzo e del periodo Classico. Un saggio & un racconto di viaggio & un pamphlet fuoristrada, educativo e sorridente. A piccole dosi al mattino, può essere utile contro vecchi mali.»

Il percorso è riassunto dal venditore di giornali:
« Scoperta archeologica svela origine machismo, stupro di gruppo e femminicidio! »
Ha ragione, ma c’è dell’altro, e non ha letto i 13 bonus track, né risposto al quiz.

Dopo una diffusione ad personam che ha creato dolori ed esultanze in molti ambienti, pubblichiamo in esclusiva su Academia.edu questa versione di Nostra Signora Dea & Il femminicidio degli Eroi, completa e non censurata. Consigliamo al lettore di scaricarla prima che sia troppo tardi. Prima o poi, un editore avaro chiederà all’autore di ritirarla da Academia.edu dov’è disponibile in tre lingue, gratuitamente. L’autore si inchinerà, perché anche lui ama il denaro.

The article publishes the first "libretto" ever written. That is an unknown manuscript version of "Dafne" by Ottavio Rinuccini, the poet who then wrote "Euridice" (1600) the "opera in musica" staged at the wedding of Maria de' Medici and king Henry IV of France. The article, by analyzing the metric forms, reconsidering the theatrical genre, comparing the inedit text and what remains of its music, and shed new light on the cultural and social context which led to the birth of opera.

A partire da un’analisi testuale dell’elegia ovidiana (Tristia, I, 8) tradotta dal giovanissimo Leopardi nel 1810, si procederà ad una recensio degli altri luoghi ovidiani (traduzioni, parafrasi, citazioni) tratti sia dai Tristia, che torneranno significativamente nel Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (Tristia, IV, 7) sia dalle Metamorfosi, dalle Eroidi e dai Fasti. In una favola composta nel 1809 (Il Pastore e la Serpe) Leopardi sembra addirittura cimentarsi nell’imitazione di una metamorfosi (Ovidio, Metamorfosi, IV, 595-597) mentre nei cosiddetti scritti eruditi (Storia dell’astronomia dalla sua origine fino all’anno MDCCCXI, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica), ricorre a Ovidio, tra gli altri, per costruire il suo personalissimo universo (anti)mitologico. Lo studio della traduzione dell’elegia dell’esilio, e delle altre citazioni ovidiane disseminate nel corpus giovanile specialmente, si propone inoltre di illuminare e approfondire il fecondissimo rapporto del recanatese col poeta di Sulmona per le risonanze che questo avrà sul poeta maturo.

Resumo: Neste trabalho, apresentamos nossa proposta de tradução poética para as obras Ibis, Nux e Halieutica, atribuídas ao poeta romano Publius Ouidius Naso. Tendo em vista que a crítica tradicional costuma dividir a carreira literária de Ovídio em três fases – juventude, maturidade e exílio –, acreditamos ser possível vislumbrar a existência de uma quarta fase ovidiana se alinharmos esses três poemas aos nove títulos que compõem o corpus mais comumente aceito como autêntico, tanto pelo flagrante diálogo que eles estabelecem com as obras precedentes como pela sublimação temática dessas que, supostamente, teriam sido suas derradeiras composições.

Palavras-chave: Ovídio; Ibis; Nux; Halieutica; Tradução poética.

Abstract: In this dissertation, we present our poetic translation proposal for the works Ibis, Nux and Halieutica, attributed to the Roman poet Publius Ouidius Naso. Since traditional criticism often divides Ovid's literary career into three phases – youth, maturity, and exile – we believe it is possible to glimpse the existence of a fourth Ovidian phase if we align these three poems with the nine titles that make up the most commonly accepted corpus as authentic, both by the blatant dialogue that they establish with the previous works and by the thematic sublimation of those that supposedly would have been his last compositions.

Keywords: Ovid; Ibis; Nux; Halieutica; Poetic translation.

LA CADUTA DI ICARO Mito particolarmente noto, ricco di significati e fortunato. Anche in questo caso si tratta di un mito in cui la hybris viene punita: qui, però, la punizione è autoinflitta in quanto non vi è un dio a punire chi ha commesso hybris. Icaro, andando oltre le regole, provoca la propria rovina. Si tratta di un mito antichissimo, in quanto è accennato anche nel libro 18 dell'Iliade; qui è descritto lo scudo di Achille, richiesto dalla madre dell'eroe e costruito da Efesto, istoriato di episodi fra cui quello di Icaro.

Con su obra La metamorfosis de Narciso Salvador Dalí proyecta hacia nuevos espacios el mito ovidiano de Narciso, referido en el libro Las Metamorfosis. Atravesado por el pensamiento surrealista y el psicoanálisis, en la obra del pintor español surge una nueva concepción del relato mítico en la que podemos vislumbrar una apertura a nuevos campos de interpretación, en una actitud típicamente contemporánea.

Ovidio es el autor de la Antigüedad clásica más presente en el Quijote tras Virgilio. El autor de las Metamorfosis aparece de tres modos en la obra maestra cervantina: explı́citamente como autor; en la literalidad de alguno de sus textos; y como fuente de ideas y argumentos. Este artı́culo pretende arrojar luz sobre la función de la intertextualidad ovidiana en el Quijote mediante un análisis sincrónico que trata de responder a la pregunta sobre el papel de las referencias ovidianas en la
construcción de los personajes y la trama de la novela. Ası́ por ejemplo, la evocación que el primo de Basilio hace de las metamorfosis ovidianas lo caracterizan como un humanista pedante. Por contraste, la asimilación de don Quijote a Sileno contribuye a forjar su carácter complejo, y alguna cita ovidiana plantea la dicotomı́a naturaleza/arte en la creación poética. En conclusión, las referencias grecolatinas del Quijote, y en lugar destacado las de Ovidio, no son mero ornato o demostración de erudición, sino material relevante en la construcción del edifcio narrativo.

This research analyses the possible intratextual relation between the first fourteen epistles of Ovid’s Heroides. These relations allow the reader to understand them not only as unconnected monologues brought together under the form of epistles (Auhagen, 1999, p. 90), but also as collection of poems that have meaning when read in the light of
the others. The relations emerge because of the heroines’ exemplary character, paradigmatic of a certain behavior. In the intratextual dialogue, the exemplarity enables the mutual configuration of the women and their epistles. Considering that Ovid himself, in the third book of his Ars, recommends to read his collection of epistles and that he also refers to these women as exempla of failure in the art of love, the whole  collection can be understood as a series of exempla that complement the didactic purpose of the Ars amatoria. Because of their lack of ars amandi, the heroines fail in trying to convince their lovers to come back to them. Therefore, the reader receives the epistles as an exemplum of what should not be done and as a justification for the need of a praeceptor. The overlapping of the elegiac and the epistolary genres enables the letter to be an appropriate mean to convey an exemplum, due to the didactic features of both genres.

Key words: Heroides, Ovid, intratextuality, exemplum, elegiac epistle

In questo saggio sintetizzo le posizioni che avevo già espresso in un convegno presso la Società Dantesca Italiana, nei cui atti erano già state pubblicate. Il punto è sempre che il vanto di Inferno XXV debba essere riferito principalmente alle metamorfosi dello stesso canto e non anche all'incenerimento di Vanni Fucci del canto precedente. Ciò permette anche di capire meglio perché Dante nomini determinati personaggi nel vanto, soprattutto l'altrimenti inspiegabile presenza di Aretusa.

Ovid’s Metamorphoses is a story of new bodies.
The world emerged from a rough, undifferentiated mass, thanks to a god and a “better nature.”  Jupiter destroyed it, in anger. Later, a divine collective decision brought it back into being. Finally, Phaeton, the unwary child of another god, the Sun, almost reduced the universe to ashes. The gods live in a beautiful town, a celestial Rome. They are over-occupied and worried for all human affairs: they help, advise, punish, and reward. They love, suffer, get angry, and take revenge. Bending people’s will, directing their agency and manufacturing events are, for them, an incessant activity. The gods care for the cosmos. Their truly favourite occupation, however, is the transformation of human beings into non-human, or, at least non-anthropomorphic creatures. They can never stop reshaping women and men into other animals, plants, stars, or springs. These are hybrids: not quite the same as they were before, but not completely different either. Together with an unexpected corporeal figura, an old identity remains.
New bodies are new configurations of embodiment.
A poetic metaphysics runs through the Metamorphoses. At the end of the poem, a philosophical commentator, Pythagoras of Samos, delivers a lecture on its principles.  His long and famous speech, uttered in Book 15, has provoked many conflicting interpretations.  I shall suggest my own. In doing so I hope to be able to demonstrate two things.
Firstly, Pythagoras offers a synoptic theory of change that subsumes what occurs in the Metamorphoses.  Change makes the world, and it does so quite well. Cuncta fluunt, all things are in flux, Pythagoras says, and yet the stream of becoming allows for moments of relatively lasting stability.  Without being eternal, concrete inanimate objects and complex living beings come into existence — and then subsist for a while. Pythagoras himself personifies this experience. He has enjoyed many different lives. He can remember the successive identities he took over time. Likewise, the nova corpora we encounter in the poem come to be, become what they now are — and are there to stay. What is more, these animal, vegetal or mineral new beings know who they were, and still are anyhow, notwithstanding what they have also become. Their memory is their awareness of a transition from being shaped and equipped in a visibly human fashion, to being differently incorporated into the world. This point is hardly new, but its importance deserves to be emphasized once again, because it is precisely this particular kind of becoming — creative, rather than destructive; vital rather than deadly; cumulative rather than annihilating; partial rather than total — that explains the metamorphoses in the poem as well as Pythagoras’s vision of changeability. The cosmos of the poem is posthuman for we could be recycled in an instant into other kinds of beings, but it is paradoxically anthropocentric because this plasticity affects us -- and we are still there. 
Secondly, Pythagoras sets up a taxonomy that separates humans, non-human animals, and plants. On the one hand, this taxonomy is porous on account of the liquid ontology that keeps together the world. “All things are in flux” means that immortal souls transmigrate from human to non-human beings. Fluidity blurs the lines of demarcation. But, on the other hand, it also creates perceptive uncertainty about the potential humanity of beings that do not look anthropomorphic. This is particularly disconcerting when it concerns food. By mistake, we might eat semi-human flesh. Precisely because humanity is diluted across the ecosphere, therefore, Pythagoras’ taxonomy has to respect alimentary distinctions. Differences matter from the standpoint of what we, as human beings, may or may not eat. Once again, we are the protagonists. We must abstain from eating meat. We are permitted to consume only vegetables and fruits. This classification of food groups (edible versus inedible) fits perfectly Pythagoras’s own conception of metempsychosis, a crucial component of his general theory of universal mutability. It is also consistent with the poetic and narrative thinking of the Metamorphoses.
Such a thinking deserves to be takes seriously, for the poem is not merely a masterful exemplar of a literary genre, epic poetry. The poem creates a “possible world,” defined by a range of “modalities” – what must, should, might or can happen.  All these necessities and possibilities may well be incompatible with the expectations of a Roman of the first century BCE, in their daily life. Metamorphosis itself is a miracle. And yet a consistent line of thought runs through this marvellous universe.
Metamorphosis brings about all kinds of animals — wild, domestic, unappetizing or good to eat. We have to abstain from all of them, Pythagoras warns, lest we ingest potentially human flesh. We must all be vegetarians. In the same poetic biosphere, however, there exist also massive trees, colourful flowers, or aromatic herbs that either grow in the wilderness or can be cultivated. Metamorphosis gives rise to some of them. A question then arises. Since it is the transformation of humans into all sorts of non-anthropomorphic beings that creates the risk of anthropophagy, can vegetarianism protect us from eating a human transformed into a plant? The answer is yes. Metamorphosis generates no vegetables destined for culinary use. Only inedible plants are metamorphic, thus misleading. All farm or garden products that are comestible are “safe” to eat. These plants have always existed as such, unscathed by any human pedigree. No cannibalism is in sight, therefore, for a vegetarian. Far for being a foil or a fad, vegetarianism operates in the text itself. By crafting a consistent set of distinctive traits, Ovid makes sure that the poem agrees with Pythagoras’s vegetarian ethics, and yet takes the liberty to recount the life of half-human plants. These vegetal hybrids may well bleed or speak, but nobody would dream of tasting them. They are not foodstuff. The cosmos of the poem respects a vegetarian contrainte, which is logical, structural and literary.

Roman literature during the period 1st century BC – 1st century AD expresses the assimilation of book as a physical object containing the result of a creative and intellectual effort. Latin poetry shows how the papyrus ‘volumen’ constitutes a hardware for the transmission of works and writers. The following lines, focused on Ovid, describes the sheer contrast between his erotic works and his exile poetry; based on the deep shift experienced by the ‘libellus’. In other words, the ‘libellus’ is a «thermometer» of Ovid’s state of mind.

Anche questa storia si ricollega al mito di Aracne: il dio Apollo, il quale dovrebbe portare equilibrio e armonia nel mondo, si fa accecare dall'ira e risponde con violenza alle provocazioni di Marsia, il quale, dopo aver sfidato il dio in una gara musicale verrà scuoiato vivo da quest'ultimo. Marsia è presentato come un satiro, fratello di altri suo simili, che vive nei boschi sull'Olimpo circondato da ninfe e pastori. Si tratta di una storia marginale che Ovidio usa per spiegare come nasce il fiume Marsia, in Frigia: quella regione accolse così tante lacrime, da parte di chi viveva con Marsia, che si venne a creare un fiume. Alceo di Messene, scrive riguardo a questa vicenda: Marsia il satiro, in Frigia, era solito suonare il flauto (il quale sarebbe stato inventato da Atena). Erodoto fa un riferimento al fiume Meandro, dal percorso contorto, in Frigia: nella città di Celene nasce un affluente del suddetto fiume: vicino a questa sorgente sta ancora appeso un otre creata con la pelle di Marsia. Si conferma la connessione con il fiume, Marsia è legato a questo.

L'immancabile presenza del notariato nell'ambito della produzione documentaria di età comunale fa sì che la categoria professionale dei notai continui a costituire un proficuo oggetto di studio da parte di storici del diritto, medievisti e diplomatisti. Tra i notai duecenteschi spiccano infatti figure di assoluto rilievo per il ruolo assunto a supporto delle istituzioni comunali e, in tal senso, risulta emblematico il caso del notaio perugino Bovicello Vitelli, vero e proprio protagonista della politica documentaria del Comune di Popolo nella seconda metà del  Duecento.
In questo saggio si delinea dunque, per un verso, il profilo biografico di un affidabile notaio e precoce cancelliere comunale artefice di una copiosa produzione documentaria di altissimo livello grafico e formale tramite cui fornire il supporto tecnico-giuridico e retorico all'affermazione ideologica del potere comunale.
Ma si parlerà anche di un professionista del diritto a quanto pare versato nella pratica letteraria e che, non a caso, nel 1277 scriveva per l'ennesima volta a un collega, il notaio milanese Giovannino Medici, allo scopo di ricevere in prestito il "Maioris Ovidii complementum", dopo che, tre anni prima, il medesimo Bovicello aveva avuto modo di copiare la prima parte dell'Ovidio Maggiore approfittando del soggiorno di Giovannino a Perugia al seguito del capitano del Popolo Galvano Stefanardi. Un'opera - l'Ovidio Maggiore - evidentemente ritenuta necessaria dal "Perusine communitatis dictator" Bovicello a quella che era la sua cultura tecnico-professionale, da esplicitare  quotidianamente nella dimensione pubblica al servizio delle istituzioni cittadine e della comunità perugina tutta nelle sue forme più alte e retoricamente elaborate. A comprovarlo sono i componimenti in versi che precedono le redazioni statutarie del 1276 e del 1280, e ancora - secondo l'ipotesi di Attilio Bartoli Langeli - la bella iscrizione metrica che corre attorno alle lastre marmoree con cui si separano e scandiscono le 24 statue in aggetto della vasca superiore della Fontana Maggiore, di cui è celebre il primo distico elegiaco: "Aspice qui transis iocundo murmure fontes, si bene prospicias mira videre potes", a detta dei filologi impreziosito da un'elegante reminiscenza ovidiana.

Los distintos argumentos de mitología clásica ilustrados por la obra de Guillermo Pérez Villalta (Tarifa, Cádiz, 1948) son susceptibles de ser integrados en la programación de asignaturas universitarias del tipo “Tradición Clásica en la literatura y el arte”, cuya última Unidad Temática suele abarcar el “Valor y prestigio de lo clásico en el mundo moderno y contemporáneo”. En la obra de GPV destaca la reformulación posmoderna del lenguaje pictórico de la mitología clásica como una de sus constantes creativas a lo largo de su itinerario artístico durante los últimos cuarenta años. Esta continua indagación culmina (pero no concluye) en la exposición “Metamorfosis y otras mitologías”, inaugurada en el Centro de Arte Contemporáneo (CAC) de Málaga en 2011, inspirada en su mayor parte en las Metamorfosis del poeta latino Ovidio. GPV opera esta revisión de los códigos iconográficos de la mitología a través de una comprensión integral del universo del artista en constante diálogo intertextual con la tradición clásica del arte -generada por la cultura grecolatina a través de la literatura clásica-, pero analizada desde un prisma moderno y contemporáneo, y absolutamente propio. El principal interés de este Proyecto de Innovación Docente reside en la novedosa presentación de los contenidos, rehuyendo las desventajas de la lección magistral y adoptando una exposición dinámica adaptada a los nuevos criterios de la enseñanza universitaria, haciendo uso de las nuevas tecnologías como punto de partida para la investigación, la búsqueda de recursos en la red, la estimulación de la participación del alumno y el desarrollo de su aportación crítica y creativa a través del debate y la reflexión.

Questo mito è l'espressione più alta di hybris; ha molto in comune con Icaro: sono entrambi giovani e la loro hybris viene punita con una caduta. Mito propedeutico a quello di Fetonte: Zeus e Io Quattro lune, satelliti, che ruotano intorno a Giove: importante elemento a sostegno della teoria eliocentrica; osservato per primi da Galileo Galilei (1610) e Simon Marius. Questi vennero chiamati: Callisto (fanciulla al seguito di Diana violata da Giove, trasformatosi in Diana stessa); Ganimede (fanciullo della casa reale troiana, rapito da Giove sottoforma di aquila. Da quel momento Ganimede è il coppiere degli dèi); Europa (fanciulla rapita da Giove e sedotta nelle sembianze di un toro); Io (altra amante di Zeus). Apollodoro: Io, sacerdotessa di Era, viene violentata da Giove. Il dio, scoperto dalla moglie, trasforma la giovane in una giovenca bianca e giura di non essersi unito a lei. Era, sospettosa, chiede al dio di consegnarle la mucca e vi pone, per sorvegliarla, Argo Panopte (= mostro con cento occhi): questo la lega ad un albero di olivo nel bosco sacro di Micene. Allora Giove ordina a Hermes di rubare la giovenca, tuttavia Argo racconta alla dea l'accaduto e, quindi, Hermes si vede costretto ad ucciderlo (Argeifonte). Era decide perciò di mandare un tafano contro la giovenca: la mucca, per sfuggirvi, si lancia in mare e raggiunge il golfo che da lei prende il nome di Ionio. Dall'Italia si sposta poi in Illiria (= Croazia), oltrepassa poi il Bosforo (= stretto dei Dardanelli), detto così per il passaggio di un bovino. Arriva, infine, in Egitto dove riprende le sue forme umane e partorisce, sulle rive del Nilo, il figlio Epafo.

Abstract: The purpose of this paper is to find out and describe both the doctrinal guidance and the ultimate meaning of the novel of El curioso Impertinente, interspersed in the First Part of Quixote: how Cervantes understood the way of writing novels. The preceptistic sense of the first delivery of the work, centered on the thesis of theoretical and literary aspects typical of Mannerist classicism and in syntony with the exegetical works of Francisco de Herrera and El Brocense, is undoubtedly shown thoughtout this work in the role played by the authority of Aristotle and Ovid´s amatory work of. Everything, leading ideas and literary action, is a bookish creation, book also born from other books. The founder of the novel, who was admired by the 19th century realist writers, inspired himself and based his creations from the reading of different books. He also exposed his recipe to the world, his rules of narrative art, because "art" or "techné", inherited from Antiquity, could not be wholy understood without them in his age.

Resumen: El artículo pretende descubrir y describir tanto la guía doctrinal como el significado último de la novela de El curioso Impertinente, intercalada en la Primera Parte del Quijote: cómo entendía Cervantes el modo de escribir novelas. El sentido preceptista de la primera entrega de la obra, centrada en la tesis de los aspectos teóricos y literarios, típico del clasicismo manierista y en sintonía con las obras exegéticas de Francisco de Herrera y el Brocense, se manifiesta sin duda en el papel que ocupan en este relato la autoridad de Aristóteles y la obra amatoria de Ovidio. Todo, ideas directoras y acción literaria, es creación libresca, libro nacido también de otros libros. El fundador de la novela, al que admiraron los escritores decimonónicos del realismo, se inspiraba y cimentaba sus creaciones a partir de la lectura de otros libros. También así exponía al mundo su receta, sus reglas del arte narrativo, porque el "arte" o "techné", heredado de la Antigüedad, no se entiende posible sin ellas.

Este artículo presenta una reflexión del impacto de lo tecnológico en el imaginario sociocultural, analizando una etapa muy fructífera en esta relación: la modernidad y el desarrollo de la vanguardia. Debido a la actual presencia de fórmulas híbridas entre lo humano y la tecnología, se establece una genealogía de este tema como una constante en la historia del individuo y, específicamente, en la citada época. Su revisión actual se presta a asimilar una continuidad en dicha línea.
Durante el desarrollo tecnológico de los siglos XIX-XX, el nuevo arte definió a la persona como un híbrido entre humano y máquina. La influencia de sus ficciones sobre lo maquinístico ha llegado hasta la actualidad, donde individuo, arte, ciencia y tecnología continúan interrelacionándose. Por ello, se presenta el estudio de las implicaciones de la vanguardia artística europea ante el paradigma iniciado en la modernidad, pudiendo contribuir a investigaciones que aborden esta temática.

Second part of a two-section article that analyses the extensive reinterpretation of Daphne’s myth in the opera Daphne (1938) by composer Richard Strauss and librettist Joseph Gregor, who used
the version of the myth by Parthenius of Nicaea better than that by Ovid. Its ultimate aim is to examine Strauss’ statement about his new opera’s meaning and if the authors managed to achieve their objective by means of manipulating the mythical storyline.
Segunda parte de un artículo dividido en dos que analiza la profunda reinterpretación que del mito de Dafne llevaron a cabo, a partir del relato alternativo de Partenio de Nicea más que del relato canónico de Ovidio, Richard Strauss y su libretista Joseph Gregor en su versión operística Daphne (1938). El objetivo final es someter a examen la declaración expresa de Strauss sobre el significado de su nueva ópera y si a través de la manipulación del argumento mítico los autores
lograron alcanzar su objetivo.